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Alcuni talebani

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Le polemiche, anche italiane, se trattare o meno con i talebani sono già spazzate via dalla realtà dei fatti. Sapete come stiamo evacuando i nostri collaboratori locali? Pagando i talebani per ogni afghano che portiamo in salvo all’aereoporto di Kabul.

Non c’è da stupirsi. In primo luogo a negoziare con loro sono stati gli Usa a Doha, scegliendosi anche l’interlocutore principale, il Mullah Baradar che hanno fatto liberare dalle prigioni pakistane nel 2018. L’accordo di Doha, voluto da Trump, che ha portato al ritiro americano e a una grottesca disfatta, è stato accettato dall’Onu, dalla Russia e dalla Cina. Piuttosto Biden dovrebbe darci i dettagli di quell’intesa di cui conosciamo solo una parte.

Se va avanti il ponte aereo per evacuare stranieri e i collaboratori afghani di Usa e Nato, questo è comunque reso possibile, anche nel caos perdurante, proprio dagli accordi con i talebani che per altro hanno già iniziato i rastrellamenti di donne, giornalisti, militari e fiancheggiatori delle truppe internazionali. Hanno in mano le liste con i nomi, a conferma che i primi a vendere la pelle degli afghani sono stati altri afghani corrotti o infiltrati dai talebani.

Del resto l’esercito si è disgregato così: i talebani si sono comprati generali, ufficiali, governatori, catturando quasi senza sparare un colpo, 25 città in dieci giorni. Ha sorpreso la velocità del crollo ma bisogna essere chiari: i talebani da anni già controllavano il 50% del territorio in particolare nelle provincie. Il problema è che lo scrivevamo sui giornali ma i rappresentanti americani e della Nato, italiani compresi, continuavano a raccontare un sacco di sciocchezze magnificando la costruzione di scuole e ospedali che si realizzavano anche perché pagavamo tangenti ai capi della popolazione e alla stessa guerriglia. Altrimenti non si posava neppure una pietra.

Adesso ovviamente si parla molto dei profughi afghani perché tutti temono una nuova ondata. Ma come si può continuare ad aiutare, almeno sul piano sanitario e dell’emergenza umanitaria, milioni di afghani rimasti sotto l’Emirato?

Per distribuire aiuti agli afghani dell’interno bisognerà trattare per forza coi talebani, _ che non significa riconoscerli diplomaticamente_ così come è avvenuto dal ‘95 al 2001. Con i talebani hanno negoziato e continuano a farlo la Crocerossa, le agenzie dell’Onu e le Ong. Io stesso a Kabul ho assistito nel giugno 2001 alla mediazione con i talebani della Cooperazione italiana del nostro ministero degli esteri per riaprire l’ospedale di Emergency che era stato chiuso. Ma un’Italia discretamente disinformata e lontana dalla realtà continua a ripetere inutili slogan.

Quali sono le alternative? Si può fare una nuova guerra “umanitaria” di successo come le precedenti che hanno travolto interi Paesi. E chi la fa questa guerra, visto che siamo appena ritirati con risultati disastrosi? Per altro senza una decisione americana qui nessuno muove un soldato.

Ma questi discorsi campati per aria nascondono altri progetti preoccupanti. Tra qualche tempo forse dovremmo avallare dei raid aerei o missilistici sull’Afghanistan magari motivati dal fatto che i talebani si sono appropriati di migliaia di armi americane che erano state date alle forze armate afghane.
Per equipaggiarle gli Usa hanno fornito armamenti per circa 30 miliardi di dollari, compresi dei fiammanti Black Hawk che adesso sono in mano agli studenti coranici.

Oppure potremmo bombardare di nuovo l’Afghanistan se l’Emirato facesse il passo falso di riportare alla luce del sole i legami con al Qaeda e il terrorismo.

Ma in questo momento non conviene. I talebani hanno bisogno di soldi per gestire la sgangherata macchina statale, pagare i miliziani, i poliziotti, impiegati e funzionari.

Ci penseranno i pakistani, i cinesi, i russi, le monarchie del Golfo – magari pure gli iraniani – a dare una mano all’Emirato.

Loro negoziano con i talebani tutti i giorni, come fanno del resto gli americani. E noi qui a dire sciocchezze in televisione. Segue dibattito sulla pelle degli afghani.


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