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Giuseppe Conte

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Bisogna dare a Conte quel che è di Conte e riconoscergli il merito di avere rimesso il Pd in mezzo al guado che brucia un patrimonio di attrazione di classe dirigente. Marx diceva che quando la storia si ripete diventa una farsa. Se succede oggi, può essere davvero una farsa. Che produce, però, effetti distruttivi gravi alimentati da un contesto generale di irresponsabilità che ci fa perdere il momento d’oro dell’economia italiana. Anche questo, se ci pensate un attimo, è un eterno ritorno perché negli anni Ottanta ci fu la grande ripresa bruciata prima da un senso diffuso di irresponsabilità che portò ruberie e degenerazioni e poi definitivamente da Tangentopoli.

Il problema vero dell’Italia di oggi è non rifare Tangentopoli. Lo abbiamo detto e lo ripetiamo. Il dato politico è che Conte è riuscito abilmente a rimettere il Pd in mezzo al guado. Ai tempi di Berlinguer il guado era tra il riformismo e la presunta rivoluzione. Oggi è ritornato in mezzo allo stesso guado tra il riformismo e il movimentismo demagogico che è il modo nuovo per richiamare la presunta rivoluzione dei tempi di Berlinguer. Diamo a Cesare quel che è di Cesare: Conte ha giustamente percepito che senza il ritorno in qualche modo al partito originario di Grillo il suo movimento perde di identità.

Ovviamente lo fa a modo suo con lo spessore della sua storia professionale e politica, che è un’altra cosa rispetto al comico genovese. Ovviamente lo fa perché è risultato impraticabile il suo disegno originario di presentarsi come la calamita che attrae la nuova classe dirigente politica amministrativa che non riusciva a farsi strada. Questa classe dirigente indubbiamente esisteva e si stava rafforzando, ma quando lui non è stato più in grado di stare sul ponte di comando lo hanno subito abbandonato tranne qualche caso sparuto a cui poteva ancora offrire qualche robetta.

A questo punto al leader dei grillini, che ha fiuto politico, non rimaneva altro di tornare al vecchio schema per provare a rimettere in piedi il disegno originario di essere il capo della nuova classe dirigente politica e amministrativa. Per attuare questo disegno, bisogna essere il dominus e bisogna, quindi, fare fuori il Pd costringendolo a fare il partito movimentista. Perché diventerebbe un problema un Pd capace di riprendere ad attirare classe dirigente, avendone alle spalle una lunga tradizione, se solo pensiamo che così fece fuori la Dc. Questo è stato il partito berlingueriano e post berlingueriano. È riuscito a lucrare consenso e potere sulla consunzione della Democrazia Cristiana, presentata ingiustamente come un grande corruttore e basta e facendo fuori allo stesso tempo anche l’alternativa possibile che era quella socialista craxiana.

C’è il rischio concreto che si riproduca questa situazione anche se non ve ne è ancora una precisa percezione. Marx diceva che quando la storia si ripete diventa una farsa. Se succede oggi, può essere davvero una farsa. Che produce, però, effetti distruttivi ancora più gravi alimentati da un contesto generale di irresponsabilità che ci fa perdere il momento d’oro dell’economia italiana. Anche questo, se ci pensate un attimo, è un eterno ritorno perché negli anni Ottanta ci fu la grande ripresa bruciata prima da un senso diffuso di irresponsabilità che portò ruberie e degenerazioni e poi definitivamente da Tangentopoli.


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