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Christine Lagarde

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La recessione sta arrivando e non sarà leggera. I rischi per la stabilità finanziaria si riaffacciano all’orizzonte e torna alta l’allerta nell’Europa agitata da molti shock, dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica, alla pandemia non ancora finita.

Viviamo tempi di «permacrisi» ricorda la presidente della Bce. Christine Lagarde, utilizzando il neologismo che indica il prolungato periodo di incertezza e instabilità che sta caratterizzando questi anni. Uno scenario che obbliga tutti a tenere la guardia alta perché non consente di fare previsioni certe.

VERSO RIALZI DEI TASSI AMMORBIDITI

È l’Ocse a registrare per primo i segnali della recessione ormai annunciata da mesi. Il suo superindice, elaborato per anticipare di 6-9 mesi le tendenze economiche, indica un «rallentamento della crescita» in gran parte delle grandi economie mondiali, Italia inclusa. Gli Ica (Indicatori economici avanzati) segnalano una frenata negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Canada, nella zona euro e in particolare in Germania, Francia e Italia.

Per l’Ocse è soprattutto una conseguenza dell’elevata inflazione e dell’aumento dei tassi d’interesse. Dunque si starebbe materializzando quella doccia fredda sull’economia, cercata dalle banche centrali, che dovrebbe riportare l’inflazione a scendere. La situazione, però, è molto «instabile» e quindi piena di rischi, dice Lagarde aprendo la conferenza annuale dell’organismo che monitora proprio i rischi sistemici nella Ue (Esrb).

«L’ambiente instabile» dovuto a diversi shock come guerra in Ucraina, pandemia e crisi energetica, «pone rischi notevoli alla stabilità finanziaria in Europa. Rischi accresciuti da prospettive economiche che si indeboliscono», ha detto la presidente. In questo difficile contesto, la Banca centrale europea deve però tirare dritto sulla strada della normalizzazione: «La politica monetaria si sta adeguando per assicurare che l’inflazione elevata non si consolidi e che torni al 2% nel medio termine» ha assicurato Lagarde.

Ma il ritmo dell’aggiustamento potrebbe essere ammorbidito nella riunione di questo mese, per dare un po’ di respiro a famiglie e imprese. Dai rialzi dei tassi jumbo, cioè da tre quarti di punto, si potrebbe scendere a mezzo punto. L’ipotesi si è fatta strada dopo i dati dell’inflazione di novembre: nell’Eurozona è scesa al 10%, dal 10,6% di ottobre.

L’ITALIA RESISTE

È ancora poco per garantire un cambio di passo di Francoforte, ma un altro elemento che peserà sulle scelte del board il 15 dicembre è che anche la Fed negli Usa ha deciso di frenare la sua aggressiva campagna di rialzi, notizia che ha fatto festeggiare Wall Street.

Sulle Borse europee, invece, pesano i timori della recessione, dopo i dati Ocse e l’attesa delle decisioni della Bce della prossima settimana. Milano chiude in calo dello 0,14%, Londra cede lo 0,2%, Parigi lo 0,44%, Madrid lo 0,6%. Ma la recessione potrebbe non essere così drammatica come si pensava prima dell’estate, quando i timori per la scarsità di gas facevano prevedere chiusure di interi comparti industriali.

In realtà, il commissario all’Economia Paolo Gentiloni ha parlato di recente più di «contrazione invernale» che di recessione, ovvero di due trimestri negativi (l’ultimo del 2022 e il primo del 2023), seguiti subito dopo da una moderata ripresa. Anche Fitch qualche giorno fa ha rivisto le sue stime per l’Italia: ora si attende una contrazione del Pil nel 2023 di appena lo 0,1%, invece del -0,7% previsto a settembre, proprio grazie al «leggero» allentamento della crisi del gas. Segno che l’economia italiana è stata più resiliente del previsto, sconfessando i pronostici. Perché la storia, ricorda Lagarde, non è stata ancora scritta, e «sono le nostre azioni che determineranno il prossimo capitolo».

EUROPA VULNERABILE

L’Europa, però, è molto vulnerabile, come sottolinea uno studio di Barclays Bank pubblicato da Bloomberg. L’articolo si intitola: “L’Europa ha bisogno di 500 miliardi di cash dopo aver perso il principale acquirente di bond”. Riferimento, ovviamente, alla Bce che, per ben otto anni, ha stampato moneta e acquistato i nuovi bond emessi con il ben noto bazooka Quantitative easing.

Ora bisognerà trovare nuovi finanziatori. I 500 miliardi serviranno a finanziare gli aiuti dei governi per combattere il caro-bollette. «Con l’inverno alle porte, i governi europei stanno stilando in modo febbrile programmi per proteggere i cittadini dal balzo dei costi energetici scatenato dalla guerra di Vladimir Putin. Ci sono tetti ai prezzi dell’elettricità in Francia, sconti alla benzina in Italia e sussidi per le bollette del riscaldamento in Germania – si legge nell’articolo di Bloomberg – Ma queste misure costano molti soldi».

Gli investitori chiederanno alti premi per acquistare i bond sovrani considerati più rischiosi (vedi Btp), ma non solo: «Neanche le potenze dell’area euro come la Germania e la Francia saranno risparmiate dal balzo dei costi di finanziamento». Bnp Paribas prevede per esempio che i tassi dei bund tedeschi balzeranno entro la fine del primo trimestre 2023 fino al 2,75%, contro l’1,79% attuale e meno 0,18% di un anno fa. Quelli italiani potrebbero arrivare al 5%.


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