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Prezzi avanti tutta. L’accelerazione dell’inflazione riporta le lancette al 1990. La torrida estate che sta seccando i fiumi prosciuga anche i redditi degli italiani. L’indice Istat dei prezzi al consumo ha segnato infatti una nuova fiammata a maggio con un aumento dello 0,8% rispetto ad aprile e del 6,8% su base annua, a fronte del 6% del mese precedente.

A far impennare il livello dei prezzi sono ancora una volta i beni energetici (+42,6%) e quelli alimentari, che mettono a segno un +7,1% (+ 6,6% i lavorati e + 7,9% i non lavorati). «Gli elevati aumenti dei prezzi dei beni energetici – commenta l’Istat – continuano a essere il traino dell’inflazione (con quelli dei non regolamentati in accelerazione) e le loro conseguenze si propagano sempre più agli altri comparti merceologici, i cui accresciuti costi di produzione si riverberano sulla fase finale della commercializzazione.

Accelerano, infatti, i prezzi al consumo di quasi tutte le altre tipologie di prodotto, con gli alimentari lavorati che fanno salire di un punto la crescita dei prezzi del cosiddetto carrello della spesa che si porta a +6,7%, come non accadeva da marzo 1986, +7,2%)».

VISCO E LA BCE

A livello territoriale l’Istat ha rilevato una crescita inflazionistica in tutte le aree. Tra i capoluoghi si segnalano picchi a Bolzano (+9,1%), Trento (+9%), Catania e Palermo (+8,8% per entrambi), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Campobasso (+5,8%), Venezia (+5,8%) e Ancona (+5,6%). Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, intervenendo al convegno Young Factor del giovani editori, ha detto che alla Bce si sta procedendo a «una “normalizzazione” della politica monetaria con rialzi dei tassi per evitare che scappi di mano il genio dell’inflazione, che i prezzi crescano in modo incontrollato e che ci sia rincorsa tra prezzi e salari che alla fine danneggia i redditi reali», ribadendo così quanto detto nell’ultima assemblea di Bankitalia.

Secondo il governatore a pesare sull’inflazione è stato lo scoppio della guerra, che è avvenuto in una fase in cui «le quotazioni dei futures avevano continuato a scontare prezzi in discesa di petrolio e gas sino alla fine dello scorso anno». Poi il conflitto ha cambiato il quadro, così «le ripercussioni dei rincari dell’energia sull’inflazione – ha detto Visco – che erano quindi da valutare come temporanee per le attese diffuse di effetti base che sarebbero presto divenuti negativi, sono invece divenute più persistenti».

L’allarme è comunque alto, anche perché non si vedono all’orizzonte condizioni in grado di alleggerire il clima di profonda incertezza. Secondo le previsioni dell’Ufficio studi della Confcommercio non ci saranno discese del tasso d’inflazione per tutta l’estate, e dunque sono confermati i rischi di arrivare al 7%. Il Codacons ha bollato la situazione come «una vera e propria emergenza nazionale che avrà effetti pesanti sull’economia e sulle condizioni economiche delle famiglie». Il Codacons stima per le famiglie una stangata da 2.089 euro annui che sale a 2.713 per nuclei con due figli. E la situazione potrebbe peggiorare per l’escalation dei carburanti.

CARBURANTI E ALIMENTARI

Sui mercati europei, infatti, non si ferma la corsa del gas: ieri ad Amsterdam il listino di riferimento, e cioè il metano, è salito del 18% e nelle ultime tre sedute il prezzo del gas è cresciuto di quasi il 70%.

In particolare, dopo il nuovo taglio di forniture di Gazprom attraverso Nord Stream, il gas all’hub olandese Ttt ha segnato un altro rialzo del 21,327%. E la volata dei prodotti energetici si abbatte sul carrello della spesa. Secondo l’analisi della Coldiretti ogni famiglia subirà un aggravio di oltre 320 euro solo per la tavola. L’organizzazione agricola ha anche tracciato una mappa dei prodotti più cari. Al primo posto la verdura, che con un onere di 80 euro precede pane, pasta e riso (+60 euro). A seguire carni e salumi, con un aumento di 55 euro sul 2021. Se i prezzi per le famiglie corrono – ha denunciato Coldiretti – l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare, a partire dalle campagne dove più di un’azienda agricola su 10 è senza ossigeno.

In agricoltura si registrano infatti aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio. Per il presidente dell’organizzazione agricola, Ettore Prandini, bisogna accelerare sui progetti di filiera e, soprattutto, è necessario intervenire tempestivamente per contenere il caro energia e i costi di produzione e salvare aziende e stalle, rendendo comunque strutturali le azioni. Se fare la spesa sarà un salasso, il pieno di benzina diventa sempre più un lusso. Dall’elaborazione di Uecoop (Unione nazionale delle cooperative) sui dati del ministero dello Sviluppo economico emerge infatti che per il rifornimento dell’auto con benzina e gasolio, che hanno sfondato i due euro al litro in diverse stazioni di rifornimento, si dovranno spendere 600 euro in più a famiglia.

A giugno il pieno, secondo Uecoop, costa il 25,5% in più rispetto al 2021 e va ancora peggio con il diesel, rincarato del 32%. Il caro carburanti frena gli spostamenti delle famiglie ma si scarica a valanga anche sulla spesa alimentare, tenendo conto che in Italia l’85% delle merci viaggia su gomma e dunque condiziona i costi degli approvvigionamenti. Assoutenti , che parla di «sciagura per le tasche dei consumatori» è tornata a chiedere al governo «provvedimenti urgenti a tutela delle famiglie e del loro potere d’acquisto», in particolare il blocco dei prezzi dei carburanti e le tariffe amministrate per alimentari ed energia.

GRANO E SPECULAZIONI

Resta poi in primo piano la questione grano su cui è intervenuto ancora una volta ieri da Kiev il premier Mario Draghi. Il blocco dei cereali ucraini, al di là dell’impatto drammatico sulla sicurezza alimentare mondiale, soffia anche sulla speculazione. Intanto, però, in Italia, secondo le ultime rilevazioni di Borsa merci telematica italiana, si è allentata la tensione sui listini dei grani teneri nazionali, anche se restano comunque alti.

Il frumento tenero per il pane nella prima settimana di giugno si è attestato a 390 euro la tonnellata, con un balzo del 66% rispetto allo stesso periodo del 2021 e +21% dallo scoppio del conflitto in Ucraina. Bmti ha comunque evidenziato la notevole incertezza sul trend delle prossime settimane su cui pesano da un lato la vicenda dell’export del prodotto stoccato nel porto di Odessa, dall’altro i timori per i prossimi raccolti. In Italia la Coldiretti ha stimato un calo tra il 10 e il 30% e, secondo Borsa merci telematica italiana, anche in Europa centro occidentale ci potrebbero essere delle criticità a causa delle alte temperature e della carenza di acqua.


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