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Giorgia Meloni

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Ha varcato l’ingresso del Palazzo d’Europa, forte del via libera della commissione Ue sulla manovra finanziaria.  Giorgia Meloni non immaginava che il primo giorno del suo primo Consiglio europeo potesse essere così. In più, i sondaggi sembrano darle ragione: secondo la supermedia di Youtrend, Fratelli d’Italia è al ormai al 30%. Poco meno di due mesi si insediava a Palazzo Chigi, ereditando lo scettro dell’esecutivo dei «migliori» da Mario Draghi.

Gli occhi dell’Europa si mostravano scettici di fronte al nuovo esecutivo italiano. Fra Bruxelles e Strasburgo non avevano compreso per quale ragioni i partiti avessero staccato la spina al gabinetto presieduto da SuperMario che aveva ridato credibilità e centralità al Belpaese mettendolo al fianco di Germania e Francia. A distanza di 53 giorni Meloni siede al tavolo dei grandi dell’Europa e può vantare come biglietto di visita la promozione, seppur con qualche criticità, della commissione di Ursula Von der Layen sulla legge di bilancio. Un risultato non banale.

«Siamo entrati in Champions League, come dice Giancarlo» esulta con i più stretti collaboratori, facendo riferimento a una frase del ministro dell’Economia Giorgetti, che mercoledì si è lasciato sfuggire in Transatlantico davanti a una serie di cronisti: «Noi giochiamo in Champions League! Magari non vinciamo ma è una bella soddisfazione».

Parallelo calcistico a parte, il primo giorno a Bruxelles serve all’inquilina di Palazzo Chigi a saggiare i rapporti con gli altri presidenti. Prima di entrare scolpisce una serie di frasi: «L’Italia farà la sua parte». E ancora: «L’Unione Europea dice che abbiamo fatto una manovra molto seria, siamo fra quelli che abbiamo avuto giudizio migliore e questo richiede al parlamento di muoversi con rapidità, pur nelle rispetto delle sue prerogative che io ho sempre difeso».

Quanto ai rilievi e alle criticità sollevata dai commissari Ue Meloni storce il naso: «I rilievi sono semplici valutazioni su singoli provvedimenti, indicazioni non vincolanti. Quello che conta è il giudizio complessivo, ed è positivo».  E anche se fa finta di dissimulare, alla fine Meloni sembra ascoltare le raccomandazioni che arrivano dalla commissione Ue.

In particolare, il governo interverrà sul limite sopra il quale il commerciante è obbligato ad accettare i pagamenti elettronici che dovrebbe essere rivisto dai 60 euro attuali a 30 euro. A conferma di ciò arrivano le parole dell’azzurro Roberto Pella, uno dei relatori della manovra finanziaria: «L’abbassamento della soglia a 30 euro per l’utilizzo del Pos è un’ipotesi allo studio, la stessa presidente Meloni aveva parlato a noi relatori e ai capigruppo di questa trattativa che lei stessa ha portato avanti con l’Europa. La possibilità di scendere ci è stata richiesta».

Come del resto l’esecutivo è intenzionato a rimettere mano alle pensioni e in particolare a “Opzione donna2. Piccoli aggiustamenti che consentono alla premier in carica di porsi con una postura diversa. Tutto questo per dire che non basta certo una buona pagella della commissione Ue per garantirsi la promozione a vita.

Quanto al Consiglio europeo, Meloni  interviene evidenziando la necessità di rispondere tempestivamente ai bisogni crescenti di famiglie e imprese. Ribadisce poi l’urgenza di trovare una soluzione riguardo alla riduzione del prezzo del gas. «Il tempo perso nel trovare un’intesa sul meccanismo di riduzione del prezzo è in realtà in contraddizione rispetto alla discussione sulla competitività dell’industria europea nei confronti degli altri concorrenti globali». Di fatto, rilancia il dibattito sul cosiddetto Price cap. «Bisogna fare in fretta. Non c’è più tempo da perdere» dice ai presidenti degli altri Stati. Non sarà la sede per parlare di migranti, ci sarà infatti un Consiglio Europeo ad hoc nel mese di febbraio.

A margine, però, c’è la possibilità per un bilaterale con l’omologo greco Kyriakos Mitsotakis, con cui condivide la battaglia degli Stati del Sud del Mediterraneo per un cambio di passo sulla gestione dei flussi migratori. Cui segue un trilaterale con i premier di Repubblica Ceca e Polonia. Resta aperto il fronte dei rapporti con la Francia di Macron. Prima o poi i due si confronteranno. Anche se le distanze al momento restano tante. Occorre ricucire con i cugini d’Oltralpe. Altrimenti il governo italiano rischia di restare isolato. Di certo non aiutano gli annunci del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che prima annuncia  «sanzioni più efficaci sulle Ong». E poi cerca di smontare il dissidio con la Francia: «Segnalo che la vera cosa inquietante della vicenda è che avendo questa nave fatto quello che voleva, in quel momento, decise di cambiare obiettivo e puntare un porto francese. Allora mi domando: non era l’obiettivo di questa nave creare attrito con la Francia?».

C’è poi un altro dossier  che preoccupa Meloni e il suo esecutivo, vale a dire il Mes. La Banca Centrale Europea con la presidente Christine Lagarde auspica una rapida ratifica del Meccanismo europeo di stabilità da parte dell’Italia, a maggior ragione dopo la decisione della Corte Costituzionale tedesca. Il ministro dell’Economia Giorgetti, tuttavia, alza le spalle. Anche perché i partiti che compongono la maggioranza di governo continuano a non voler servirsi di quello strumento. E così il Mes diventa un altro oggetto della contesa dipendere il futuro dei rapporti con i vertici europei. Meloni è avvertita.


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