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Una portacontainer attraversa il Canale di Suez

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LA GUERRA del cibo. Con il conflitto in Ucraina le materie prime agricole, a fianco di quelle energetiche, sono diventate strategiche al pari delle armi, centrali anche nei negoziati tra le parti. E’ rimasta epica la mediazione del leader turco Erdogan che ha incassato nei giorni scorsi i ringraziamenti della premier Giorgia Meloni per la trattativa svolta sul grano ucraino.

I conflitti nell’era dell’intelligenza artificiale si giocano dunque anche con le più tradizionali delle “armi”, grano, fertilizzanti, olio. E ora il copione si ripete nel nuovo teatro di guerra nel Medio Oriente. Gli attacchi delle navi nel Canale di Suez hanno rivoluzionato le rotte con trasporti marittimi allungati e costi dei noli impennati. E inevitabili conseguenze sui prezzi dei prodotti alimentari che solo in questi ultimi mesi, anche se ancora molto lentamente, stanno tornando su livelli un po’ meno stellari.

Ma nella guerra del cibo, l’emergenza è doppia: sul fronte dell’export che rischia di perdere colpi e su quello dell’import con ricadute sulle quotazioni delle commodity. Le ottime performance dell’export italiano di cibi e bevande schizzato a circa 64 miliardi nel 2023, un valore record (+6% sull’anno precedente), evidenziano una capacità delle imprese italiane non solo a rafforzare la presenza del made in Italy sui mercati tradizionali, ma anche a diversificare gli sbocchi. Ed ecco dunque che il nostro Paese si trova a pagare un conto pesante per l’insicurezza della rotta verso l’Oriente. L’export agroalimentare italiano – ha evidenziato uno studio della Coldiretti sui flussi delle spedizioni – ha raggiunto in Asia quota 5,5 miliardi nel 2023. E il 90% delle merci ha viaggiato lungo le vie del mare. Oggi per gli attacchi degli Houthi dello Yemen contro le navi nel Mar Rosso questo fondamentale “passaggio” è diventato impraticabile. L’allungamento delle rotte marittime tra Oriente e Occidente, ha portato ad aumenti vertiginosi del costo dei trasporti marittimi e dei tempi di percorrenza.

Non solo i noli sono schizzati in alto, ma per i prodotti deperibili, come l’ortofrutta fresca, ci sono anche problemi di conservazione. Tutte vittime collaterali della guerra del cibo. Tra le spedizioni nell’area asiatica spiccano ortofrutta fresca e trasformata per un valore attorno al miliardo, ma anche pasta e prodotti da forno per 800 milioni, dolci per altri 400 milioni e vino per oltre mezzo miliardo. L’analisi della Coldiretti ricorda infatti che la Cina si contende con gli Stati Uniti il primato nel consumo di vini rossi di cui l’Italia è tra i primi tre fornitori.

Ma se il nostro Paese soffre per i blocchi all’export, il quadro non è migliore per quanto riguarda le importazioni. Dall’Asia infatti arrivano i fertilizzanti che nel 2023 hanno raggiunto un valore di circa 200 milioni. L’agricoltura nazionale è fortemente dipendente da questi fondamentali fattori della produzione. Già con il conflitto in Ucraina era arrivata una stangata per le aziende agricole (oltre il +100%) e ora con il nuovo fronte gli aumenti potrebbero riproporsi. L’Italia acquista infatti dai Paesi asiatici il 15% del totale dei fertilizzanti utilizzati. Ad essere interessati sono soprattutto i concimi idrosolubili che vengono impiegati nella fertirrigazione e per i quali si avvertono già le prime tensioni sui prezzi. In Europa invece la Russia è il primo esportatore al mondo di fertilizzanti con una media produttiva annua di 50 milioni di tonnellate. Altri importanti produttori sono la Bielorussia e l’Ucraina. L’Italia dunque acquista da più paesi, tra i big c’è anche l’Egitto per le forniture di fertilizzanti azotati. Con due scenari di guerra aperti l’alimentare rischia un nuovo exploit dei costi produttivi.

Un aspetto incoraggiante è la stabilità (per ora) dei beni energetici che sono particolarmente sensibili anche per i processi produttivi agricoli. Congiuntura Flash di Confindustria ha evidenziato infatti che, nonostante il 2024 si sia aperto con ulteriori rischi per i flussi commerciali, “i prezzi di gas e petrolio non ne hanno risentito finora, ma restano alti: a gennaio 31 euro/mwh e 78 dollaro/barile”. Ma i problemi sono dietro l’angolo. Intanto l’inflazione che mentre si sta decisamente ridimensionando in Italia, secondo l’analisi di Viale dell’Astronomia, non sta avendo lo stesso iter in Europa. E’ infatti balzata in Germania (+3,8% da +2,3%) e Francia (+4,1% da +3,9%), tanto che nella media Eurozona è risalita al +2,9% (da +2,4%). Il divario è spiegato soprattutto dalle diverse traiettorie dei prezzi energetici, che ora calano molto di più in Italia (-24,7%) che in Europa (-6,7%).

Ma quanto potrà durare questo stato di cose? La storia di questi ultimi anni, dalla pandemia in poi, ha insegnato che basta uno stormire di fronde per accendere tensioni difficili da disinnescare. Il caro energia esploso con il conflitto in Ucraina solo da qualche mese è stato domato, ma ora tocca alla guerra del cibo e per quanto riguarda l’agroalimentare l’impatto della crisi nell’Europa dell’Est non è superata. Solo pochi giorni fa infatti il Copa-Cogeca (il coordinamento delle organizzazioni agricole e cooperative della Ue) con altre cinque Organizzazioni di produttori agricoli Ue, ha inviato una lettera alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nella quale si chiede un incontro per discutere le conseguenze dell’aumento delle importazioni di prodotti agricoli dall’Ucraina. La situazione del mercato viene infatti definita insostenibile. E secondo la missiva sarebbe in ballo addirittura la sopravvivenza dei produttori europei di cereali, semi oleosi, pollame, uova e zucchero. Sotto accusa una eventuale proroga del regolamento sulla liberalizzazione del commercio con l’Ucraina in scadenza a giugno di quest’anno. Il documento pone una serie di condizioni per l’apertura alle produzioni agroalimentari ucraine, da soglie massime di importazione a maggiori controlli alle frontiere per garantire l’ingresso di prodotti in linea con gli standard ambientali, fitosanitari e del benessere animale dei paesi dell’Unione europea.

La questione dovrebbe essere oggi tra i temi all’ordine del giorno del Consiglio agricoltura in programma oggi. A chiederlo è stata in particolare la delegazione della Polonia. Insomma oggi sembra davvero che una buona fetta del futuro del settore agroalimentare europeo (e italiano) si giochi sui teatri di guerra. Anche per la stretta connessione che c’è tra il cibo e la povertà acuita da conflitti e migrazioni.


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