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Emmanuel Macron

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La Francia sblocca i vincoli al nucleare e torna ad in investire guardando anche alle tecnologie sperimentali italiane: In programma 14 nuovi reattori

La Francia, il Paese dell’atomo, si prepara a investire di nuovo sulle tecnologie nucleari. E guarda anche all’Italia, dove la Newcleo guidata dall’avellino-torinese Stefano Buono lancia i minireattori di quarta generazione. Lo ha confermato Emmanuel Macron con un messaggino Twitter, annunciando 3 miliardi di investimenti sui nuovissimi reattori di quarta generazione di Buono.

La sera del 15 maggio m.eur le président ha scritto sulla popolare piattaforma social: “Newcleo choisit la France! Grâce au plan France 2030, l’entreprise italo-britannique va lancer en France sa nouvelle technologie nucléaire”. In italiano: la Newcleo ha scelto la Francia e grazie al piano Francia 2030 l’azienda italobritannica si prepara a lanciare in Francia la sua nuova tecnologia nucleare.

La Francia intanto ha dato vita all’Alliance du nucléaire (Alleanza del nucleare ndr), un organismo europeo di lobby che riunisce i Paesi che hanno centrali atomiche oppure, come nel caso dell’Italia in veste di socio sostenitore, che sono interessati a partecipare a programmi internazionali. Un primo successo era stato colto dall’alleanza atomica con la Commissione europea, quando giorni fa ha ottenuto il riesame dei programmi per finanziare il percorso di decarbonizzazione. Solamente le energie rinnovabili come vento e sole, oppure (così si era chiesta la Commissione di Bruxelles dopo le pressioni dell’Alliance) vogliamo incentivare anche l’energia atomica, anch’essa priva di emissioni cambiaclima ma sicuramente più efficace nel produrre elettricità in modo intensivo?

IL SENATO APPROVA LA LEGGE PER RILANCIARE IL NUCLEARE IN FRANCIA

Qualche giorno prima del tweet di Macron, l’altra settimana il Senato francese aveva approvato la legge per la costruzione di nuovi reattori nucleari con un consenso plebiscitario dei senatori: 15 astenuti, 13 voti contrari e 315 voti per abolire i vincoli antinucleari. Obiettivo: costruire 14 nuovi reattori con tecnologia nazionale Epr.

Era stato François Hollande nell’agosto del 2015 a imporre sulla produzione elettrica francese il tetto del 50% atomico. E poi si erano aggiunti tariffe penalizzanti per l’EdF, la società elettrica francese, e soprattutto la crisi profonda generata dal 2021 dalla scoperta di punti di corrosione in alcune tubazioni dei reattori, corrosione che ha costretto alla fermata diverse centrali.

A titolo di esempio, il giorno 16 maggio erano in attività 35 reattori per una potenza attorno ai 37mila megawatt (il 59-60% del fabbisogno francese), 3 reattori lavoravano a mezza forza e 23 reattori erano spenti del tutto, alcuni in via definitiva e alcuni in via temporanea per le manutenzioni o le oscillazioni della domanda. Per esempio, la centrale di Fessenheim affacciata sul Reno che fa da confine con la Germania è una di quelle destinate (fino all’altro giorno) alla chiusura definitiva per dare una soddisfazione al partito antinucleare, in Francia piccolo ma combattivo.

La crisi profonda dell’EdF indotta dalle tariffe punitive, dai vincoli e soprattutto dalla necessità di manutenzione straordinaria di una particolare tipologia di reattori ha indotto l’anno scorso la Francia a interrompere la privatizzazione della società elettrica, quotata in Borsa, per fare marcia indietro verso un programma di rinazionalizzazione.

Le Pays d’Uranium

La Francia è il Paese europeo che marcia a tutto nucleare. Fu una scelta strategica dettata dalla crisi petrolifera del 1973. Ogni Paese gestì l’emergenza a modo suo. Per esempio, l’Italia introdusse le regole dell’austerity (qualcuno di età argentea ricorderà le domeniche a piedi), impose superbolli e nuove imposte contro l’energia (imposte mai più soppresse) e pianificò la costruzione di colossali centrali elettriche “policombustibile”, cioè che potevano bruciare indifferentemente non solamente l’olio combustibile di derivazione petrolifera (diventato troppo caro) ma anche carbone (le miniere sarde del Sulcis hanno ancora oggi riserve immense di minerale) e metano (l’Italia che ricordava Enrico Mattei ne era un’antesignana nel mondo).

