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Dopo l’Istat (il 6 dicembre 2022) e la Banca d’Italia (il 13 gennaio scorso), anche l’Ufficio Studi della Confindustria nella congiuntura flash di febbraio diffusa ieri ha confermato che la nostra economia si avvia ad evitare la recessione anche nel primo trimestre del 2023.

Dopo le eccezionali performance del 2021 (+6,7%) e del 2022 (+3,9%), quest’anno il Pil avrà una dinamica bassa, poco sopra o sotto il +0,6% (in linea con i previsori della Bce, mentre l’Istat la stimava +0,4%), ma comunque migliore rispetto alle aspettative di pochi mesi fa. C’è una generalizzata e importante revisione al rialzo – spiega Viale dell’Astronomia – rispetto alle stime post-estate 2022, quando ci si aspettava una stagnazione o una moderata recessione, a causa dell’impennata dei costi dell’energia.

“Il prezzo del gas – sottolinea Confindustria – resta relativamente basso a febbraio (56 euro al MWh in media), ben sotto i livelli registrati nel corso del 2022 (era a 14 euro nel 2019). Anche il prezzo del petrolio sembra essersi stabilizzato (83 dollari al barile), su valori poco superiori a quelli pre-crisi (64 dollari)”. Il ribasso del prezzo dell’energia da fine 2022, che rimane comunque ben al di sopra dei livelli di due anni fa, “sta favorendo la riduzione dell’inflazione in Italia e in Europa (seppur su valori ancora elevati) e questo lascia intravedere la fine del rialzo dei tassi (da parte della Bce n.d.r.) entro il 2023, ma non prima di un altro paio di aumenti”. Tutto questo “è una buona premessa per il primo trimestre, per i costi delle imprese e per il percorso di rientro dell’inflazione dal picco, iniziato a fine 2022”.

Se l’inflazione generale diminuisce, il costo delle materie prime non energetiche (+16,8% i metalli) e i prezzi, al netto di energia e alimentari, sono in salita (+4,6% da +4,2%) per la trasmissione dei rincari sugli altri beni.

L’economia domestica si sta dunque dimostrando molto resiliente, con la produzione industriale che migliora e dopo il rimbalzo di gennaio (+1,6%) seguito a tre mesi di calo, i dati qualitativi “dipingono uno scenario in miglioramento”. Nelle costruzioni, invece, si attende una prosecuzione della fase di debolezza.

La congiuntura evidenzia inoltre una tenuta dei consumi delle famiglie con “decisioni di consumo prudenti per l’alta inflazione” e una “spesa spostata ancor più verso i discount”. 

Accanto ad un’occupazione in aumento (+37mila posti di lavoro a dicembre 2022), si registra una scarsità di manodopera per una quota crescente di imprese (7,3% da 1,8% a fine 2019, nella manifattura), segnale di carenze quantitative e disallineamenti di competenze (ma meno che nell’Ue). L’export è in frenata, tra un’Eurozona con una ripresa diseguale e gli Stati Uniti in cui la crescita è senza industria.

In forza della tenuta dell’economia, la variazione acquisita del Pil per il 2023 è risultata di +0,4% e non intorno allo zero come si pensava qualche mese fa. Già questo fattore “aritmetico” motiva una decisa revisione al rialzo della crescita annua del 2023.
In armonia con le recenti stime dei previsori della Bce (si veda Il Quotidiano del Sud del 4 febbraio scorso), Confindustria è più fiduciosa anche per l’economia dell’Eurozona. Secondo i dati, in Francia e Germania, dove a fine 2022 si è registrato un rallentamento del Pil meno intenso di quanto prospettato dagli analisti (+0,1% e -0,2%), gli indicatori qualitativi a gennaio tracciano un quadro più ottimistico, sebbene con forti asimmetrie: il Pmi tedesco dei servizi torna in zona di espansione (50,7), mentre quello manifatturiero resta sotto la soglia (47,3); in Francia, invece, è la manifattura a risalire (50,5), mentre i servizi sono ancora deboli (49,4).

Le previsioni rosee di Confindustria smentiscono, dunque, le Cassandre che, nel corso del 2022 a più riprese, hanno con grande sicumera profetizzato proprio per quest’anno una grande recessione in Europa e in Italia, il tracollo dei mercati e il gas alle stelle con l’intero Vecchio Continente al freddo. Le stime e i dati, per fortuna, raccontano tutt’altra realtà. Meno male.


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