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Il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca

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Il successo di Gioia Tauro fatto da due grandi imprenditori privati che hanno investito soldi loro e da un ammiraglio che fa correre la macchina di gestione dell’ente portuale, il primato dell’intelligenza artificiale e una amministrazione regionale concreta che firma un’intesa con la Meloni da 3 miliardi sono il segno di una rivoluzione in atto. I Comuni della Campania muoiono di doppio centralismo e non si fa molta strada se De Luca si mette a fare Salvini. Uno lo fa per non essere messo da parte, l’altro per togliere il primato alla Meloni. Lo spessore della storia politica di De Luca paga un prezzo alto e la Campania rischia di pagarne uno ancora maggiore.

NON è il caso di indulgere ai semplicismi offensivi di chi parla del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, come di uno che ha perso la testa. In questa società di bullismi sfrenati e di rumore come metodo di confronto politico, De Luca è convinto che vince chi fa più rumore di tutti e fa il Salvini di sinistra. Ne inventa una al momento per rimanere al centro della scena rischiando di compromettere una causa seria, che è quella del riequilibrio tra regioni avvantaggiate e meno avvantaggiate e più specificamente tra Nord e Sud, che richiede metodo, trasparenza e efficienza a livello di amministrazioni nazionali e territoriali, ma non può mai prescindere dalla spinta decisiva di una comunità che cambia, di un capitalismo privato che si organizza e investe e di una rete di università e di scuole tecniche che consolidano il capitale umano.

Non riuscendo mai a rispondere nel merito del grave ritardo della Regione Campania come dei ministeri e di gran parte delle altre Regioni nell’utilizzo dei fondi comunitari di coesione e sviluppo e sottacendo quindi su un difetto di metodo che è quello a cui il ministro Fitto sta cercando di porre rimedio concordando tutto con la Commissione europea, De Luca alza un grande polverone e non si trattiene nemmeno dagli insulti direttamente al Presidente del Consiglio. Coinvolge in questa battaglia all’ultimo fortino una parte degli stessi Comuni della Campania che hanno un problema oggettivo di risorse tecniche ma non hanno nessuna voglia di dovere prendere ordini da due centralismi che sono quelli nazionale e regionale.

Il metodo dell’intesa con le Regioni per programmare prima e fare dopo invece di quello seguito negli ultimi due settennati di non programmare niente e di fare poco e male dopo, comunque sempre in ritardo rispetto alle scadenze concordate in Europa, è a nostro avviso il metodo corretto. Quindi De Luca si sarebbe dovuto inserire in questa dialettica costruttiva con il governo, come stanno facendo tutti i presidenti delle Regioni di Nord e Sud di qualsiasi orientamento politico, per individuare congiuntamente le priorità di sviluppo e fare garantire i supporti tecnici ai soggetti attuatori senza intermediazioni che si prestano oggettivamente a critiche di tipo clientelare. In questo modo ti accrediti e puoi guidare politicamente una battaglia sacrosanta di equità. Altrimenti diventi un personaggio di Crozza e, alla fine, sei tu stesso la parodia di te stesso.

Questo avviene e colpisce ancora di più perché tutto ciò succede a fronte di un Sud che si è già messo in cammino. L’immagine del Mezzogiorno che non sa spendere e difende la carità che gli viene data è destinata a perdere. Il successo di Gioia Tauro di mercati, di lavoro e di teste, fatto da due grandi imprenditori privati che hanno investito soldi loro, e da un ammiraglio che fa camminare la macchina di gestione dell’ente portuale con livelli elevati di efficienza, sono il segno concreto di una rivoluzione già fatta.

Anche la rivoluzione delle teste in Calabria è già stata in parte fatta se è vero, come è vero, che il primato dell’intelligenza artificiale appartiene all’Università della Calabria e se i suoi laureati in scienze informatiche e gestionali sono prenotati dai big mondiali fin dal terzo anno del corso di laurea con regole di ingaggio più favorevoli di quelle riservate agli altri laureati di università primarie. La forza di una amministrazione regionale sotto la spinta consapevole e fattiva del presidente Occhiuto e l’intesa da tre miliardi siglata venerdì proprio a Gioia Tauro con la premier Giorgia Meloni indicano a tutti con nettezza che la strada del cambiamento e del futuro è questa. Quella pazientemente costruita dal ministro Fitto in lunghe negoziazioni con l’Europa e, soprattutto, prendendo atto per la prima volta da venti anni in qua che il meccanismo di prima si era inceppato fino alla ruggine. Ovviamente il governo dovrà ancora migliorare le strutture tecniche centrali di supporto e dare ai comuni, soprattutto quelli piccoli, i soldi e le risorse professionali che servono.

Sarà proprio l’attuazione di questo processo a consentire un discorso serio che l’autonomia differenziata merita per disinnescare pericoli reali di ulteriore frammentazione decisionale e, quindi, di ulteriore rallentamento della capacità di fare spesa pubblica produttiva in questo Paese. Deve essere chiaro a tutti che preliminarmente vanno garantiti uguali diritti di cittadinanza nei servizi di sanità, scuola e infrastrutture tra chi oggi ha di più e chi oggi ha di meno. Ci vorrà tempo e sarà un cammino lungo, ma è questo il cammino da percorrere ed è l’esatto opposto di quello della frammentazione dei poteri. L’unica opportunità che offre il passaggio dell’autonomia differenziata è proprio quello di una operazione verità che stabilisca una volta per tutte i trasferimenti pubblici pro capite dei cittadini italiani e ponga rimedio alle inaccettabili diseguaglianze attuali di partenza.

Non si fa molta strada se De Luca, che ha peraltro alle spalle un passato politico di spessore, si mette a fare come Salvini. Quest’ultimo lo fa per togliere il primato alla Meloni, il presidente della Regione Campania per non essere messo da parte. Quella scelta non è la strategia giusta per vincere né la prima né la seconda delle battaglie.


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