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I carabinieri fuori dal covo di Matteo Messina Denaro

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Nel covo di Messina Denaro abiti griffati, viagra e arredi ricercati

PALERMO – C’erano anche viagra e preservativi, insieme a sneakers griffate e orologi di lusso, a un televisore di ultima generazione e vestiti firmati, nell’appartamento, fornito di arredi ricercati, di via CB31, a Campobello di Mazara, dove viveva da almeno sei mesi il boss Matteo Messina Denaro, arrestato l’altro ieri nella clinica Maddalena di Palermo mentre si sottoponeva a cure oncologiche.

L’abitazione utilizzata dall’ormai ex superlatitante, situata in una zona periferica lungo la strada che porta a Castelvetrano, feudo dell’ultimo capo dei capi, è stata perquisita dai carabinieri. «Abbiamo le nostre riserve sul fatto che possa essere passato inosservato», ha detto il procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia.

Nessuna segnalazione, però, sarebbe arrivata dal territorio. «Io stesso non l’ho mai visto – sottolinea il sindaco Giuseppe Castiglione, il primo cittadino del centro del Trapanese in cui Messina denaro si nascondeva -. Se lo avessi incrociato, lo avrei subito denunciato. Dubito che girasse indisturbato per le vie della città. Immagino, invece, si sia mosso dentro le auto con persone che lo hanno aiutato e affiancato».

Tra questi c’è quel Giovanni Luppino, arrestato insieme al boss: è un commerciante di olio che possiede una piccola azienda agricola. E ieri l’amministrazione comunale di Campobello di Mazara ha promosso un flash mob all’istituto scolastico “Luigi Pirandello”. «È stata una giornata di festa per tutto il mondo scolastico, per gli alunni e gli insegnanti, ma non c’è stata una grande partecipazione dei cittadini – ammette Castiglione – e questo mi ha provocato parecchio sconforto, avrei voluto non dico una presenza totale ma certamente numerosa».

Intanto, con Messina Denaro in carcere le indagini proseguono per far luce sulla rete che ha garantito la sua latitanza, lunga 30 anni. «Chi lo ha coperto e aiutato, chi è stato al suo fianco è altrettanto colpevole e va perseguito», taglia corto il primo cittadino, che respinge l’immagine di una cittadina omertosa. Eppure là il boss ha vissuto l’ultimo periodo della sua latitanza.

Là era l’appartamento che risulterebbe di proprietà di Andrea Bonafede, l’alias utilizzato dal latitante anche per curarsi alla clinica dove è stato catturato. Il nome di Andrea Bonafede, nipote di un fedelissimo del boss, è stato iscritto nel registro degli indagati. L’ipotesi di reato è di favoreggiamento e associazione mafiosa. Il vero Bonafede sta parlando con i magistrati della Dda: dopo aver detto ai pm, che lo hanno sentito, di conoscere da una vita Messina Denaro, ha ammesso di aver comprato il covo di Campobello di Mazara con i soldi del super boss catturato.

Indagato anche Alfonso Tumbarello, il medico che aveva in cura il latitante. Tumbarello era stato candidato nel 2006 alle regionali nella lista (Casini-Udc) collegata a quella regionale “Per la Sicilia Cuffaro Presidente” a sostegno della candidatura di Totò Cuffaro. «Gli inquirenti accerteranno cosa c’entra il dottor Alfonso Tumbarello con Messina Denaro, ma è certo che non c’entra niente con me», afferma il commissario regionale della Dc Cuffaro.

Il boss intanto è stato trasferito nel carcere di Preturo dell’Aquila, dove proseguiranno le terapie per il tumore al colon, malattia da cui è affetto. Le terapie saranno eseguite dai medici del reparto di oncologia dell’ospedale San Salvatore. La Dda di Palermo ha chiesto l’applicazione formale del carcere duro, il 41 bis. L’istanza è firmata direttamente dal procuratore de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido, che hanno coordinato l’inchiesta per la cattura, denominata non a caso Operazione Tramonto.

Toccherà adesso al ministro della Giustizia Nordio firmare il 41 bis. Sono tanti i boss della criminalità organizzata passati nel carcere “le Costarelle” a l’Aquila. Tra questi Raffaele Cutolo (O professore), capo della Nuova camorra organizzata.


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