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Una iniezione di vaccino al nuovo centro del Drive Through di Parco Trenno a Milano

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Certo, intervenire addirittura nella gestione della somministrazione dei vaccini che rientra nei poteri costitutivi attribuiti alle Regioni da scelte sbagliate nella sanità può apparire troppo. Sarebbe stato meglio favorire con rapidità l’integrazione nelle funzioni sul territorio, ma visto che i capi di questi carrozzoni regionali soprattutto del Nord non riescono più a gestire il frutto avvelenato di un eccesso di spesa pubblica improduttiva che non hanno mai mollato, si eserciti anche qui la supplenza operativa. Soprattutto in Lombardia non è più possibile credere che la musica possa cambiare senza aiuto

CHE IL Profondo Nord potesse eguagliare e superare il Profondo Sud in inefficienza nella gestione del Piano vaccini francamente non riuscivamo a immaginarlo neppure noi. Che pure avevamo messo in guardia tutti in tempi non sospetti dai rischi capitali di una gestione sanitaria elitaria della Lombardia abilissima nella fatturazione del privilegio odioso della spesa storica. A favore sempre di eccellenze ospedaliere private in cambio di uno sbaragliamento capillare della medicina sul territorio e di un miope ridimensionamento dell’ospedalità pubblica.

Non essendoci una rete attrezzata di medici sul territorio e avendo irrorato di altri circa 20 milioni di euro di consulenza per la campagna vaccinale la società di acquisti sanitari della Regione Lombardia, seconda in Italia dopo la Consip, siamo arrivati al punto che non solo il cervello informatico lumbard è entrato in coma irreversibile, ma che addirittura a frugare tra le cartelle dei più fragili da convocare ci finissero mani così inesperte da non riuscire neppure a capire chi erano i diabetici e chi no e arrivando perfino a convocare i morti. Anziani costretti a muoversi fino a cinquanta chilometri da casa per farsi vaccinare e sentirsi invece dire che erano stati convocati per errore.

Siamo molto oltre il ridicolo. Potremmo con qualche abbondante sottovalutazione dell’accaduto dire di essere arrivati al punto in cui la farsa si trasforma in tragedia. Una regola della politica (non solo) che vige da sempre perché nessuno si è mai permesso di abbandonarla è quella del capro espiatorio. Per cui anche in questo caso o si dimetteva il Presidente Fontana o si trovava un capro espiatorio che è stato individuato nel Cda di Aria, la società di acquisti della Regione Lombardia presentata come un gioiello ovunque dallo stesso Fontana. Per la verità, non si è avuto nemmeno il coraggio di licenziare il cda di Aria, ma ai suoi consiglieri è stato garbatamente chiesto di dimettersi.

Non vogliamo entrare nel merito di questi machiavellismi, siamo, però, certi di una cosa: la sequela di infortuni, ripetute inadeguatezze, disfunzioni organizzative strutturali della burocrazia regionale meglio pagata e meno capace d’Italia, la sequela di capri espiatori (già due) sono tutti fatti verificatisi uno dietro l’altro che non ci permettono minimamente di ritenere che la musica in Lombardia possa cambiare. Il capitolo spinosissimo di un sistema sanitario frammentato in venti staterelli e in venti organizzazioni con i diritti di cittadinanza dei ricchi che sono vergognosamente superiori a quelli dei poveri è un tema civile prima che economico che questo giornale ha documentato dal suo primo giorno di uscita e che richiede una risposta strutturale a strettissimo giro che valga per l’oggi, per il domani e per il dopodomani.

Nella cronaca di queste ore vediamo che la Regione Toscana è ultima per gli over 80 e che la Regione Veneto è costretta a annunciare un nuovo sistema di prenotazioni on line, vediamo che le performance di vaccinazioni delle Regioni Lazio, Campania e più di tutte perfino della piccola Basilicata sono di livello nettamente superiore.

Parliamoci chiaro: qui non si tratta di distribuire medagliette, che pure dicono molto, ma di prendere atto che questo sistema decisionale e organizzativo su base regionale non regge in termini generali, ma ancora di più non regge per la gestione della grande emergenza che è sanitaria e, allo stesso tempo, economica e sociale.

Tutto ruota intorno al successo della campagna di vaccinazione e mettere a rischio territori con un’intensa attività economica che deve ripartire, a causa delle evidenti incapacità delle classi di governo regionali è semplicemente masochista. Abbiamo un Presidente del Consiglio che ha le idee molto chiare e fa scelte molto nette. Lo ha già fatto con la Protezione Civile e affidando al generale di corpo d’armata Figliuolo la guida e la gestione del Piano di vaccinazioni. Ha già esercitato Draghi una forte azione di supplenza di fronte all’inerzia regionale (e non) sulla base del principio di sussidiarietà che il governo ha il dovere di esercitare rispetto alla non capacità di svolgere una funzione che è essenziale. Il governo può intervenire, sostituire e integrare le funzioni come ha già fatto brillantemente con la logistica.

Certo, intervenire addirittura nella gestione della somministrazione dei vaccini che rientra nei poteri costituitivi attribuiti alle Regioni da scelte sbagliate nella sanità può apparire troppo. Sarebbe stato meglio favorire con rapidità l’integrazione nelle funzioni sul territorio, ma visto che i capi di questi carrozzoni regionali soprattutto del Nord non riescono più a gestire il frutto avvelenato di un eccesso di spesa pubblica improduttiva che non hanno mai mollato, si eserciti anche qui la supplenza.

Superare i colli di bottiglia ieri, non oggi, è una priorità assoluta e c’è una esigenza unitaria nella gestione dei dati e degli interventi che non può essere ignorata. Le Regioni, in particolare quelle che hanno sempre dato lezione a tutti predicando bene e razzolando molto male, vengano messe a tacere. Non si può più consentire di almanaccare a chicchessia quando sono in gioco la vita delle persone e l’economia di un Paese.


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