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Paolo Rossi

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Un destino tricolore quello di Paolo Rossi. Nella Nazionale, si sa. Ma il suo impegno in Alleanza nazionale – candidato alle Europee nelle liste di Gianfranco Fini – passa quasi sotto silenzio. Nessuno ne parla in queste ore di amarcord del «ragazzo come noi».

NELLA LISTA CON FINI

Corre l’anno 1999, il centrosinistra è al governo con il primo esecutivo a guida Massimo D’Alema, il centrodestra di Silvio Berlusconi studia come ritornare a Palazzo Chigi ma deve cimentarsi alle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo.

Nel frattempo gli eredi del Movimento sociale italiano capitanati da Gianfranco Fini, leader di Alleanza nazionale e alleato del Cavaliere, si cimentano nell’esperienza non proprio felice dell’Elefantino: una lista unica assieme al Patto Segni con un esplicito richiamo al partito repubblicano statunitense, sul cui modello Fini e Segni avrebbero voluto investire per far nascere in Italia un grande partito liberale di centrodestra.

COLLEGIO A NORD-EST

Ecco, proprio in quei giorni nasce la candidatura di un certo paolorossi tutto attaccato, il capo cannoniere del Mundial di Spagna del ‘82, l’autore della celebre tripletta al Brasile di Falcao, il centravanti di Vicenza, Juventus, Milan e Verona. Gastone Parigi, europarlamentare e dirigente pordenonese di An, si mette in testa che ci sarebbe voluto un bomber di razza, per di più campione del mondo, per sbancare nella circoscrizione del Nord-Est.

Il primo pensiero di Parigi è: «Qui ci vuole Pablito». E Pablito si tuffa come se dovesse colpire una palla di testa nell’area piccola di rigore. Gastone incontra Paolo e poi entrambi si recano da Gianfranco Fini. Dalle parti di An si leva subito un’esultanza da curva. Perché Paolo Rossi è un eroe nazionale, riconosciuto dal mondo intero per le sue gesta calcistiche, per la sua acclarata moderazione. Mai un’uscita fuori luogo, sempre elegante, sempre sincero, sempre puntuale.

STILE E CLASSE

Ammette l’ex segretario di An: «Per noi fu un orgoglio anche perché la sua candidatura è nata in prima luogo da una certa simpatia nei nostri confronti». Ricorda ancora Fini: « Era una persona simpatica, intelligente, equilibrata. Fu una sorpresa per tutti noi e si fece ben volere».

Un altro protagonista di quella stagione, come Ignazio La Russa, racconta con un filo di malizia che «si è rivelato un signore anche in quella circostanza».

Perché? «Perché se candidi Pablito devi lottare per farlo eleggere. Ebbe tanti voti ma ce ne sarebbero voluti di più per farsi eleggere. Tuttavia non si trova una sua dichiarazione del tipo: “Ho commesso un errore a candidarmi”. Un signore in campo e fuori. Punto».

Il legame con il partito di via della Scrofa rimane anche negli anni a seguire ma sempre con il garbo e con il distacco del signor Paolo Rossi. Eppure c’è un dettaglio che più di ogni altro rivela la grandezza del «ragazzo come noi»: «Se avessimo candidato chiunque altro – osservano da via della Scrofa – sarebbe stato tacciato di fascismo. Ma nel caso di Paolo non fu possibile perché Paolo era un mito».


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