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Il ministro Renato Brunetta assieme al premier Mario Draghi

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Il futuro dell’Italia dipende dai buoni progetti perciò diventa fondamentale una Centrale di progettazione che aiuti Comuni piccoli e grandi del Sud a fare i progetti e a gestirli, con la regia del Mef che controlli operatività e rendicontazione di tutto e tutti. Bisogna selezionare subito esperti di diritto amministrativo, informatici e territoriali, semplificare le procedure e porre un freno alla Corte dei conti

Il problema numero uno italiano è che tra una legge che dispone e il fatto che accade c’è di mezzo l’amministrazione. L’unico fatto certo è che l’amministrazione oggi è debole a livello centrale e ancora più debole a livello regionale. Si è fatta questa manovra di nuovi reclutamenti firmata Brunetta per rimpinguare la pubblica amministrazione, ma questi ragazzi di buon curriculum che sono in via di assunzione non sono nati formati. Serve tempo, ma noi non abbiamo il lusso del tempo.

Dobbiamo fare subito tre cose.
Primo. Bisogna utilizzare subito quelli che sanno. Bisogna selezionare subito esperti di diritto amministrativo, esperti informatici e territoriali per colmare questo gap temporale da oggi a quando i neoassunti saranno in grado di agire compiutamente.

Secondo. Bisogna curare ogni dettaglio delle procedure snellite dall’altra grande manovra strutturale che sono le Semplificazioni firmata sempre da Brunetta.

Terzo. Bisogna porre un freno alla Corte dei conti semplicemente obbligandola, nessuna moral suasion riuscirebbe nell’intento, a dare il massimo dei pareri e a fare il massimo dei controlli, ma sempre preventivi, non a vita. Questo è un passaggio chiave. Altrimenti la Corte dei conti continuerà a fare paura. Altrimenti chi firma gli atti che permettono di aprire un cantiere e di fare le opere, continua ad avere paura e ovviamente non firma o lo fa dopo avere acquisito mille pareri e mille autorizzazioni arrivando quasi sempre fuori tempo massimo.

Si pone oggi, insomma, il tema decisivo che è quello di affiancare lo Stato nei servizi di consulenza tecnica per mettere a terra le risorse, sviluppare prodotti finanziari in alcuni snodi delle procedure, soprattutto aiutare Regioni e ministeri a fare buoni progetti e a fare rendicontazione nell’utilizzo dei fondi accordati per realizzare quei buoni progetti. Questo lavoro fondamentale a nostro avviso lo deve fare la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Questo lavoro di base è indispensabile da subito. Non se la può cavare Cdp dicendo che le società di reti da loro controllate stanno facendo il loro. Hanno un ruolo importantissimo nell’energia come nella fibra, ci mancherebbe altro, ma il punto è che il Piano italiano di Recovery ha obiettivi da perseguire e richiede strumenti attuativi più sofisticati e efficienti con un coordinamento centralizzato.

Se il problema numero uno è la debolezza della amministrazione centrale e regionale perché mancano le risorse umane, mancano gli esperti amministrativi, i progettisti, i tecnici, allora rimpinguiamo gli organici al meglio. Oggi ogni amministrazione ha il suo decreto, sa quanti soldi ha a disposizione, sa che può assumere progettisti, tecnici, esperti di diritto amministrativo perché se non ce la fa i soldi tornano indietro.

Di fatto abbiamo la Transizione ecologica che è indietro, le strutture amministrative degli ex Trasporti che non sono mai partite. Tanto è vero che quasi tutto è stato messo direttamente nelle mani di Rfi e di Ferrovie come di tutti i grandi gestori di rete. Anche qui, però, stringi stringi, si nomineranno i commissari stile ponte Morandi almeno per le opere strategiche anche se il rischio di commissariare e far ristrutturare anche la caserma per abbellirne la facciata oggettivamente c’è. Così come il rischio che il commissario non creda ai poteri che ha avuto e non firmi neppure lui perché continua ad avere paura.

Se vogliamo fare le cose fatte bene, serve una Centrale di progettazione. La si era collocata presso il demanio, ebbe all’epoca cento milioni, doveva lavorare per tutti, ma fa fatica perché le Regioni vogliono assumere loro direttamente e ora si fanno forti del fatto che grazie alle riforme Brunetta possono prendere direttamente dagli albi i consulenti che servono e, nell’ambito delle assunzioni previste dal Pnrr, dicono che potranno reperire ingegneri gestionali e informatici e stabilizzare come dirigenti dopo tre anni i nuovi reclutamenti di qualità.

Noi riteniamo che occorra una centrale di organizzazione capace di dare aiuto alla progettazione degli enti locali del Sud, soprattutto i piccoli comuni ma anche i grandi comuni e le stesse Regioni. Noi riteniamo, altresì, che non si può continuare con tre ministeri – Istruzione, Famiglia, Affari regionali – che vanno ognuno per conto suo, ognuno per conto suo utilizza parte dei fondi del Pnrr, ognuno per conto suo fa i suoi bandi di gara per gli asili nido. Perché questa è la strada migliore per non conseguire l’obiettivo concordato con l’Europa di raggiungere il 33% di copertura dei posti di asili nido, perché se i fondi vanno sempre in Emilia-Romagna non si arriva al 33% del territorio nazionale. Se le Regioni del Sud a loro volta non sono in grado di fare progetti buoni, i soldi continuano ad andare dalla parte sbagliata.

Ecco perché sono indispensabili una regia per il coordinamento finalizzato al raggiungimento dell’obiettivo presso il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) e una grande centrale di progettazione che garantisca al Sud un coordinamento preliminare sui progetti che servono e sulla loro qualità ideativa e esecutiva. Altrimenti il sindaco di Milano o di Genova e i presidenti delle Regioni del Nord, come già avvenuto, fanno la carica a presentare nuovi progetti, mentre i sindaci di Napoli e di Reggio Calabria stanno fermi perché hanno il retropensiero di usare quegli stessi soldi per chiudere i buchi dei loro bilanci. Invece no, i soldi del Recovery li devono usare per rifare le loro facciate, le loro piazze, attivare finalmente standard dignitosi di servizi sociali per i bambini e gli anziani delle loro comunità. Il primo decreto per coprire i buchi delle amministrazioni è stato già fatto, un quarto dell’intera somma è andato a Napoli, poi vengono Reggio Calabria e Torino.

Altri decreti arriveranno e sistemeranno i conti dolenti del passato. Quello che serve oggi sono buoni progetti, la Centrale di progettazione che aiuti Comuni piccoli e grandi del Sud a farli e a gestirli, la regia del Mef che controlli operatività e rendicontazione di tutto e tutti. Passa di qui il futuro dell’Italia perché la differenza rispetto al passato deve essere che le cose si fanno, non che si annunciano senza mai farle. La fiducia per diventare contagiosa ha bisogno di questi fatti.


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