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La Fed potrebbe essere molto più aggressiva delle previsioni alzando i tassi dell’1% anziché dello 0,75%. Basta questa paura per affondare i mercati: Milano ha perso l’1,66%, Parigi l’1,35%, Francoforte l’1,03%. Il Btp è volato al 4,2% anche se lo spread alla fine è anche un po’ sceso a 226 punti, visto che salgono anche i tassi tedeschi. Giù anche Wall Street: Dow Jones meno 0,78%, Nasdaq meno 0,1%.
Tutti gli occhi degli investitori sono puntati sulla decisione della Federal Reserve di oggi.

È probabile l’ aumento di 75 punti base, continuando ad agire con forza per frenare l’inflazione. Un rialzo ancora più marcato, di 100 punti base, è sul tavolo, ma appare più improbabile, come dicono gli economisti di Bnp Paribas. «Il dato eccezionalmente forte dell’inflazione di agosto ha aumentato i rischi di un’inflazione elevata ancora più radicata», puntualizzano il capo economista Carl Riccadonna e il senior economist Andy Schneider. Ma il rischio è una recessione molto forte.

LA SVOLTA DELLA FED

A guardarsi indietro sembra passata una vita, ma era solo un mese fa. Ad agosto i trader scommettevano su un aumento dello 0,50%. Tuttavia, dopo il discorso da “falco” tenuto da Powell al simposio di Jackson Hole, dopo un altro solido rapporto sull’occupazione negli Usa e dopo i dati sull’inflazione più “caldi” del previsto, il mercato ha completamente escluso 50 punti e ha prezzato un rialzo da 75. Ha considerato persino un aumento di un punto percentuale pieno (numero impensabile solo a inizio mese).

«Il netto superamento dell’inflazione di agosto significa che la Fed ha ancora molto lavoro da fare – dice Paolo Zanghieri, Senior Economist di Generali Investments – Vediamo un altro aumento dei tassi di 75 punti nell’imminente meeting, ma contempliamo anche un rischio significativo che la banca centrale Usa possa diventare più audace, aumentando i tassi di un intero punto percentuale. Dopo l’incremento di 75 punti a settembre, prevediamo un ritmo di stretta leggermente più lento, con un aumento di 50 punti a novembre e un ultimo di 25 punti a dicembre, con rischi inclinati al rialzo».

LE PREVISIONI DEGLI ANALISTI

Guardando oltre l’imminente rialzo, secondo diverse analisi la Federal Reserve potrebbe essere costretta ad aumentare i tassi più a lungo – forse nella prima metà del 2023 – piuttosto che sospendere l’attuale ciclo d’inasprimento alla fine di quest’anno. Un mese fa i trader valutavano il tasso d’interesse massimo per questo ciclo intorno al 4% a gennaio; ora parte del mercato prevede che i tassi raggiungeranno un picco più vicino al 4,50-4,75% nel secondo trimestre 2023.
Anche Goldman Sachs, che ha tagliato le sue previsioni sul Pil Usa nel 2023 proprio in vista di un inasprimento della politica monetaria, scommette su un rialzo da 75 punti base domani, e poi su 50 punti a novembre e dicembre, con il tasso sui Fed Funds che raggiungerà un picco del 4-4,25% entro fine anno.

«Dobbiamo aspettare finché la Fed alzerà i tassi e poi capire le mosse e le previsioni successive, quindi adattarci» sottolineano gli analisti di Jp Morgan Chase: secondo loro è improbabile che Powell opti per una maxi-stretta da un punto percentuale. La due giorni che si apre oggi è fondamentale – e a dir poco attesa – anche perché fornirà’ una sintesi aggiornata delle nuove proiezioni economiche al 2025, incluso il famigerato dot plot delle aspettative sui tassi dei membri della Fed. Si tratta di un grafico a punti pubblicato su base trimestrale per sintetizzare le previsioni dei vari membri della Banca centrale sulla traiettoria dei tassi d’interesse statunitensi. Infine, la Banca centrale Usa sta ancora intensificando il programma di Quantitative Tightening (QT) per chiudere il suo bilancio, quindi qualsiasi commento su come Jerome Powell e Company vedono sviluppi in tal senso potrebbe muovere i mercati.


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