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Joe Biden al pirmo giorno del vertice Nato a Bruxelles

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IL SUMMIT del Consiglio Atlantico, ieri riunito a Bruxelles, non sarà ricordato per le sue decisioni, ma per la presenza distensiva di Biden. Esso segna nella Nato la fine dell’era Trump, caratterizzata dalla sua affermazione dell’obsolescenza dell’Alleanza e delle sue pesanti critiche agli alleati per i loro ridotti bilanci della difesa. Alle pressioni di Trump gli alleati avevano risposto con le fantasie dell’autonomia strategica dell’Europa, sebbene esse non fossero prese sul serio neppure da Parigi.  

LA NATO NON DIVENTERÀ UN’ALLEANZA GLOBALE

Con Biden la situazione è mutata. Lo è nei toni. Non nella sostanza. Pur restando impegnati in Europa, il centro di gravità strategico degli Usa rimane nell’Indo-Pacifico. La Cina è e rimarrà a lungo il rivale degli Usa per l’egemonia mondiale. La Nato non si trasformerà in un’alleanza globale, estendendo la sua area di competenza – coperta dall’articolo 5 del Trattato di Washington – all’Indo-Pacifico. Al recente G-7 della Cornovaglia Biden non è riuscito ad “arruolare” gli europei in quella che è stata definita la “seconda guerra fredda” fra gli Usa e la Cina. La “Lega delle Democrazie” non si trasformerà in un’alleanza, tanto meno in una militare. I “distinguo” riguardo ai rapporti di competizione/cooperazione con Pechino, fatti da vari Stati europei, sono chiari.

È probabile che  Biden non insisterà più di quel tanto sulla necessità di contrastare le autocrazie e la Cina. Si limiterà a sottolineare il fatto che gli impegni nell’Indo-Pacifico assorbiranno consistenti risorse militari americane. Dirà che gli Usa sperano che gli europei rispettino gli impegni presi nel 2014 di spendere per la difesa collettiva almeno il 2% del loro Pil nel 2024 (solo un terzo ha raggiunto i traguardi previsti per il 2021).  

Quindi, essi debbono provvedere maggiormente alla difesa comune delle loro periferie orientali e meridionali, premessa anche della credibilità della dissuasione estesa Usa. Forse, userà toni aspri, a uso e consumo dell’opinione pubblica statunitense. Sa comunque che nelle economie del dopo-Covid sarà difficile un aumento dei bilanci della difesa. Biden dichiarerà anche che apprezzerà l’invio di qualche nave europea per il pattugliamento dei Mari Cinesi Meridionale e Orientale. Chiederà che gli alleati rivolgano la loro attenzione alla penetrazione cinese (e russa) nelle aree d’interesse dell’Alleanza (incluso il 5G) e che, soprattutto, evitino il trasferimento alla Cina di Controllo tecnologico Usa del sistema Nato di difesa e di dissuasione collettiva, estendendo nel Concetto Strategico al cyberspazio la possibilità d’attivazione dell’articolo 5 del Trattato.  

Si riempirebbe così un “buco” determinato dallo sviluppo delle nuove tecnologie degli attacchi cibernetici e dalla vulnerabilità delle reti. Il Concetto Strategico oggi in vigore – con i suoi 8 capitoli e 32 paragrafi – è sufficientemente flessibile per incorporare tale adeguamento senza essere riscritto.  

INUTILE CREARSI TROPPE ILLUSIONI

Dal summit non vi era da attendersi molto di più, se non solenni riaffermazioni della volontà di rispettare gli impegni dell’Alleanza e di cooperare soprattutto nel campo delle nuove tecnologie, delle attività spaziali e, come abbiamo ricordato, nel cyberspazio. L’esperienza insegna come le decisioni serie su argomenti specifici vengano prese in incontri bilaterali fra gli Usa e i singoli Stati membri. Lo sono, ad esempio, la situazione in Libia, dell’attivismo di Ankara in quel Paese e nel Mediterraneo Orientale e le sue controversie con l’Italia, la Francia, la Grecia e Cipro. Il problema che maggiormente interessa l’Italia è quello della Turchia e della sua invasiva influenza militare in Libia. Sembra che Ankara abbia convinto il nuovo governo libico a rinunciare all’importazione di armi dall’Italia. In tali accordi prevarrà sempre, da parte di Biden, l’interesse Usa.  

IL NODO BOLLENTE DELLA TURCHIA

Nel caso della Turchia, l’Italia rischia di avere qualche delusione. Ankara è troppo importante per Washington. È essenziale per l’accesso al Mar Nero e per il sostegno dell’Ucraina. Recentemente ha fornito alla Polonia decine di drones armati, provocando non solo le proteste di Mosca, ma l’invio in Cirenaica di un paio di dozzine di cacciabombardieri, che costituiscono una minaccia alle truppe e mercenari turchi attestati a Sirte.  

IL CONFLITTO IN UCRAINA E L’INCONTRO CON PUTIN

Nel summit un accenno anche  al problema del conflitto “dormiente” (ma non troppo!) in Ucraina e dei rapporti con la Russia di Putin. Per quest’ultima occorrerà attendere l’incontro a Ginevra di mercoledì fra Biden e Putin. Un segnale distensivo al riguardo sia della Russia che della Germania è già venuto dagli Usa. Non chiederanno più la chiusura del Nord Stream 2, né sottoporranno a sanzioni le imprese tedesche che lavorano al contestato gasdotto.  

Nell’incontro con Putin, Biden – che lo ha definito “assassino” – non cercherà di riattivare il “triangolo di Kissinger”, cioè di distaccare Mosca da Pechino. E’ interessato ad accordi sul controllo delle armi nucleari strategiche e sulla non-proliferazione, forse anche in Iran. Sa che sull’Ucraina non potrà raggiungere un accordo. Meglio accontentarsi di quanto è possibile, anche per non creare problemi con gli europei legati a Mosca dall’energia, dalle materie prime e dal commercio.


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