La Francia no: niente combustibili fossili per la sua elettricità. Scelse la via atomica. Nella scelta nucleare francese c’era anche l’obiettivo di correlare la tecnologia energetica con quella del nucleare militare, poiché le due diverse tecnologie non sono fra loro compatibili ma possono avere qualche sinergia per esempio nella gestione dei rifiuti irraggiati.

Oggi i 63 reattori atomici dell’EdF (Électricité de France) forniscono il 75% della produzione elettrica nazionale e assegnano al Paese la più bassa emissione mondiale di CO2 per chilowattora. Quattro numeri di confronto. Il 19 maggio alle ore 10 la francia emetteva 28 grammi di CO2 per chilowattora prodotto, la rinnovabilissima ed eolica Danimarca ne emetteva quattro volte tanto (127 grammi), l’Alta Italia con le centrali a gas 335 grammi e l’ecologica Germania, mentre il suo fotovoltaico andava a manetta ma non bastava doveva essere integrato dalle centrali a carbone, emetteva 357 grammi di CO2 per chilowattora prodotto.

In Francia, il limite di legge ai reattori limita il loro ricorso alla potenza elettrica di 63.200 megawatt. Ora lo scenario politico nazionale è cambiato.

Francia e nucleare, lodi e infamie dell’Epr

Il nuovo piano atomico francese prevede la costruzione di 14 nuovi Epr (European pressurized reactor), cioè la tecnologia francese adottata nella centrale appena partita in Finlandia a Olkiluoto dopo ritardi mostruosi e innumerevoli preventivi vaporizzati. L’altro reattore Epr è inattivo e in eterno completamento a Flamanville, sulla costa della Normandia. Che cos’hanno che non vanno? Semplice. Innovativi quando furono progettati, erano esemplari quasi sperimentali. Infatti da qualche anno in Cina la tecnologia Epr è stata adottata in tutta serenità per costruire velocemente centrali-fotocopia.

La crisi ucraina, con gli sconquassi sui costi energetici, ha spinto i francesi a riprendere quella tecnologia che tante gioie ha dato nel mondo e tanti dolori ha dato in patria. Di fronte a prospettive di crescita dei consumi del 90% entro il 2040, la società dell’alta tensione Rte (corrisponde all’italiana Terna) chiede meno centrali instabili come quelle rinnovabili ed esige una crescita in centrali solidamente produttive, altrimenti teme l’arrivo di blackout.

Chiudere la centrale di Fessenheim sul Reno? “Une erreur”, un errore, protesta Jean-Pierre Moga, parlamentare relatore della legge nuclearista nella commissione Affari pubblici. Moga dice che tutte le fonti energetiche vanno bene, anche le rinnovabili, ma non limitarsi a preferirne una sola.
Così il Senato ha deciso di sostituire l’obiettivo “non superare il 50% di nucleare entro il 2035” con l’obiettivo “restare oltre il 50% fino al 2050”. Occupazione aggiuntiva prevista: 30mila persone altamente qualificate.
Già in febbraio Macron aveva annunciato un programma di 6 reattori Epr da avviare entro il 2050, il primo dei quali in rete nel 2035. “Dobbiamo riprendere la grande avventura del nucleare civile”, aveva detto, “senza mettere in contrapposizione fra loro le diverse fonti d’energia”. Una dozzina d’anni per una centrale.

Le aziende interessate

Anche se parte delle capacità industriali atomiche italiane sono state disperse dai due referendum, in Italia sono attive nel settore diverse aziende. La Newcleo, startup per lo sviluppo di sistemi nucleari innovativi di quarta generazione, recentemente ha firmato un’intesa con Enea con l’obiettivo di produrre energia in modo sicuro, affidabile e sostenibile attraverso la realizzazione di Advanced Modular Reactor di piccole dimensioni raffreddati al piombo invece che ad acqua. Vi studiano anche gli scienziati del centro Enea del Brasimone, sull’Appennino che domina Bologna.

