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In Italia per completare un’infrastruttura occorrono in media 1.007 giorni, mentre al Sud ne occorrono ulteriori 450, per il Pnrr servono provvedimenti rivoluzionari

L’Ance nella primavera scorsa ha analizzato 596 progetti presentati da 177 amministrazioni locali, per un totale di 1,2 miliardi di euro. Oltre l’80% non aveva un progetto esecutivo che consentisse di aprire il cantiere, il 66% solo un progetto di fattibilità, mentre il 72% delle proposte progettuali non era stato aggiornato rispetto agli incrementi dei prezzi dei principali materiali da costruzione. I cantieri del Mezzogiorno sono ad alto rischio, come si evince dal rapporto Svimez sul 2022. Ed è davvero preoccupante questo dato: in Italia per completare un’infrastruttura occorrono in media 1.007 giorni, mentre al Sud ne occorrono ulteriori 450.

LA CULTURA DEL “NON FARE”

Potrei continuare a elencare quella che, a tutti gli effetti, si caratterizza come la “realtà infelice del sistema Paese”, ma mi fermo qui perché, avendo più volte analizzato in modo capillare questo atavico comportamento del “non fare”, o meglio del “sistematico avviso dell’avvenuto impegno”, le Amministrazioni locali (Regioni, Province e Comuni) hanno da anni dimostrato che sia il Fondo di sviluppo e coesione sia il Pnrr sono atti programmatici che da soli rappresentano un risultato.

In realtà l’annuncio che esistano le risorse e l’annuncio dell’avvenuto impegno delle stesse costituisce il pieno raggiungimento degli obiettivi. Che poi le proposte progettuali si trasformino in progetti esecutivi e che i progetti esecutivi siano approvati formalmente dagli organi competenti e che si aggiudichino i lavori e che si aprano i cantieri, non rappresenta alcun motivo di interesse da parte degli organi locali, e in particolare da parte delle stesse Regioni.

LE DISTANZE COMPORTAMENTALI NELLO STESSO MEZZOGIORNO

Porto solo un esempio che testimonia anche le distanze comportamentali all’interno dello stesso Mezzogiorno. Nel 2014 venne nominato l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato come commissario con pieni poteri per la realizzazione dell’asse ferroviario ad alta velocità Napoli-Bari e della Palermo-Messina-Catania. Entro il 2025 sarà completata l’opera relativa al collegamento Napoli-Bari che ha un costo di oltre 6,5 miliardi di euro, mentre dopo dieci anni sono partiti due soli lotti per il sistema ferroviario Palermo-Messina-Catania, il cui costo globale è di 8,7 miliardi.

Cioè, due interventi partiti insieme otto anni fa con la nomina di un commissario preposto al superamento di tutti gli ostacoli procedurali e autorizzativi trovano due realtà territoriali come la Campania e la Puglia collaborative per dare concretezza all’intervento, mentre la Regione Siciliana è rimasta soddisfatta solo della “assegnazione delle risorse”.

A tale proposito ricordo che i due interventi trovavano copertura nella legge Obiettivo e nel Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020. Ebbene, come dicevo prima, un’opera, quella relativa all’asse Napoli-Bari, sarà pronta nel 2025, l’altra disporrà forse di alcuni lotti, cioè non disporrà di un’offerta infrastrutturale completa e organica. Ma l’uscente presidente Musumeci non ha praticamente sollevato alcun problema: in fondo la cosa interessante, come accennavo prima, è che per tale intervento fosse stata assegnata una quota di 1,7 miliardi di euro nel Pnrr.

PNRR, PER NON PERDERE IL TRENO SERVONO PROVVEDIMENTI RIVOLUZIONARI

Ma di fronte a questi dati, di fronte a questi comportamenti prende corpo un grave scoraggiamento non tanto sulla capacità di dare consistenza concreta alle opere del Pnrr, quanto a quelle da tempo programmate e relative a opere del Programma delle infrastrutture strategiche previste dalla legge Obiettivo (parliamo di opere definite sin dal dicembre del 2001) o dai Programmi organici regionali (Por) o dai Programmi organici nazionali (Pon) supportati dal Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 e di quelle incluse nei Contratti di programma delle Ferrovie dello Stato e dell’Anas.

Senza dubbio, sia a livello centrale (i Pon sono di competenza dei vari dicasteri), sia a livello regionale (i Por sono di competenza regionale) c’è una preoccupante stasi procedurale, un’immotivata distrazione caratterizzata da comportamenti carichi di convinta volontà a “ritardare”, a “rinviare”, in realtà a “non fare”.

