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la sede della Bce

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Dal 2008, anno in cui in realtà è iniziata una fase recessiva preoccupante, non solo per il nostro Paese ma per l’intero sistema economico internazionale, si sono susseguiti tanti eventi che hanno fatto uscire dalla “normalità” tutti i canoni tipici di ciò che definivamo attività ordinaria dell’assetto socio economico del Paese. Addirittura il 5 agosto del 2011 la Banca Centrale Europea inviò una lettera al nostro Paese, firmata dal Governatore uscente Jean Claude Trichet e da quello entrante Mario Draghi, in cui metteva in evidenza le misure ritenute urgenti per evitare un tragico collasso del Paese e dell’Euro. Questa nota riservata partiva a valle di una drammatica crisi delle borse europee e un forte ampliamento del differenziale tra i tassi sui titoli italiani e quelli tedeschi (spread).

Ricordo quali erano i punti essenziali di tale nota in cui si chiedevano:

  • 1. Misure significative per accrescere il potenziale di crescita, aumentando la concorrenza, particolarmente nei servizi, migliorando la qualità dei servizi pubblici, ridisegnando i sistemi regolatori e fiscali affinché fossero più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.
  • 2. «Piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. In particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala. Riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende»
  • 3. Revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro.
  • 4. Misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.
  • • Ulteriori misure di correzione del bilancio che anticipassero di un anno la prevista riduzione di deficit, aumentando i tagli di spesa, intervenendo per ridurre la spesa pensionistica e riducendo gli stipendi del pubblico impiego.
  • • Clausola di riduzione automatica del deficit.
  • • Stretto controllo sull’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e delle spese delle autorità regionali e locali.
  • 5. Misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese, rendendo sistematico nelle amministrazioni pubbliche l’uso degli indicatori di performance, particolarmente nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione.
  • 6. Misure per abolire o fondere organi amministrativi intermedi (come le Provincie), azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.

Stante la gravità della situazione, la lettera richiedeva che le misure di cui ai punti 1 e 2 fossero intraprese quanto prima con decreto-legge, convertito in legge dal Parlamento entro fine settembre. La lettera proseguiva ritenendo appropriata una riforma costituzionale che rendesse più stringenti le regole di bilancio. In realtà più che la recessione, più che la crisi partita nell’anno 2008, il vero avvio del passaggio da una normalità ad una sistematica imprevedibilità dell’intero nostro assetto socio economico parte proprio da questa lettera: la Banca Centrale Europea e indirettamente la stessa Unione Europea si resero conto che non uno Stato dimensionalmente ed economicamente limitato come la Grecia ma un Paese chiave per la crescita o la decrescita dell’intera Comunità si avviava verso un irreversibile default.

Senza dubbio questa denuncia e questo allarme furono sfruttate per altre finalità non ultima quella mirata ad un cambiamento della squadra di Governo ma, al tempo stesso, non possiamo non riconoscere che quella lettera era supportata da una scrupolosa analisi sulle tendenze del nostro sistema economico che imponevano urgenti ed immediate misure sul nostro bilancio. È nato così il Governo Monti che ha effettuato una operazione d’urto per evitare che la Unione Europea desse vita ad una forma di controllo identico a quello della Grecia. Poi ci sono state nel 2013 le elezioni ed abbiamo avuto i Governi presieduti da Enrico Letta, Matteo Renzi e Gentiloni e poi nel 2018 le elezioni della nuova Legislatura hanno dato vita a tre Governi Conte 1, Conte 2 e ultimamente Draghi. In questi 11 anni in realtà abbiamo assistito sempre a fenomeni che erano completamente estranei da ciò che ritenevamo “normali”, estranei da ciò che tradizionalmente caratterizzava il nostro assetto socio economico.

In questo periodo di 11 anni siamo stati interessati da tanti altri imprevedibili fenomeni come l’approvazione, da parte della Unione Europea, del PNRR, la pandemia, il ritorno dei talebani in Afghanistan, la guerra in Ucraina ma il riferimento che invece rimane, a mio avviso, più significativo e più preoccupante è sempre la lettera del 5 Agosto 2011. E per convincerci di più di una simile asserzione penso sia sufficiente la scelta del Presidente Draghi di non effettuare nessuno scostamento su quanto preventivato nel bilancio dello Stato. In realtà in questi lunghi anni forse abbiamo fatto meno di quanto avremmo potuto fare per rispettare le clausole richieste dalla BCE, ed in particolare:

  • • Abbiamo preferito, soprattutto negli anni 2015 – 2021, utilizzare le risorse ordinarie dello Stato per interventi in conto esercizio (80 euro ai salari bassi, il reddito di cittadinanza e il quota 100) per un valore annuale di oltre 14 miliardi di euro e abbiamo quasi bloccato per 7 anni l’assegnazione di risorse per investimenti in infrastrutture generando in tal modo il fallimento di 120.000 imprese del comparto delle costruzioni
  • • Abbiamo ritardato scelte strategiche come gli assi ferroviari ad alta velocità Torino – Lione, Genova – Milano (Terzo Valico dei Giovi), Verona – Vicenza – Padova ed il nodo di Firenze, come la Trans Adriatic Pipeline (TAP) e lo abbiamo fatto senza il supporto di adeguate motivazioni ma solo per incomprensibili logiche di schieramento politico
  • • Abbiamo ritardato l’avvio concreto delle opere incluse nel PNRR sin dal luglio del 2022, cioè in quasi due anni non abbiamo cantierato nessuna nuova opera del PNRR
  • • Abbiamo in realtà sottovalutato abbondantemente la rilevanza del fattore tempo: in due anni non si è riusciti, nel caso del PNRR, a passare dalla intuizione programmatica alla sua attuazione almeno parziale
  • • Abbiamo sottovalutato in questi 11 anni il danno prodotto alla economia del Paese da queste immotivate scelte e quanto queste hanno di nuovo ridato vita alle criticità presenti nella   lettera della BCE Quindi, oltre a verificare se stiamo correttamente rispettando i vincoli posti dalla Unione Europea al PNRR bene faremmo anche a verificare se in questa fase, ancora lontana dalla normalità, stiamo tentando di rispettare i vincoli imposti il 5 agosto del 2011.

Questa operazione la ritengo utilissima perché i prossimi mesi saranno caratterizzati, come preannunciato da tutti gli esperti del settore, proprio da un corretto e capillare controllo dei bilanci pubblici, da un corretto controllo delle forme di indebitamento, da un trasparente controllo della spesa soprattutto della Pubblica Amministrazione. Sicuramente la “normalità” tornerà quando finirà la pandemia, quando finirà la guerra in Ucraina, quando finirà la sudditanza del Paese per l’approvvigionamento energetico, tuttavia la “normalità” tornerà anche, e forse soprattutto, quando avremo davvero onorato quelle richieste della Banca Centrale Europea.


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