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Christine Lagarde

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FINALMENTE la Bce si è smossa: c’è voluta una settimana di profondo rosso delle borse e la presunta gaffe di Madame Lagarde per indurre la Banca centrale europea a svolgere il proprio compito di garante dell’equilibrio finanziario dell’intera Unione europea. La Bce interviene sul mercato dei capitali per acquistare i titoli di debito emessi dai singoli Stati. Così facendo evita che la speculazione divarichi i tassi di interesse sui buoni del tesoro nazionali, imponendo una impropria tassa sulla sfiducia ai singoli cittadini, che vivono in Paesi in cui il deficit è reso sempre più oneroso proprio dagli alti tassi di interesse pagati sul debito pubblico. Questo è lo spread monetario, ma esiste anche uno spread reale, che è dato dalle diverse condizioni in cui vivono i cittadini europei.

LO SPREAD REALE

La Bce, infatti, acquistando i titoli del debito pubblico dei singoli Stati, attribuisce ai singoli governi le risorse per attuare le loro politiche, che però – come abbiamo visto ancora una volta ieri – hanno degli approcci abbastanza diversi perfino di fronte alla comune emergenza coronavirus. Se dunque la Bce fa il suo mestiere, che è – diversamente da quello che dichiara la sua Presidente – occuparsi degli spread monetari, la Commissione deve occuparsi degli spread reali, a partire dalle condizioni di sicurezza sanitaria in cui i diversi cittadini della stessa Unione vivono. Nadia Urbinati, la nota politologa della Columbia University, ha ricordato ad esempio nel proprio blog di ieri che i dati del ministero della Salute mostrano che nel 2017 i ventilatori polmonari erano uno ogni 4.130 abitanti in Lombardia; uno ogni 2.500 abitanti in Emilia-Romagna; uno ogni 2.250 abitanti in Toscana e uno ogni 2.550 abitanti in Veneto. Pur nel rispetto delle competenze dei diversi governi nazionali e regionali, bisogna intervenire con una programmazione che sia credibile e realizzabile per riuscire a garantire che in tutto il territorio dell’Unione europea, e ancor più nel territorio di uno stesso Paese, siano presenti le stesse condizioni di sicurezza sanitaria, ambientale e civile, che costituiscono un elemento fondamentale per potersi sentire cittadini ad eguale titolo.

LA RIORGANIZZAZIONE

Siamo nella fase di rinegoziazione dei fondi strutturali europei, che erano già in parte orientati a sostenere la sfida relativa alla digitalizzazione e ala sostenibilità e che ora dovranno necessariamente caricarsi dell’obbligo di far ripartire l’economia e di riorganizzare i sistemi produttivi. Il tutto tenendo conto anche del fatto che gran parte delle catene di subfornitura dovranno essere sicuramente ripensate, dato che gli scambi internazionali sono stati bloccati. Questi processi di riorganizzazione richiederanno ovviamente del tempo e, se non si vuole rimandare all’infinito la fine della crisi economica, non si può attendere la fine dell’emergenza sanitaria.

LE PERSONE GIUSTE CI SONO

In questa fase bisogna allora gestire contemporaneamente sia l’emergenza sanitaria che la ricostruzione economica e per questo occorrono uomini e donne che siano capaci di vedere lontano e nel contempo di agire subito. Uomini e donne in grado di gestire in stretta relazione fra loro i diversi gangli di un sistema complesso, in cui, ad esempio, stanno contemporaneamente gli ospedali, messi così sotto pressione in questi giorni, ma anche il Cineca – il Consorzio nazionale di supercalcolo – che sta lavorando per la Commissione europea per modellizzare la diffusione del virus. Il rischio che si corre in questo momento è quello di pagare oggi molta dell’inconsistenza di una classe politica cresciuta nella fase del disprezzo delle competenze, ma gli uomini per il tempo di guerra ci sono: basta cercarli.


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