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LE ISTITUZIONI europee raggiungono l’accordo sul green pass per il Covid-19 per far ripartire il turismo. I test dovranno avere costi accessibili per tutti i viaggiatori in Europa. È il risultato di una difficile battaglia del Parlamento Ue con il Consiglio. L’Eurocamera ha battuto le resistenze dei governi frugali.

L’ACCORDO

La Commissione europea si impegna a mobilitare «almeno 100 milioni di euro» nell’ambito dello strumento di sostegno alle emergenze per l’acquisto di test per il Covid-19 che dovranno essere utilizzati dai cittadini come prova per il certificato verde. Proprio su questo punto, il contributo Ue al pagamento dei test per renderli universalmente accessibili, negli scorsi giorni l’Olanda aveva fatto trapelare le proprie critiche. Il documento sarà disponibile anche in carta, non sarà quindi solo digitale, perché possa essere utilizzato da tutti i cittadini indipendentemente dai propri mezzi o capacità tecnologiche.

I cittadini, infatti, potranno utilizzare questo “passaporto” per attraversare i confini all’interno della Ue allegando una prova di aver ottenuto il risultato di un test negativo, di essersi vaccinati o di essere guariti dal Covid. «Ciò dovrebbe giovare in particolare alle persone che attraversano le frontiere quotidianamente o frequentemente per andare al lavoro o a scuola, visitare parenti stretti, cercare cure mediche o prendersi cura dei propri cari» scrive in una nota il Parlamento europeo appena dopo l’approvazione del green pass. Inoltre i negoziatori hanno concordato che, se necessario, dovranno essere mobilitati «finanziamenti aggiuntivi superiori a 100 milioni di euro, previa approvazione delle autorità di bilancio».

LA BATTAGLIA SUI TAMPONI

Proprio la possibilità di ricorrere a un contributo europeo per finanziare i tamponi aveva scatenato i malumori dell’Olanda, a capo dei “Paesi frugali” (Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia), sollevando anche su questa questione una battaglia tra Nord e Sud Europa. Nei giorni scorsi un portavoce del ministro della salute dei Paesi Bassi, aveva confermato a DutchNews.nl che l’Olanda si sarebbe opposta alla richiesta degli eurodeputati di rendere gratuiti i tamponi per i viaggiatori che intendono recarsi in altri Paesi dell’Ue.

«Vari Stati, compresi i Paesi Bassi, affermano che i costi per le persone che vogliono fare un test per andare in vacanza non dovrebbero essere pagati dalla società in generale», ha detto alla stampa il portavoce. La Commissione europea non aveva fatto riferimento alla gratuità dei test per i viaggiatori o per persone che si spostano per motivi di lavoro da un Paese all’altro. Ma questa richiesta era stata avanzata dai parlamentari europei per evitare possibili discriminazioni tra i cittadini. Il Parlamento europeo aveva infatti reagito all’ipotesi del certificato verde affermando che gli Stati «dovrebbero garantire test universali, accessibili, tempestivi e gratuiti» .

Il Parlamento europeo aveva dunque chiesto inizialmente la gratuità dei test, poi aveva cercato di mediare chiedendo che i costi, che diversi Stati non volevano sopportare sulle proprie spalle, fossero sostenuti almeno da finanziamenti Ue ricorrendo allo strumento di aiuto per le emergenze. Ma anche su questo i governi erano divisi. Dopo cinque ore di colloqui, oggi finalmente si è arrivato a un compromesso che in parte va incontro alla posizione dell’Europarlamento, almeno nel venire incontro alle spese che i cittadini devono sostenere per eseguire un test per viaggiare.

IL RISCHIO DEL BLOCCO

Un risultato che, secondo il presidente della commissione Affari interni del Parlamento Ue, Juan Fernando Lopez Aguillar, non era affatto scontato: il rischio era che il Consiglio restasse bloccato sulla situazione attuale. «Sebbene l’accordo raggiunto oggi non soddisfi pienamente le richieste del Parlamento europeo, significa certamente un importante miglioramento dell’attuale status quo per milioni di cittadini della Ue. Questo accordo è il primo passo per rimettere in sesto l’area Schengen».

I governi avevano pronto un piano B lasciando agli Stati la possibilità di decidere ognuno per proprio conto sulle restrizioni alla libertà di movimento, come è successo nell’ultimo anno, tramite quarantene e test per l’ingresso in uno Stato. I governi, infatti, non intendevano cedere di un passo sulle competenze nazionali in materia sanitaria e di gestione delle frontiere. Invece, i negoziatori hanno alla fine concordato per un quadro normativo comune che consentirà agli Stati membri di rilasciare certificati che saranno poi accettati in altri Paesi europei.

IL REGOLAMENTO

Il regolamento del certificato digitale Covid dell’Ue dovrà essere in vigore per dodici mesi. Si tratterà di tre certificati distinti (Vaccino, test o guarigione). Proprio i Paesi del Sud Europa premevano perché si arrivasse a un regolamento, che quindi avesse una valenza vincolante, preoccupati che si arrivasse ad approvare solo una semplice raccomandazione. In conferenza stampa, il presidente della commissione Affari interni chiarisce: «Ulteriori restrizioni di viaggio» come quarantena, test o autoisolamento, »saranno possibili solo se debitamente giustificate, a meno che non siano necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica».

Le prove scientifiche disponibili per giustificare le misure, compresi i dati epidemiologici pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) dovranno essere prese in considerazione. Tali misure dovranno essere notificate agli altri Stati membri e alla Commissione al più tardi con quarantotto ore di anticipo. Gli Stati membri «dovranno accettare certificati di vaccinazione rilasciati in altri Stati membri per le persone vaccinate con dosi autorizzate dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema) (attualmente Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Janssen)».

Mentre spetterà poi agli Stati decidere se accettare anche certificati di vaccinazione da altri Paesi Ue seguendo le procedure nazionali di autorizzazione di emergenza per i vaccini elencati dalla ‘Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Il testo concordato sarà ora sottoposto alla commissione Affari interni dell’Eurocamera il 26 maggio e poi in plenaria nella sessione di giugno e poi al Consiglio per l’approvazione.


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