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Renato Brunetta

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Bisogna prendere atto che quello dell’amministratore pubblico è un mestiere. Non lo inventi perché vinci un concorso di funzionario pubblico. La partita delle partite si gioca con l’ultimo decreto sui reclutamenti delle alte specializzazioni del ministro Brunetta e riguarda una serie di meccanismi di incentivazione alla assunzione di alte professionalità e alla valorizzazione dei dottorati di ricerca. Si punta a voltare pagina in tutto. La Nuova Ricostruzione si fa o non si fa se si curano o non si curano questi dettagli. Che sono poi essenzialmente quelli del merito e dell’organizzazione

Dobbiamo dire le cose come stanno. Lo abbiamo visto alla prova dei fatti. Quasi tutti i ministeri sono senza squadre di amministratori all’altezza e, salvo Economia, Interni, Difesa e Esteri, sono un disastro. Diciamo che i nostri ministeri sono popolati in genere da un personale che per mille ragioni sommatesi e stratificatesi negli anni non conosce il suo mestiere o lo conosce poco.

Il Tesoro, diventato nel frattempo Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), tiene bene botta, anche se non è più giocoforza quello di una volta. Ha, per fortuna, ancora un bel po’ di strutture che funzionano a partire dalla Ragioneria generale dello Stato e una serie di eccellenze. Il Ministero dello Sviluppo economico (Mise) non ha più niente o quasi. Un tempo c’era un’attività intellettuale importante, un giro di professori che sapeva il fatto suo, funzionari che avevano fatto esperienza sul campo. L’ex Ministero dei Trasporti oggi ribattezzato Ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili esprime lo zero totale, qui davvero bisogna agire subito con decisione.

Sulla Corte dei Conti, che ha il merito indiscusso di avere scoperchiato il bubbone della disparità territoriale della spesa pubblica sociale, ma che incide molto, troppo, sull’operatività della macchina amministrativa, voglio usare le parole di Sabino Cassese: “È diventata solo un luogo per giuristi, più esperti di leggi che di conti. Costoro, un po’ per scimmiottare il Consiglio di Stato, un po’ per ottenere un miglior trattamento economico, si sono a poco a poco arrogati ruoli e status da giudici, anche se tali non erano. Di conseguenza, hanno cominciato a seguire procedure giudiziarie anche dove non c’erano processi”. Se vogliamo rendere il messaggio di un uomo dello Stato del valore di Cassese ancora più esplicito, potremmo dire così: rischiamo di morire con una Corte dei Conti dove in pochi sanno fare di conto, dove molti, troppi sono ex prefetti, dove tutti sono scelti con una preparazione giuridica generica e dove manca, quindi, la consapevolezza necessaria di una cultura economica aziendale per fare funzionare la macchina dello Stato. Si può andare avanti così? Fino a quando?

Come faranno, mi chiedo, i nuovi ministeri come quello della Transizione ecologica? Su chi potranno fare affidamento e con quali poteri? Vogliamo parlare dello scandalo più grande di tutti che sono le duplicazioni delle burocrazie regionali con gli stessi criteri di quelle centrali e che ci mettono, dunque, quattro volte il tempo di quelle lentissime a livello nazionale?

Se in molti non hanno ancora visto i ristori del 2020 e se il circuito infernale dei decreti attuativi inattuati che riguarda tutti arriva a fare decadere i provvedimenti, è evidente che questo è il problema numero uno del Paese se intende cambiare davvero e fare finalmente ripartire gli investimenti pubblici mobilitando una quota ancora più grande di investimenti privati nazionali e internazionali. Se le cose stanno così, e stanno esattamente così, bisogna prendere atto che quello dell’amministratore pubblico è un mestiere. Non lo inventi perché vinci un concorso di funzionario pubblico.

