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La foto di famiglia della riunione dei leader del G7

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Una cortina di ferro intorno alla Russia: non più politica ma economica. E’ quella che i Paesi del G7 hanno deciso di costruire annunciando con una nuova tornata di sanzioni che hanno l’obiettivo di bloccare qualunque rapporto con la Banca centrale di Mosca. Il comunicato contiene anche un avvertimento a Pechino perché non provi ad andare in soccorso di Putin. Verrà, infatti, impedito alla Banca centrale russa di aggirare le sanzioni e sostenere il rublo attraverso istituti stranieri “amici” che sia la “Cina o qualsiasi altro Paese”. Nel mirino sono finite anche le riserve d’oro che non potranno più essere utilizzate per la transazioni internazionali. Mosca può contare su un tesoro composto da lingotti per 130 miliardi di dollari. La parte conservata nei forzieri delle banche occidentali ora potrebbe essere congelata come già accaduto con le riserve valutarie. Secondo funzionari della Casa Bianca, la mossa darà un colpo alla capacità della Russia di usare le sue riserve per sostenere l’economia russa e finanziare la guerra contro l’Ucraina.

Un avvertimento che segue l’annuncio choc di Putin relativamente alle forniture di gas. Il Cremlino ha ordinato a Gazprom di non accettare più pagamenti in dollari e in euro. I saldi dovranno essere versati in rubli. L’obiettivo è quello di sollevare la Banca centrale russa dall’obbligo di sostenere la valuta nazionale. A farlo dovranno essere i clienti vendendo moneta pregiata per acquistare la svalutatissima moneta russa. Martedì la novità ha portato ad un netto miglioramento del cambio da 140 rubli per un dollaro a meno di cento. La valuta russa resta comunque debole rispetto al periodo antecedente alla guerra in Ucraina quando scambiava a 75 sul biglietto verde. Questa fragilità ha fatto esplodere il caro-vita. Nella terza settimana di marzo l’inflazione in Russia è cresciuta del 14,5% rispetto ad un anno prima, registrando il più forte balzo da 17 anni. A renderlo noto è stato il ministero dell’Economia russo. A salire maggiormente sono stati i prodotti d’importazione per via della debolezza della moneta. Ma la fiammata ha avuto riflessi anche sui prodotti nazionali. In alcuni casi l’aumento è stato molto pesante zucchero è arrivato a costare il 37,1% in più e le cipolle fino al 40% (13,7% la media nazionale).

L’ondata inflazionistica ha accelerato la recessione,. L’agenzia di rating S&P ha stimato per quest’anno un calo del Pil del 9%. «L’Europa – avverte un rapporto sull’impatto della guerra in Ucraina – sarà quella colpita più duramente dalle implicazioni della guerra» con un taglio di 1,2 punti percentuali al 3,2% (stesso tasso di crescita atteso per gli Usa) rispetto alle stime di poche settimane fa.

I problemi per l’economia russa però, non si fermano qui. I detentori di un bond governativo non hanno ricevuto l’accredito della cedola da 65,6 milioni di dollari dell’emissione scaduta il 21 marzo. Il regolamento consente il rimborso in rubli e la curiosità è molto alta. Si tratta di capire se Mosca utilizzerà o meno questa possibilità dopo aver annunciato che da ora in avanti i titoli del debito pubblico verranno onorati in valuta locale al pari delle forniture di gas.

Non solo: l’acciaieria Severstal è la prima azienda russa che rischia il default non essendo riuscita a pagare gli interessi sul debito in valuta estera, dopo che Citigroup ha bloccato la transazione, secondo quanto riporta Bloomberg che evidenzia come la società non sia stata in grado di regolare una cedola di 12,6 milioni di dollari entro un periodo di cinque giorni lavorativi.

Al centro di questo braccio di ferro ci sono le sanzioni. L’intenzione di Putin è di incrementare una domanda all’esterno di rubli necessari all’acquisto di gas, in modo da contrastare la caduta del cambio. Rende più complesso imporre ulteriori sanzioni alle banche di Mosca perché a loro i clienti dovranno rivolgersi per avere rubli con cui acquistare il metano. La mossa rischia di innescare altre pressioni sul prezzo del gas che anche ieri è salito del 10%. Perché, ammesso e non concesso che la decisione di Putin si traduca in realtà, i prezzi delle forniture stabiliti dai contratti o dal mercato spot non è certo fissato rubli, costringendo così gli acquirenti occidentali a scambiare la loro moneta con quella russa che, seppur in recupero, si è deprezzata.


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