L’Ansaldo Nucleare ha commesse per 600 milioni di euro per la fornitura della camera a vuoto per un reattore sperimentale da 500 Megawatt di potenza cui partecipano anche altre aziende come Mangiarotti e Walter Tosto.
Leonardo, attraverso la sua Vitrociset, si è aggiudicata la gara indetta da Iter per lo sviluppo delle infrastrutture diagnostiche del reattore e i relativi servizi di ingegneria.

Eni partecipa a progetti internazionali per la ricerca sulla fusione a confinamento magnetico: il Commonwealth Fusion Systems (Cfs), spin-out del Mit 2018; il Plasma Science and Fusion Center (Psfc) del Mit; il Divertor Tokamak Test (Dtt), progetto nato da un’intesa per un grande polo scientifico-tecnologico sulla fusione che verrà realizzato nel centro ricerche Enea di Frascati (Roma). La Asg di Genova e la Simic di Marghera hanno realizzato le bobine superconduttrici che formano il toro principale di Iter.

La riscoperta atomica

Il caso francese non è unico. I cinesi e soprattutto la russa Rosatom stanno vendendo in tutto il mondo centrali con le loro tecnologie. Pochi mesi fa è stato avviato in Slovacchia un grande reattore a tecnologia russa ad acqua pressurizzata a Mochovce (partecipato dall’Enel); dopo anni di ritardo è riuscito a decollare il reattore a tecnologia francese Epr di Olkiluoto in Finlandia; a fine aprile la Turchia ha avviato la centrale di Akkuyu (tecnologia Rosatom); l’altra settimana la Bielorussia ha acceso il nuovo reattore da 1.200 megawatt di Astravec, ancora una volta con tecnologia russa e con un prestito di Mosca da 10 miliardi di dollari.

Così l’Italia ai primi di maggio con due mozioni congiunte approvate dalla Camera ha riaperto le porte al nucleare dopo i referendum antiatomici del 1987 e del 2011, impegnando il governo a valutare tutte le opportunità per reinserire l’energia atomica nel portafoglio energetico. Il testo, sostenuto tra gli altri da Azione e Italia Viva, dà il via libera anche al finanziamento italiano di centrali all’estero. La mozione di maggioranza che impegna il governo, tra l’altro, “al fine di accelerare il processo di decarbonizzazione dell’Italia, a valutare l’opportunità di inserire nel mix energetico nazionale anche il nucleare quale fonte alternativa e pulita per la produzione di energia”.

LA NUOVA FRONTIERA DEL NUCLEARE IN FRANCIA SONO I MINIREATTORI

La nuova frontiera della quarta generazione nucleare sono i minireattori, quelli di taglia di quartiere, e i microreattori, cioè la taglia per alimentare una fabbrica. Invece di fare grandi impianti, farli piccoli e affiancarli fino a raggiungere la potenza desiderata. Sono i reattori di cui ha scritto Macron a proposito della nuova tecnologia italiana della Newclear. I reattori modulari di taglia ridotta (small modular reactor, Smr) e di taglia micro (Mmr) sono quelli dell’Ultra Safe Nuclear di Seattle, già operativi in Canada e negli Usa mentre in Finlandia ed in Polonia sono previsti a partire dal 2026, e in Inghilterra vi lavora la Rolls Royce; negli Usa c’è Terrapower promosso da Bill Gates. Ma ci sono anche gli autofertilizzanti veloci come quelli che sta sviluppando la russa Rosatom, i quali divorano non l’uranio bensì il plutonio ricavato dal disarmo delle bombe atomiche da eliminare.

Ma (attenzione) c’è chi traguarda non solamente il futuro semplice ma anche il futuro anteriore: la Microsoft ha appena avviato un contratto future per avere una fornitura elettrica dalle centrali a fusione d’idrogeno. La tecnologia che tutti studiano ma che non esiste ancora.


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