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ERA una calda estate partita con un po’ di anticipo quella del giugno 2021: eravamo ancora alle prese con la pandemia, le notizie che arrivavano dall’Ucraina di concentrazione di truppe militari della Russia erano surreali. I prezzi del gas, però, molto sensibili dopo una fiammata a gennaio, avevano cominciato a reagire riportandosi verso i 25 euro per megawattora, valore che era doppio rispetto alla media del 2020.

SULLE MONTAGNE RUSSE

Da lì è partita una spirale rialzista che ha portato a un picco superiore di oltre 10 volte, a 330 euro per megawattora, a fine agosto dell’anno scorso: ieri, come per magia, siamo tornati di nuovo a 25 euro. Un turbine, una fiammata che, al di là di come si muoveranno i prezzi nelle prossime settimane, testimonia l’alto grado di finanziarizzazione dei mercati delle materie prime e dell’energia in particolare. Lungi da teorie cospirative circa il ruolo della speculazione, sta di fatto che simili oscillazioni non sono proprio quello che la teoria economica auspicherebbe per l’ottimale allocazione delle risorse e per dare segnali ai consumatori, la domanda, e ai produttori, l’offerta per fare scelte razionali. Attenzione, però, perché le quotazioni del prossimo inverno sono più che doppie rispetto a quelle attuali, con un tipico caso di riporto, o “contango”, che non trova limite nel fisico. Il riporto è la differenza positiva fra prezzi dei contratti con consegna nel futuro e prezzi dei contratti delle partite con pronta consegna.

Un valore doppio al prezzo del contango si verifica raramente ed è dovuto all’eccesso di offerta immediata che non trova collocazione nel sistema delle scorte perché già pieno. Siamo oltre il 66% di riempimento in Europa, contro valori normali per questo periodo del 30-40%. La crisi non è finita, è vero, c’è una guerra ancora in corso, ma la situazione è nettamente migliore di un anno fa e possiamo dire che il peggio è passato. Solo qualche mese fa cantavamo vittoria, noi italiani, per essere riusciti, dopo un anno di sforzi, a far mettere un tetto al prezzo del gas a 180 euro, livello che ora appare stellare. Fra le ragioni della caduta c’è anche il fatto che la domanda finale ha dimostrato di essere molto reattiva agli alti prezzi, con riduzioni dei consumi inaspettati, anche tenuto conto delle condizioni climatiche migliori dello scorso inverno. Aiuta l’abbondante produzione di rinnovabili, in particolare l’eolico del Mare del Nord, a cui si somma anche un miglioramento nel processo di manutenzione delle centrali nucleari francesi. E poi c’è la grande questione aperta delle forniture provenienti dalla Russia che, nonostante tutta la confusione che abbiamo fatto, continuano ad arrivare regolarmente, anche se per quantitativi ridotti.

Nel 2022, l’anno della guerra, l’Unione europea ha importato dalla Russia 100 miliardi metri cubi, contro i 170 dell’anno precedente, fetta che non è proprio quella richiesta da un duro embargo, come molti auspicavano nei giorni subito dopo l’inizio della guerra.

L’INSTABILITÀ COSTANTE

Tuttora, anche ieri mattina, sono continuati a transitare dall’Ucraina verso l’Europa volumi di gas dalla Russia con ritmi nettamente inferiori al normale. Il fatto che il rubinetto sia aperto allontana timori di scarsità fisica per il prossimo inverno e rende del tutto improbabili situazioni di panico come quelle registrate durante la scorsa estate. Dovessero salire i prezzi, per scarsità, allora i volumi dalla Russia riprenderebbero più abbondanti. Guardando avanti, l’unica certezza è sempre l’instabilità, quella che brutalmente ci ha insegnato la crisi del 2022, non ancora chiusa, ma sulla quale possiamo ora tirare un sospiro di sollievo.


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