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Quello di diversi virologi nelle settimane scorse è stato un coro unanime: «Con l’apertura delle scuole ci saranno nuovi focolai». La prima campanella è risuonata (quasi) dappertutto da pochi giorni, eppure la previsione sembra essere già stata indovinata. Alla data di mercoledì scorso, 23 settembre, erano 390 le scuole coinvolte da casi di Covid. Prima del 14 settembre, data del ritorno in classe per la maggior parte degli istituti italiani, erano soltanto 23.
A rendere pubblici questi dati, in assenza di un monitoraggio ufficiale, è una piattaforma online creata da due giovani: Lorenzo Ruffino, studente di Economia a Torino, e Vittorio Nicoletta, dottorando di Sistemi decisionali in Quebec. Intervistato da “Open”, Ruffino dice che al momento sono stati individuati 33 focolai scolastici, mentre altri 16 sono ancora in corso di valutazione. Più casi nelle scuole superiori (il 27% del totale), a seguire la scuola primaria (il 25,6%). Nella tabella elaborata dai due giovani studiosi, è possibile anche verificare le disposizioni prese per ogni singolo caso: isolamento di una classe, di più classi, dell’intero istituto oppure nessun provvedimento.

DIDATTICA A DISTANZA

Quando la decisione a seguito della positività di uno studente è di sigillare un’intera classe, è diffuso il ricorso alla didattica a distanza (Dad). Seguire le lezioni da uno schermo è ciò che dovranno fare almeno fino all’8 ottobre gli studenti della II G del liceo classico “Mario Cutelli” di Catania. Qui è stato accertato un caso di contagio da Covid di uno studente, così la dirigente scolastica Elisa Colella ha annunciato agli alunni che «seguiranno le attività didattiche a distanza sulla piattaforma G-Suite nella relativa classroom, secondo l’ordinario orario curricolare». Eppure non sempre è possibile affidarsi alle lezioni da remoto. Lo testimoniano plasticamente i risultati di un’indagine del CENSIS dell’aprile scorso cui hanno partecipato 2.812 dirigenti scolastici (su 6.792 totali) distribuiti in modo omogeneo in tutto il Paese. L’11,2% dei dirigenti coinvolti ha dichiarato che al momento della rilevazione tutti gli studenti erano coinvolti in attività didattiche a distanza. Sono quattro su dieci i dirigenti che hanno dichiarato che durante la didattica a distanza più del 5% degli studenti si è disperso. Percentuale che tende a salire nelle aree del Mezzogiorno, dove il 22,9% dei rispondenti ha affermato che il totale degli studenti che si è sottratto a questo tipo di didattica supera il 10%.

BAMBINI PIÙ IMMUNI

Del resto, dati Istat 2018-2019 alla mano, il 33,8% delle famiglie non possiede né un computer né un tablet in casa e risulta che 850mila ragazzi tra i 6 e 16 anni non hanno un device per studiare. Di questi, più della metà risiede nel Sud Italia. Il rischio di dispersione, pertanto, aumenta allorquando non tutti possiedono gli strumenti per stare al passo con le lezioni.

In attesa che il gap tecnologico si assottigli, non resta che sperare che i casi tra gli studenti restino contenuti. Incoraggianti in questo senso i dati della rilevazione di massa per gli anticorpi anti-Covid eseguita con test rapido pungidito presentati dal prof. Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale “Sacco” di Milano.

La rilevazione è avvenuta a Castiglione d’Adda, nel Lodigiano. «Abbiamo testato 4150 persone su 4600 abitanti – ha spiegato Galli -. Il risultato è che meno di un quarto dei cittadini si sono infettati. Ma, soprattutto, qui se andiamo a vedere quanto si siano infettati nelle varie classi di età, risulta che nei bambini sotto i 10 anni, meno del 10 per cento è stato contagiato mentre nei soggetti molto anziani vediamo contagi per più del 40 per cento». Galli ha dunque sottolineato che «i bambini non solo si ammalano meno frequentemente degli adulti ma si infettano anche di meno, sono, quindi meno suscettibili all’infezione da coronavirus. E questo – ha concluso Galli – è molto confortante in questi giorni di riapertura delle scuole».


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