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Non si potranno più usare le risorse europee per finanziare sagre, fiere e trasformare fondi strategici destinati a creare sviluppo e occupazione di qualità per i nostri talenti come spesa corrente che ha il solo scopo di comprare il consenso degli elettori per essere rieletti da parte dei Presidenti. L’asso nella manica del Pnrr, ignorato da tutti, farà volare quest’anno investimenti pubblici e privati e la riforma della coesione accelererà il processo di crescita competitiva già in atto delle economie delle regioni meridionali.

Siamo veramente stufi di leggere commenti e analisi dove gli enigmi sopravanzano sempre la realtà certa di un’economia che è la prima per crescita in Europa dal post Covid a oggi e si colloca sul podio delle grandi economie del G7. Siamo veramente stufi di ricostruzioni artefatte della crescita della nostra economia dove non si vuole riconoscere il primato strutturale delle esportazioni italiane frutto del dinamismo vitale delle nostre imprese e di un riformismo partito nel 2015. Che riguarda il sistema di incentivazione fiscale del processo di robotizzazione produttiva e di innovazione di prodotti di cui hanno beneficiato il Nord e il Sud del Made in Italy.

Siamo veramente stufi di dovere penosamente prendere atto che queste analisi tanto piene di numeri quanto fuori dalla realtà, addirittura insensibili alla grande storia geopolitica che stiamo vivendo che condanna l’economia della Germania, riescono a cancellare dagli scenari futuri catastrofisti che dipingono ogni giorno perfino l’asso nella manica degli investimenti pubblici e privati legati al Piano nazionale di ripresa e di resilienza (Pnrr) che a partire da quest’anno e negli anni a venire è di sicuro un formidabile acceleratore della nostra crescita perché le gare delle opere pubbliche sono arrivate alle aggiudicazioni e, quindi, si aprono i cantieri e perché grazie all’ostinazione di Fitto ci sono oltre sei miliardi di crediti di imposta per sostenere gli investimenti della transizione ambientale e digitale che verranno assorbiti come una spugna dalle imprese manifatturiere piccole, grandi e medie del Nord e del Sud del Paese.

Siamo veramente stufi di tutti questi dubbi che continuano ad essere seminati sull’attuazione del Pnrr italiano quando siamo i primi in Europa nella fase esecutiva degli obiettivi di riforma e di investimenti concordati e anche gli unici ad avere incassato cinque rate. Siamo veramente stufi che un Paese come l’Italia che ha un tasso di consumi pari al doppio della Francia e che ha recuperato negli ultimi anni 50 dei 100 miliardi di potere di acquisto perso, venga puntualmente descritto sull’orlo di rottura del suo equilibrio sociale ignorando i primati di nuova occupazione e di riduzione delle diseguaglianze.
Allora, senza volere deludere il pessimismo di nessuno che è così tanto pregiudiziale che non verrà mai scalfito dalla realtà, ci permettiamo di anticipare che è in arrivo un nuovo decreto legge a firma Raffaele Fitto che realizza una delle sette nuove riforme previste per l’attuazione italiana del programma europeo in corso di esecuzione. Questa riforma si chiama riforma della coesione, è stata già concordata nei minimi dettagli in Europa, e rappresenta per il nostro Paese un altro pezzo rilevante del mosaico della nuova crescita italiana.

Una crescita che è frutto di visione strategica e di cambiamenti strutturali che incidono sulla capacità effettiva e sulla qualità della spesa pubblica produttiva del Paese. Che riflette i passi in avanti compiuti, chi in un modo chi un altro, da tutta la classe di governo di questo Paese. Qualcosa di molto concreto che è già avvenuto e non è sfuggito agli occhi ormai consapevoli degli investitori globali mentre non riesce ad attirare l’attenzione degli occhi foderati di prosciutto degli osservatori e degli analisti interni.

La nuova riforma della coesione scommetterà sullo sviluppo sano e sull’occupazione sana dell’intero Paese a partire in modo prioritario e strategico dalle aree più svantaggiate. Impedirà ai presidenti delle Regioni, che si ritengono capi di inesistenti governi regionali, di continuare ad utilizzare male e in ritardo i fondi europei a loro destinati per fare sviluppo e nuovo lavoro. Non potranno più finanziare, per capirci, sagre, fiere e, in genere, spesa corrente per comprare consenso ed essere rieletti.
Questi soldi avranno ab origine un indirizzo strategico di impiego coordinato e sul territorio si dovrà operare per attuare nei tempi prestabiliti quegli impegni assunti sapendo che sono pronti a scattare poteri supplenti centrali o azioni di revoca dei finanziamenti accordati per fare determinate cose e non altre. Questa è l’Italia nuova che ha deciso di cambiare e che tutto il Paese dovrebbe sostenere indipendentemente dagli schieramenti politici. Perché sono in gioco il futuro dei nostri figli e la prosecuzione di una storia economica italiana da locomotiva europea che il valore delle nostre aziende e il talento dei giovani meritano e impongono alla coscienza nazionale.


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