PNRR SERVONO PROVVEDIMENTI RIVOLUZIONARI

Allora, di fronte a un simile scenario, a mio avviso, il governo dovrebbe varare provvedimenti che considero al tempo stesso rivoluzionari ma risolutori. Si dovrebbe produrre un bando di gara, comprensivo di tutte le scelte programmatiche presenti all’interno del Pnrr, del Pnc, del Programma supportato dal Fondo di sviluppo e coesione 2014-2020 e 2021-2027, in cui si trasferiscono a un limitato numero di soggetti (Consorzi, Spa, Ati, ecc.) l’onere di realizzare complessi di opere.

L’organismo che si aggiudica questo complesso di opere dovrà in un arco temporale preciso: redigere il progetto o completarne la fase esecutiva, ottenere tutti i pareri e tulle le autorizzazioni, dovrà provvedere all’apertura dei cantieri e dare corso agli espropri e dovrà garantire per almeno due anni la manutenzione dell’opera realizzata.

Questa è un’operazione che in parte trasferisce a un organismo privato specifiche competenze pubbliche? Sì, ma dopo anni di irresponsabile mancato avanzamento di scelte più volte approvate, non è pensabile continuare a riporre la propria fiducia in stazioni appaltanti e in Amministrazioni che hanno dimostrato di non essere in grado di attuare il Pnrr, di non essere in grado di attuare opere e interventi decisi programmaticamente sin dal 2001, cioè opere condivise a livello di Parlamento e di governo da oltre venti anni.

Invece sono sicuro che non solo non si approfondirà una simile proposta ma si continuerà a seguire l’ultimo modello di linee guida sulle stazioni appaltanti varato dall’Anac.

IL MODELLO ANAC PER DIVENTARE STAZIONE APPALTANTE

Per consentire un momento di leggerezza e di folclore vi elenco le modalità per acquisire i punteggi necessari per diventare “stazione appaltante”:

  • Per acquisire fino a 20 punti le Amministrazioni dovranno avere dipendenti specializzati nelle proprie strutture.
  • Per acquisire fino a 20 punti le Amministrazioni dovranno disporre di sistemi di formazione e aggiornamento del personale.
  • Per acquisire fino a 40 punti le Amministrazioni dovranno disporre di un consistente numero di gare svolte.
  • Per acquisire fino a 5 punti le Amministrazioni dovranno rispettare gli obblighi di comunicazione.
  • Per acquisire fino a 5 punti le Amministrazioni dovranno dimostrare il pieno utilizzo di adeguate misure per il monitoraggio.
  • Per acquisire fino a 10 punti le Amministrazioni dovranno dimostrare il pieno utilizzo di piattaforme telematiche.

E pensare che per definire tale provvedimento si è quasi impiegato un anno; infatti l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) aveva sottoscritto un apposito protocollo con la presidenza del Consiglio nel dicembre 2021. Ma oltre a questo punteggio sono previsti ulteriori vincoli quali:
• L’iscrizione all’Anagrafe delle stazioni appaltanti (Ausa) dell’Anac.
• Avere un ufficio o una struttura stabilmente dedicata a progettare e affidare lavori.

PROPOSTE ANAC INDIFENDIBILI PER IL PNRR SERVONO PROVVEDIMENTI RIVOLUZIONARI

Voglio ricordare infine che questo provvedimento era stato giustamente sollecitato dal presidente Draghi in quanto intendeva, in tutti i modi, qualificare e ridurre le stazioni appaltanti e, soprattutto, perché voleva attuare qualcosa già previsto nel Codice appalti sin dal 2016 (sei anni) e mai attivato.

E il dato che ha spaventato più di tutti, fornito sempre dall’Anac, è che le stazioni appaltanti interessate cui si applicheranno le linee guida sono 12.329 con 32.138 centri di spesa di cui oltre la metà appartenenti ai Comuni.

Questi dati da soli ci fanno capire tante cose. La lentezza negli affidamenti, la folle esplosione del contenzioso e, nel caso delle risorse assegnate al Mezzogiorno con i Fondi di sviluppo e coesione, l’incapacità della spesa (in proposito ripeto sempre un dato: su 54 miliardi assegnati nel 2014 si sono spesi appena 5 miliardi).
Ebbene, teniamoci per noi la proposta dell’Anac e questi dati sul numero delle stazioni appaltanti. Perché sono proposte e dati davvero indifendibili e completamente lontani dalle esigenze reali del Paese.

Non mi preoccupo delle infrastrutture strategiche. Perché tali opere sono regolate da consolidate stazioni appaltanti, ma mi preoccupo della realtà metropolitane, delle Province e dei Comuni e mi preoccupo in modo particolare, delle Amministrazioni del Mezzogiorno.

L’ipotesi da me prospettata va approfondita, va rivisitata in un’ottica comunitaria. Ma quello che si intende portare avanti con le linee guida dell’Anac garantisce sicuramente il mancato rispetto delle scadenze del Pnrr.


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