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Una riunione del Consiglio Europeo

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L’Unione Europea non trova l’accordo sul price cap, i leader UE bloccati su blocchi contrapposti e in cerca di un compromesso

Fumata nera sul tetto al prezzo del gas. Un portavoce della Ue fa sapere che l’accordo non è imminente. Secondo le ultime indiscrezioni, la Repubblica ceca, che ha la presidenza di turno del Consiglio Ue, proporrà una soglia di 264 euro a megawattora. La decisione dovrebbe arrivare in tempo per la riunione dei ministri dell’energia prevista per il 13 dicembre.

Sarebbe un tentativo di venire incontro alle critiche di alcuni Paesi, tra cui l’Italia, alla proposta originaria della Commissione Ue, che fissava la soglia a 275 euro. Una cifra ritenuta molto alta. Non che abbassarla a 264 euro cambi molto. Per dare un’idea: oggi il prezzo alla borsa di Amsterdam sta ondeggiando tra i 130 e i 140 euro, ma a inizio dicembre di un anno fa era a 45 euro, e due anni fa a 15. Certo ad agosto era arrivato alla punta di 350 euro. Ma da allora è sempre sceso.

In realtà la proposta ceca prevede anche che il tetto scatti quando la soglia-limite viene superata non più per 14 giorni di fila (come da proposta della Commissione) ma per 5 giorni. Inoltre (seconda condizione per far scattare il blocco) il divario con gli indici di riferimento del gas naturale liquefatto dovrà essere di almeno 58 euro per cinque giorni consecutivi, e non più per dieci.

PRICE CAP, I LEADER UE IN CERCA DI UN COMPROMESSO: LE ALTERNATIVE

Sul tavolo c’è anche una proposta alternativa. Ad elaborarla sono stati Italia, Grecia, Polonia, Slovacchia e Belgio, che hanno lavorato a due opzioni. La prima: un tetto fisso a 160 euro.

La seconda: un blocco dinamico, con un tetto stabilito periodicamente (ogni mese o ogni trimestre) collegato alla media aritmetica dei vari indici globali. Nel documento dei cinque sono illustrate alcune caratteristiche essenziali che dovrebbero avere il meccanismo: la natura dinamica, la sua estensione alle transazioni Otc (fuori mercato) e a tutti i future, non solo quelli con consegna ad un mese. Sulla base del documento, i cinque Paesi, cui si sono aggiunti Lituania e Malta, hanno presentato gli emendamenti.

Al gruppo, seppure in posizione più defilata si è aggiunta la Spagna, che ha presentato un non-paper che ha come punto di partenza proprio il documento dei cinque, del quale condivide gran parte degli elementi. La proposta spagnola si discosta per quanto riguarda la composizione del cap dinamico. Al di là degli aspetti tecnici, pur cruciali in questa partita, viene confermata la presenza di un fronte di Stati membri che continua a prendere l’iniziativa, per tentare di fare in modo che l’esito dei negoziati sia il più possibile in linea con il mandato del Consiglio Europeo, cioè un corridoio dinamico di prezzo di carattere temporaneo, allo scopo di limitare immediatamente episodi di prezzi eccessivi del gas.

IL PROBLEMA DELLE OBIEZIONI DELLA GERMANIA

Bisognerà però superare le obiezioni della Germania, e non sarà semplice. Berlino teme che l’introduzione di un tetto, specialmente se troppo basso, possa spingere i Paesi produttori a vendere il gas ad altri acquirenti, magari asiatici. Il rischio insomma è che il price cap possa lasciarci senza gas.

La mancanza di accordo ha pesanti riflessi sui bilanci delle famiglie. Secondo le comunicazioni dell’Arera, dopo il calo del mese di ottobre (-12,9%), in base all’andamento del mercato all’ingrosso italiano per la famiglia tipo, a novembre si registra una crescita del +13,7% rispetto ad ottobre. La spesa gas per la famiglia tipo nel cosiddetto mercato tutelato è di circa 1.740 euro con un aumento del 63,7% rispetto all’anno precedente. Aumento sensibile ma, secondo quanto fa notare l’Unione dei Consumatori, decisamente meno impattante degli aumenti registrati nelle bollette del gas del mercato libero. Qui l’aumento solo da gennaio a ottobre 2022 è stato del 130,6%.

NON SOLO PRICE CAP SUL GAS, I LEADER UE E IL TETTO AL PETROLIO RUSSO

Non meno difficoltoso il percorso del tetto al petrolio russo. Dovrebbe scattare a 60 dollari al barile (il greggio russo Urals scambia oggi a 66,54 dollari), con un meccanismo di adeguamento per mantenere il tetto al 5% al di sotto del prezzo di mercato. L’accordo raggiunto dai governi dell’Unione Europa deve ancora essere approvato. Il tempo stringe.

Il blocco sul greggio russo entrerà in vigore il 5 dicembre, ma l’impatto di questa misura non è ancora chiaro, dal momento che la Russia vende già ai suoi partner commerciali a livelli significativamente scontati. Il Cremlino ha minacciato i Paesi che rispettano il tetto di essere tagliati fuori, dalle forniture il che lascerà alcuni di loro in una posizione molto scomoda: scegliere tra perdere l’accesso al greggio russo a basso costo o affrontare le sanzioni del G7”, avverte Craig Erlam, analista di Oanda. Come sempre, il diavolo si nasconde nei dettagli. Ma una cosa è chiara per l’esperto: “il greggio potrebbe essere estremamente volatile all’apertura della prossima settimana”.


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