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Bisogna che tutte le forze politiche – vincano, perdano o pareggino in ogni tipo di elezione intermedia – si pongano prima il problema di superare la lunga fase di un Paese strutturalmente spaccato e, di conseguenza, incapace di prendere decisioni e di costruire una alternativa competitiva che è la base delle grandi democrazie. Metà dei cittadini non vota e, quindi, boccia la politica. L’altra metà vota e si spacca in due blocchi contrapposti. Che sono a loro volta spaccati all’interno. Prosperano gli opportunisti e non si coglie che il punto non è vincere la lotteria elettorale di turno, ma fare la scelta condivisa per potere governare e cambiare le tante cose che vanno cambiate

Non si può trasformare ogni elezione locale in un test nazionale. Lo si fa un po’ ovunque nel mondo, ma è sbagliato anche quando lo si fa con le elezioni politiche di Midterm negli Stati Uniti. Sarà un caso, ma anche lì, proprio per questo errore di base, si sta consolidando il congelamento delle spaccature. Quindi venendo a noi, nonostante la sequenza che tutti utilizzeranno dell’Abruzzo dopo la Sardegna, a nostro avviso, non si può trasformare queste elezioni regionali in un giudizio universale. Vorremmo andare controcorrente perché il vento non cambia se si vince per millecinquecento voti in una elezione regionale dato che gli spostamenti sono così piccoli e non cambia neppure ai fini della governabilità se gli spostamenti in un senso o nell’altro fossero più marcati.

Questo numero del giornale è settimanale e chiude, quindi, senza essere a conoscenza del risultato in Abruzzo. Vogliamo, però, cogliere l’occasione di questo ennesimo appuntamento elettorale regionale per sottolineare che è arrivato piuttosto il momento di fare i conti con un Paese spaccato. Addirittura, tre volte spaccato. La prima spaccatura riguarda metà dei cittadini che ormai stabilmente non vanno a votare: questo vuol dire che tutti loro pensano che chiunque vinca andrà sempre allo stesso modo e bocciano, quindi, in partenza il significato della politica. Se ci pensate un attimo le autocrazie prosperano, forse, anche per questo e la dicono lunga su quanto sia profonda la notte della democrazia.

La seconda spaccatura riguarda la metà dei cittadini che va a votare perché una parte sta di qua e una parte sta di là e spesso queste due parti contrapposte non sono così distanti tra di loro. La terza spaccatura riguarda le due stesse parti contrapposte che non sono peraltro nemmeno omogenee al loro interno, sono spaccate tra di loro in modo più o meno evidente, ma sempre spaccate sono. Ecco perché, è il nostro pensiero, bisogna che tutte le forze politiche, nel caso in cui vincano, perdano o pareggino in ogni tipo di elezione intermedia, si pongano preliminarmente il problema di superare questa fase di un Paese strutturalmente spaccato e, di conseguenza, incapace di prendere grandi decisioni e di costruire una vera alternativa competitiva che è la base costituiva delle grandi democrazie.

Se noi continuiamo ad andare avanti con un Paese dove non si riconosce mai la vittoria a nessuno, viene a mancare la indispensabile legittimazione reciproca. Tutto questo, tra l’altro, favorisce la crescita nello stesso Paese delle file già numerose di opportunisti. Che sono un fattore straordinario di destabilizzazione e sono la rivelazione di una società malata. Perché sono sempre tutti schierati con il vincitore e rappresentano il principale indicatore del problema dei problemi italiano. Il punto che può cambiare questo Paese non è vincere la lotteria elettorale di turno, ma fare finalmente la scelta strategicamente condivisa per potere governare e cambiare le tante cose che vanno cambiate.


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