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Joe Biden

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Alla vigilia della nascita del primo Governo Meloni emergono i “sospesi” tra la leader di Fratelli d’Italia, il presidente Biden e Matteo Salvini

“Avete appena visto cosa è accaduto in Italia in quelle elezioni. Vedrete cosa accadrà nel mondo. La ragione per cui mi preoccupo di dire questo è che non potete essere ottimisti neppure su cosa accadrà qui”. Queste parole di Joe Biden hanno postato diverse code di paglia nel nostro Paese. I media orientati a sinistra le hanno usate per sottolineare le preoccupazioni con cui il nostro principale alleato osserva la vittoria dell’estrema destra nelle elezioni del 25 settembre.

BIDEN, MELONI E SALVINI, LA CASA BIANCA PRECISA

I tg e i talk show di orientamento opposto hanno protestato per l’indebita ingerenza nelle vicende di uno Stato sovrano (a proposito: quando i sovranisti citano l’articolo 1 della Carta fondamentale, non lo leggono mai per intero e omettano di ricordare che la sovranità deve essere esercitata nelle forme nei limiti della Costituzione). In alcuni servizi quella frase è stata presentata come l’ennesima gaffe di Sleepy Joe, insieme alle difficoltà di deambulazione, le amnesie, i “qui pro quo’’ e quant’altro (per fortuna ci hanno risparmiato i peti in diretta). Tanto che la Casa Bianca, poche ore dopo, ha dovuto precisare che la linea dell’Amministrazione americana non era cambiata rispetto alle dichiarazioni del Segretario di Stato, Antony Blinken, il quale si augurava, al più presto, una fattiva collaborazione col nuovo governo italiano.

LE PREOCCUPAZIONI DI BIDEN SU MELONI E SALVINI E L’OMBRA DI TRUMP

Questa volta, tuttavia, Biden non aveva torto. E soprattutto, esprimeva, parlando con i suoi sostenitori, delle preoccupazioni a fini interni ovvero per quanto potrebbe succedere in America a novembre e nelle prossime elezioni presidenziali. In sostanza l’inquilino della Casa Bianca non ha fatto altro che evocare l’ombra minacciosa di Donald Trump incombente da ambedue le sponde dell’Atlantico. Giorgia Meloni e gli alleati (compreso il Cav.) non possono negare di sentirsi più legati a Trump o a chi per lui che ai democratici Usa. Non è trascorso molto tempo da quando, nella primavera scorsa, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni svolse un intervento a Washington, alla Convention dei conservatori Usa, a cui partecipò anche l’ex presidente.

GIORGIA MELONI E IL SUO INTERVENTO ALLA CONVENTION DEI CONSERVATORI

Rivolgendosi in inglese alla platea, Meloni, unica italiana invitata all’evento, criticò l’attuale architettura dell’Unione Europea, definendola “un’entità non democratica imposta sulle nazioni europee da élite globali nichiliste guidate dalla finanza internazionale” che hanno portato “immigrazione senza controllo per distruggere l’identità europea e importare forza lavoro a basso prezzo, politiche di austerità che hanno indebolito l’economia reale a favore degli speculatori finanziari e creare un’economia globale senza regole che favorisce le compagnie multinazionali a discapito della produzione locale”.

Anche Salvini ai tempi del governo giallo-verde aveva varcato l’Oceano in cerca di legittimazione e di redenzione dall’accusa (assai fondata e provata) di filo putinismo, che in quel momento caricava di piombo le ali delle sue ambizioni.
Ancora “folgorante in soglio’’ (il Papeete venne dopo) il Conducator aveva avuto incontri istituzionali con il vice presidente Mike Pence e con il Segretario di Stato Mike Pompeo. E dopo l’incontro nella White House presidenziale, non si era privato di una stoccata all’Unione Europea.

“Abbasseremo le tasse con le buone o… Con le buone, l’Europa se ne deve fare una ragione”, aveva sottolineato Salvini, che a Pence aveva “ribadito il diritto-dovere del governo italiano ad abbassare le tasse”. Non si è mai capito bene se avesse incontrato Trump o se il suo fosse millantato credito, giacché il Donald, interpellato in proposito, dichiarò di non conoscerlo. Maggior fortuna toccò invece a Giuseppe Conte, che ricevette persino un’ investitura direttamente dalla Casa Bianca (col nome di “Giuseppi”) nel momento del suo secondo governo. Immaginiamo dunque che Biden si ricordi oggi di questi affettuosi sensi tra il suo rivale e il leader italiano di un partito all’opposizione e che – quando osserva preoccupato all’esito del voto in Italia – non si riferisca soltanto alla maggioranza di centrodestra. Del resto, Salvini è un passionale. Non ha il senso della misura.

LA GUERRA IN UCRAINA E I COMMENTI PRO TRUMP DI MATTEO SALVINI

Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, il “pacifista’’ Salvini sostenne (Ridateci Trump!) che con il predecessore di Biden “non ci saremmo ritrovati in guerra”.  E forse non aveva torto, perché Trump avrebbe lasciato a Putin – suo grande elettore – le mani libere, anche per punire Zelensky il quale si era rifiutato di fornirgli la documentazione che – secondo Trump – avrebbe incastrato Biden per via degli affari del figlio in Ucraina (le colpe dei figli – in un mondo rovesciato – ricadono sui padri).

Di certo se fosse ancora alla Casa Bianca il Donald non avrebbe inviato alla resistenza ucraina neppure una cerbottana o una fionda. In ogni caso, il governo Meloni rimane sotto osservazione. Ma sono i governi europei ad essere più guardinghi. Qualche esponente politico si è spinto fino a chiedere l’espulsione di Silvio Berlusconi dal PPE: il che sarebbe un errore clamoroso perché Forza Italia ha i numeri per opporsi ad una deriva antieuropeista. E il Convento non passa nulla di meglio.

In effetti, questo episodio minore della cronaca di cui abbiamo parlato, mette in evidenza un dato di fatto che è poi il vero punto critico dell’esito delle elezioni italiane: la nuova maggioranza può essere atlantista in politica estera, ma euroscettica nel Vecchio Continente. Chi è più atlantista e meno europeista dei Paesi di Visegrad? E potrebbe anche succedere (come ha detto lo stesso Biden: “non potete essere ottimisti neppure su cosa accadrà qui”) che tra qualche anno torni a spirare, dall’altro lato dell’Atlantico, un vento ostile all’Unione europea.


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