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SOVRANITA’ a rischio. Il conto alla rovescia è già cominciato verso il tempo zero in cui emergerà chiaramente il commissariamento dell’Italia. La scadenza possiamo indicarla, all’incirca, ad aprile dell’anno prossimo quando la Bce concluderà il programma di sostegno al debito (Pepp). Si può prevedere che circa la metà (900 miliardi) dei Btp in circolazione saranno in mano alla banca centrale e un altro terzo (almeno 400 miliardi) nei portafogli di operatori stranieri. In gran parte francesi (prevedibilmente fra 250 e 300 milioni) considerando il gran peso che le banche parigine hanno assunto nel sistema creditizio italiano: possiedono Bnl (un tempo la più grande banca italiana ora finita a Bnp Paribas) e Cariparma, oggi Credit Agricole, che ha acquistato anche il Credito Valtellinese. Senza contare naturalmente Borsa Italiana rilevata dal consorzio franco-olandese Euronext.

Difficile, in queste condizioni parlare ancora di sovranità nazionale: se le dita che stringono i cordoni della cassa appartengono ad una mano con articolazioni lontane è difficile parlare ancora di autonomia e indipendenza.

E non finisce qui. Fra un anno presumibilmente sarà in pieno corso l’erogazione dei fondi provenienti dalla Ue. Almeno 310 miliardi tra Recovery Plan (209 miliardi), Sure (20 miliardi), finanziamenti Bei e altri fondi ordinari della Ue. Complessivamente un centinaio di miliardi l’anno fino al 2026 e oltre. Un gigantesco salvagente che più volte è stato paragonato al Piano Marshall. Un ricordo che non è solo economico ma anche politico. Gli aiuti stanziati settant’anni fa dagli Stati Uniti avevano principalmente il compito di tenere l’Italia ancorata al blocco occidentale fermando l’avanzata del Pci.

Oggi il Recovery Fund è funzionale al commissariamento evitando che il disordine finanziario di Roma metta in crisi l’euro e quindi l’economia globale. Da allora sarà sempre più difficile fare spallucce dinanzi alle ammonizioni del super falco baltico Valdis Dombrovskis oppure ignorare i frequenti rimproveri di Jens Weidmann, governatore della Bundesbank. A partire dal 2022 la Ue ricomincerà a parlare di Patto di Stabilità. Difficile per il governo italiano invocare ancora margini di indipendenza e di autonomia.

Se dalla Ue chiederanno la riforma della giustizia, lo snellimento della burocrazia e l’abolizione di quota 100 non resterà che adeguarsi. E non sarà necessario l’intervento del Consiglio Ue, come previsto dalla governance del Recovery Fund, per indicare la strada. Basterà qualche rapida scudisciata dello spread. Si è visto venerdì quando i mercati hanno prezzato il debito italiano peggio di quello greco. Né vale dire che la politica non può farsi condizionare dall’animosità dei mercato finanziari. Per un debitore, come l’Italia, che mediamente emette un miliardo di debito al giorno non ci sono spazi di autonomia. Fino a quando c’è la Bce che compra va tutto passabilmente bene. Quando la Banca si ritirerà o renderà più leggera la sua presenza è facile immaginare che tornerà la danza macabra dello spread. Esattamente come accaduto nel 2011. Ma probabilmente anche peggio.

A questo dobbiamo aggiungere le incognite sullo stato di salute del sistema produttivo. Gli interventi di sostegno da parte del governo e il blocco dei licenziamenti hanno impedito, finora di controllare la profondità delle ferite. Però qualche piccola avvisaglia comincia a rendersi evidente. Siamo ancora a gennaio e già in Borsa sono arrivati i primi aumenti di capitale. Il più importante, e inatteso, è quello di Autogrill che ha chiesto 600 milioni. Il colosso della ristorazione di proprietà della famiglia Benetton è stato pesantemente impattato dal covid considerando il crollo del traffico aereo.

Tuttavia non c’erano segnali che la situazione fosse così grave. La domanda è ovvia: se soffre una multinazionale che cosa ne sarà dei “piccoli” molto concentrati sull’Italia? I dati di Refitiv hanno fanno sapere che gli investimenti francesi nel nostro Paese nell’ultimo anno sono triplicati seguiti da quelli americani. Facile immaginare che il rilancio di Alitalia sarà una questione privata tra i tedeschi di Lufthansa e gli americani di Delta fortemente interessati a controllare il traffico della seconda manifattura italiana.

Perché poi, da secoli il problema dell’Italia è sempre lo stesso: una terra economicamente forte ma politicamente fragile. Il Rinascimento non poteva essere diverso visto che Firenze, Milano e Venezia in quel momento erano le città più ricche del mondo.

La discesa di Carlo VIII dimostrò che un esercito in armi partito dalla Francia poteva raggiungere Napoli e tornare indietro senza incontrare apprezzabili resistenze. Da quel momento cominciarono le guerre che avrebbero fatto dell’Italia “un’espressione geografica”. Passarono un paio di secoli prima che arrivasse Cavour.


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