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Il vino traina l'export agroalimentare italiano

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La produzione industriale in un anno è cresciuta dell’1,4%, ma a gennaio si registra una flessione sul mese precedente dello 0,7% (dell’1% nel periodo novembre 2022/gennaio 2023 rispetto al trimestre precedente). Sono i dati rilevati dall’Istat che hanno evidenziato come la crescita su base tendenziale abbia premiato i beni strumentali (+7%) e quelli di consumo (+5,3%). In calo invece i beni intermedi (-3,6%) e l’energia (-7,4%).

Nella top ten dei settori con le migliori performance al primo posto con +15,3% coke e prodotti petroliferi raffinati, a seguire con 14,3% i prodotti farmaceutici, computer ed elettronica (+11,8%), altre industrie (+6,4%), industrie alimentari, bevande e tabacco (+6%), macchinari e attrezzature (+5,5%), gomme e materie plastiche (+3,9%), apparecchiature elettriche (+3,3%), manifatturiero (+3%) e mezzi di trasporto (+2,6%). Tra i settori che hanno fatto peggio prodotti chimici (-10,8%), legno, carta e stampa (-10,4%) e fornitura di energia elettrica, gas, vapore (-9,3%). In controtendenza, ma questa volta in positivo, rispetto all’andamento negativo registrato per il Pil e l’occupazione, è l’industria alimentare cresciuta del 6% sulla spinta dell’aumento record dell’export. E’ quanto ha sottolineato nella sua analisi la Coldiretti che ha messo in luce l’impennata delle spedizioni all’estero che hanno superato i 60 miliardi nel 2022.

L’industria alimentare è stata tra i pochissimi settori che ha tenuto anche a gennaio rispetto al mese precedente con + 2,1%, superata solo dall’attività estrattiva (negativa però su base tendenziale) e i prodotti petroliferi. Se i consumi alimentari interni risultano ancora deboli si registra, secondo Coldiretti, una forte domanda di Made in Italy a tavola dall’estero. Tra i prodotti il re dell’export tricolore si conferma il vino per un valore stimato vicino agli 8 miliardi, mentre al secondo posto si piazzano la pasta e gli altri derivati dai cereali e al terzo ci sono frutta e verdura fresche ma ad aumentare in modo consistente sono anche l’extravergine di oliva, i formaggi e i salumi. Il panorama economico continua comunque a essere a luci e ombre.

Come ha spiegato l’Istituto di Statistica nella nota mensile sull’andamento dell’economia italiana a febbraio l’indice della produzione industriale si è ridotto, ma “con segnali discordanti tra i principali raggruppamenti di industria”. Emblematico il caso dell’agroalimentare che, nonostante tutto, è riuscito a non perdere il ritmo, ulteriore conferma della strategicità del settore che rappresenta la prima industria del Paese con un fatturato di oltre 580 miliardi se si tiene conto dell’attività allargata dai campi alla ristorazione.

E comunque a pesare sull’Azienda Italia è lo scenario internazionale caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. A partire dal rallentamento dell’inflazione che però non marcia secondo le previsioni. Ora poi ad aggravare il quadro si è aggiunto il disastro della americana Silicon Valley Bank (Svb) che ha già ha avuto un impatto pesantissimo sulle Borse europee compresa quella italiana. Anche se nel panorama nazionale a prevalere sono i numeri positivi. Il mercato del lavoro continua a crescere e  a gennaio i lavoratori dipendenti  sono tornati ali livelli pre -Covid. A febbraio, in base alla stima preliminare, l’inflazione al consumo ha rallentato ulteriormente la corsa riducendo così la forbice tra l’Italia e l’area euro (si veda altro servizio in pagina). Ed è positivo anche che sia tornata la fiducia tra i consumatori. Anche se per le imprese, dopo tre aumenti consecutivi, a febbraio si è stabilizzata a causa del peggioramento della fiducia nei servizi di mercato e nelle costruzioni bilanciato però dal miglioramento dei servizi.

Certo le criticità restano, ma sono quasi tutte di natura esogena. Anche se in una situazione segnata dalle fragilità i rischi di una retromarcia ci sono. Il dato di gennaio della produzione industriale potrebbe rappresentare solo una scivolata momentanea, ma costituisce comunque un campanello d’allarme a cui prestare attenzione. La battuta di arresto di gennaio, per esempio, ha allarmato il Codacons. L’associazione dei consumatori ha parlato di una performance deludente ma a preoccupare di più “è il trend del trimestre novembre-gennaio: “Un andamento che evidentemente risente della situazione economica dell’Italia, ancora caratterizzata da inflazione elevata e prezzi alle stelle, al punto che per i beni di consumo la produzione industriale registra una contrazione del -1,2% su base trimestrale”. Una situazione che ha spinto Codacons a ribadire la necessità di un intervento sui prezzi al dettaglio “perché il calo dell’inflazione registrato negli ultimi due mesi è solo fittizio e determinato unicamente dalla riduzione delle tariffe energetiche, ma non si riflette sulla spesa quotidiana delle famiglie e non aiuta la nostra economia e la nostra industria”.  Per Paolo Mameli, senior economist di Intesa Sanpaolo, il calo della produzione industriale, più ampio delle attese, non ha però annullato il balzo di dicembre. Secondo la valutazione dell’economista “l’industria, che è stata la principale responsabile del calo del Pil nello scorcio finale dello scorso anno, potrebbe quantomeno non frenare il valore aggiunto a inizio 2023. Ciò indica rischi al rialzo sulla nostra attuale previsione di un’attività  economica stagnante nel trimestre in corso. Di recente – ha concluso – abbiamo rivisto al rialzo le nostre previsioni sulla crescita del Pil italiano quest’anno, grazie alla moderazione dei prezzi energetici, mentre abbiamo ridotto la nostra previsione per il 2024  sulla scia degli effetti ritardati della stretta monetaria della Bce”.


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