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I mercati delle principali commodity agricole, dal grano al mais, dalla soia all’orzo, scommettono sulla pace. I primi flebili segnali positivi che arrivano dal nuovo round di trattative tra Russia e Ucraina hanno dato una iniezione di fiducia. E ieri, all’apertura della Chicago Board of Trade, i principali prodotti agricoli si sono ritrovati con il segno rosso dopo giorni di continua crescita.

Il contratto future più attivo sul grano – ha rilevato la Coldiretti – è sceso a 9,76 dollari a bushel (27,2 chili) dopo essere era arrivato a superare in un mese di guerra i 13,6 dollari per bushel mentre il mais è stato quotato 7,17 dollari dopo aver raggiunto i 7,8 dollari per bushel, al top da 10 anni. Una netta inversione di tendenza rispetto a livelli precedenti che si ritrovano solo negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina.

I due Paesi in guerra – ha aggiunto l’organizzazione agricola – insieme controllano circa il 28% delle vendite mondiali di grano tenero, il 16% del commercio del mais e circa il 65% dell’olio di girasole. Un primo segnale importante di “raffreddamento”, ma ci vorrà molto tempo per rimettere in sesto i mercati sconvolti dalla guerra. In ogni caso le due emergenze, Covid e guerra, hanno cambiato le prospettive sul futuro dell’agroalimentare. In una informativa alla Camera, il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, ieri ha rilanciato sulla sovranità alimentare che dovrà essere perseguita “a livello Ue”.

Le conseguenze delle incertezze geopolitiche, la volatilità dei mercati energetici internazionali e le difficoltà del commercio globale – ha spiegato il ministro – non possono essere affrontati efficacemente a livello di singolo Stato, ma necessitano di una risposta comune a livello europeo”. La strada del produrre di più è comunque segnata, come quella di riscrivere le regole comunitarie che hanno portato a uno smantellamento di molte coltivazioni strategiche.

Anche per quanto riguarda la questione energetica Patuanelli ha sostenuto la necessità di ricorrere a una ulteriore tranche di “debito comune per l’adozione di un Energy Recovery Fund”. Un fatto è certo: l’effetto dell’aumento dei costi difficilmente potrà essere assorbito nel breve periodo. Così come l’autosufficienza alimentare non potrà essere raggiunta in tempi ravvicinati. E dunque continua a porsi il problema di importare materie prime a prezzi dettati dalle logiche dei mercati globali drogati dalle speculazioni finanziarie. Con rischi per la sicurezza alimentare.

Le caratteristiche qualitative dei prodotti provenienti da Usa, Canada, Brasile e Argentina non sono in linea con le regole europee per quanto riguarda i valori minimi dei residui dei prodotti fitosanitari. Solo per fare qualche esempio: un quarto dei pesticidi utilizzati negli Usa e un terzo del Brasile non sono ammessi nell’Unione europea. Ma sono questi i mercati da cui arrivano i prodotti che non garantiscono più Russia e Ucraina. L’Ucraina per l’Italia rappresenta il sesto fornitore di grano tenero, invia il 15% del mais e finora ha fornito il 50% dell’olio di girasole. Secondo l’analisi del Centro Studi Divulga il “rally dei prezzi” continuerà a caratterizzare i mercati anche per effetto di politiche commerciali attive per la sicurezza degli approvvigionamenti che alcuni Paesi stanno mettendo in campo.

Lo stop delle esportazioni di cereali dell’Ungheria è stato sventato, ma Argentina ed Egitto si stanno muovendo nella stessa direzione. Una situazione che soffia sul fuoco della speculazione e che a marzo, spiega l’analisi di Divulga, ha portato alla Borsa merci di Bologna l’impennata dell’80% del prezzo del grano duro (524 euro a tonnellata), del 71% del frumento tenero, e del 76% del mais destinato all’alimentazione nelle stalle. I costi dell’energia poi si scaricano sui fertilizzanti e dunque sulle filiere alimentari.

La guerra ha aggravato una situazione già pesante per le aziende agricole che a gennaio avevano registrato un aumento del prezzo del gas naturale di 5 volte rispetto al 2021. Con il conflitto le quotazioni hanno raggiunto nei primi giorni del mese 160 euro/MWh con una crescita dell’827% rispetto allo scorso anno. Mentre il gasolio agricolo è cresciuto del 46%. E anche l’export agroalimentare, che quest’anno ha raggiunto il valore record di 52 miliardi, è destinato a qualche scivolone. Tanto per cominciare Ucraina e Russia rappresentano 1,3 miliardi di prodotti come vino, pasta e olio d’oliva. Uno scenario di emergenza che potrebbe favorire l’allentamento dei requisiti sulla sicurezza estremamente rigidi nella Ue e in particolare in Italia.

La strada è complessa: coniugare la maggiore produzione senza rinunciare, ha ribadito Divulga, agli obiettivi di sicurezza alimentare e transizione ecologica. Ed è allarme anche per l’import di mais e soia biologici che arrivano in Italia anche dalle aree interessate dal conflitto, con l’Ucraina quarto esportatore di mangimi bio in Europa. Il nostro Paese rischia di trovarsi a corto di menù bio nelle stalle, mentre la produzione nazionale è a livelli ridotti. ColdirettiBio ha denunciato rialzi dei prezzi tra il 20 e il 30% con picchi che hanno raggiunto il 50%.

Da qui la richiesta di rivedere le scelte normative per sostenere le aziende in crisi e accelerare sulla costruzione di filiere biologiche 100% italiane tenendo anche conto che potrebbe essere una carta importante da giocare al Sud che oggi è capofila delle coltivazioni biologiche. Insomma bisogna agire su più fronti, ma soprattutto bisogna azionare le leve dei contratti di filiera e dell’innovazione. Secondo Coldiretti poi con la fine della guerra potranno ripartire in Ucraina le semine che rischiano di essere dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all’invasione della Russia, con carestie e speculazioni su scala mondiale. Emergenza prezzi anche per le materie prime destinate all’industria e all’edilizia.

Il Garante per la sorveglianza dei prezzi, nella Relazione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla tutela dei consumatori e degli utenti, ha evidenziato le tensioni delle quotazioni per alluminio e nichel (+130%), quest’ultimo utilizzato sia dall’industria siderurgica per la produzione di acciaio inox che da quella automobilistica per la produzione di batterie di nuova generazione per le auto elettriche, con la Russia che ha un ruolo primario nell’export mondiale. Forti rialzi anche per la ghisa destinata all’industria automobilistica e alla produzione di energia rinnovabile, e per l’acciaio strategico anche per le costruzioni. Tutti settori fondamentali per l’Azienda Italia.


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