Guardate che la partita del Recovery Plan si gioca in grandissima parte qui. Per questo Draghi non ha voluto sforare di un’ora sull’attuazione del cronoprogramma delle riforme della pubblica amministrazione come della nuova governance per il Recovery Plan come per la giustizia. Diciamocela tutta, però. La partita delle partite si gioca con l’ultimo decreto sui reclutamenti delle alte specializzazioni del ministro Brunetta dell’altra settimana e riguarda una serie di meccanismi di incentivazione alla assunzione di alte professionalità e alla valorizzazione dei dottorati di ricerca. Si cercano di ridurre al massimo le incongruenze dei precedenti decreti sui concorsi pubblici del governo Conte, ma soprattutto si punta a voltare pagina in tutto. Con un portale del reclutamento, ad esempio, che integra le banche dati di tutti gli ordini professionali e dove le amministrazioni potranno attingere per le figure di cui hanno bisogno, dall’ingegnere specializzato all’analista informatico, con una procedura comparativa di tipo europeo che facilita l’incontro tra domanda e offerta di precisione.

Si vogliono assumere in tempi record i cosiddetti mille per le semplificazioni con procedure giustamente accentrate ma con l’obiettivo di dotare le Regioni di una squadra di pronto intervento in tutti quegli enti locali dove ci sono le complicazioni delle procedure amministrative chiamate in gergo colli di bottiglia. Non c’è futuro se non si eliminano subito queste strozzature. La prima sono proprio le Regioni per cui ridurrei al minimo indispensabile le loro intermediazioni. Il punto di domanda di fondo è questo. Servono esperti di procedure di autorizzazione per la banda larga complessa o per la valutazione di impatto ambientale? Servono esperti di territorio e analisti informatici? Servono, sì servono, e allora bisogna averli motivati ognuno al posto giusto con una regia centrale ineludibile sul piano della progettazione e della esecuzione.

Questa, lo ribadiamo, è la partita cruciale che si dovrà peraltro misurare con una concorrenza privata fortissima perché solo se c’è questa potremo avere quei tassi di crescita da miracolo economico per un periodo lungo che è l’unica strada per fare ripartire l’Italia e ridurre le diseguaglianze. Siamo davanti a un’opportunità che bisogna sapere sfruttare. Occorre capire che chi viene selezionato e ingaggiato nella pubblica amministrazione deve scegliere di non dirigersi altrove. Per questo è davvero strategico il lavoro svolto da Brunetta e dal governo Draghi nel disegnare i bandi di assunzione in modo da renderli più attrattivi, rivedendo la contrattazione collettiva e inserendo una quarta area di mezzo tra quella funzionaria e quella dirigenziale molto più qualificata in partenza.

Si deve percepire in modo netto il segnale di incentivare l’ingresso di forze professionali come consulenti ma anche di talenti giovanili come uomini dello Stato che non possono aspirare immediatamente alla dirigenza ma hanno tutte le carte in regola per entrare in questa quarta area con una progressione di carriera dirigenziale molto più veloce, sviluppata con criteri comparativi europei. Abbiamo bisogno come il pane di questi talenti. Abbiamo bisogno come il pane di trattenerli e di valorizzarli in casa. Abbiamo bisogno come il pane che una regia centrale di progettazione e di esecuzione valorizzi l’apporto di questi talenti nelle amministrazioni del Mezzogiorno collocandoli dove servono e avendo il pieno controllo delle truppe dell’esercito dei nuovi Mille. Bisogna dare dignità e status a questi nuovi lavori e a chi ha le competenze per farli al meglio.

Bisogna che la spinta al cambiamento sia contagiosa e sia effettiva da subito avendo cura di non lasciare indietro quei talenti nascosti che la pubblica amministrazione già ha, ma restano nell’ ombra perché i mandarini nazionali e regionali li vedono come temibili ostacoli ai loro piccoli e grandi affarucci clientelari. La Nuova Ricostruzione si fa o non si fa se si curano o non si curano questi dettagli. Che sono poi essenzialmente quelli del merito e dell’organizzazione. Il resto lo farà la fiducia contagiosa che determinerà la mobilitazione della pubblica opinione. Quella mobilitazione collettiva che permetterà di riconoscere e di identificarsi con chi fa isolando invece chi ostinatamente volesse continuare a fare propaganda. Solitamente ciò avviene quando élite e popolo marciano insieme.


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