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L’indice di fiducia dei consumatori a giugno sale a 108,6 con tutti i parametri positivi, in lieve calo il sentiment delle imprese. Ma in Italia va decisamente meglio rispetto a Germania e Francia

I consumatori italiani recuperano una buona dose di ottimismo. Il dato Istat di giugno sulla fiducia ha rilevato infatti una crescita importante dell’indice da 105,1 a 108,6. E sono positivi tutti i parametri, dalle valutazioni sul clima economico a quello personale fino all’occupazione e al bilancio familiare. Una sola eccezione sull’opportunità attuale del risparmio scesa da 142,2 a 136 che potrebbe però rimbalzare su un aumento dei consumi.

L’Istat ha sottolineato come l’evoluzione decisamente positiva dell’indice di fiducia dei consumatori lo abbia portato a un livello massimo da febbraio dello scorso anno. In particolare gli italiani vedono miglioramenti della situazione economica del Paese. Ed è sicuramente importante che l’andamento positivo di Pil e occupazione stia “convincendo” anche i consumatori che rappresentano un ingranaggio importante del sistema.

Un’ombra invece è rappresentata dal calo, anche se lieve, della fiducia delle imprese che, ha commentato l’Istituto di Statistica, si posiziona al livello più basso dallo scorso dicembre. A portare giù l’indice, in particolare, il comparto manifatturiero e del commercio al dettaglio. Occorre però precisare che la riduzione dell’indice medio è minima, da 108,6 a 108,2 e, dunque, delinea più che un calo un andamento stazionario. Più accentuato il trend negativo per il manifatturiero da 101,2 a 100,3. Dei servizi di mercato (da 10 a 103,7) e del commercio al dettaglio (da 11,4 a 110,5). In recupero le costruzioni che vanno da 159,4 a 162,5.

In ogni caso, pur con questo elemento non brillante, la situazione delle imprese italiane è decisamente migliore rispetto a quella di importanti partner europei. Secondo l’Ifo Business Climate Index l’indice del clima economico della Germania è peggiorato al minimo a giugno. L’Ifo Business Climate Index è sceso infatti a 88,5 punti a giugno dai 91,5 punti di maggio. A pesare è soprattutto la debolezza del settore manifatturiero. Ma su terreno negativo si collocano tutti i comparti. E le previsioni sono orientate al peggio. In miglioramento il sentiment delle imprese in Francia, ma l’indice salito a 101 punti è comunque al di sotto di quello italiano a 108,3.

Un fattore decisamente incoraggiante per l’economia italiana è poi la risposta delle imprese relativamente alle esportazioni. Per il terzo trimestre consecutivo si riduce il numero delle imprese che segnala ostacoli alle spedizioni all’estero con la contrazione dal 40,3% al 34,7 per cento. Tutto dunque lascia prevedere che nei prossimi mesi le performance del sistema produttivo miglioreranno. D’altra parte già oggi se è comprensibile il pessimismo per quanto riguarda il commercio al dettaglio, si spiegano meno invece le preoccupazioni per i servizi turistici. Soprattutto in considerazione delle ottime performance del settore.

Secondo l’Osservatorio Turismo di Confcommercio sulle vacanze degli italiani, realizzato con la SWG, quest’estate saranno in viaggio 30 milioni di cittadini italiani e un record di stranieri che consentiranno di superare i valori del 2019. E il turismo si conferma così il motore dell’economia italiana. Anche se poi è la stessa Confcommercio che nel commento sui dati Istat di giugno ha evidenziato “una situazione caratterizzata da molteplici elementi di incertezza e di non semplice interpretazione”.

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Secondo Confcommercio ad allarmate le imprese sono le criticità delle economie di importanti partner e i timori di un rallentamento della domanda delle famiglie. Il Codacons, generalmente molto cauto nel valutare la condizione del Paese, pur in presenza di dati favorevoli, ha “letto” la ripresa della fiducia dei consumatori come “un segnale positivo. Specie sul fronte della propensione ai consumi da parte delle famiglie. Da un lato la frenata dell’inflazione e il costante attenuarsi del fenomeno del caro-bollette, dall’altro l’arrivo della stagione estiva, hanno infuso ottimismo nei consumatori, migliorando le loro aspettative e incrementando l’indice sulla fiducia”.

Per il Codacons a una maggiore fiducia corrisponde una maggiore propensione ai consumi e alla spesa nel breve periodo da parte dei consumatori. Un tesoretto che l’associazione chiede di sfruttare al meglio. Adottando le misure per tutelare il potere d’acquisto e i redditi garantendo una rapida discesa dei prezzi al dettaglio in quei settori, come alimentari e carrello della spesa, dove i listini sono ancora elevati.

Sono proprio i prodotti alimentari un fattore chiave della ripresa dei consumi. Ma sono anche quelli che più di altri sono penalizzati dall’inflazione che, se sembra aver imboccato la via del contenimento, per l’agroalimentare resta inchiodata a due cifre, con un aumento quasi doppio del dato medio del 7,6% di maggio. Un caro-prezzi che, ha spiegato Coldiretti, ha costretto gli italiani a spendere oltre 3 miliardi in più per mangiare. Tagliando però le quantità e innescando così un corto circuito che ha finito per penalizzare sia i consumatori che le aziende.

E sull’impennata dei prezzi dei prodotti agricoli, in particolare l’ortofrutta, è intervenuto nei giorni scorsi Mr Prezzi che ha garantito un’analisi puntuale delle dinamiche dei listini delle filiere, distinguendo la produzione nazionale da quella estera, come ha sollecitato la Coldiretti, controllando tutte le variabili che concorrono alla formazione del prezzo finale con l’obiettivo di evitare colli di bottiglia e speculazioni. Un’ulteriore misura per rassicurare i consumatori.

Il rallentamento degli acquisti ha avuto un impatto particolarmente negativo sul commercio tradizionale. La Confesercenti ha infatti lamentato, a fronte dei segnali rassicuranti sul fronte dei consumatori, difficoltà per i piccoli negozi sempre più condizionati dall’alta inflazione. Le piccole superfici hanno meno mezzi rispetto alla grande distribuzione per contenere l’aumento generale dei prezzi in una condizione di volumi in calo e margini ridimensionati. È questo che ha portato, secondo Confesercenti, ai giudizi degli operatori in caduta significativa da 11,9 di maggio a -6,9 di giugno. Il rischio per la distribuzione tradizionale, secondo l’associazione, è di una ulteriore uscita di migliaia di imprese “un’ossatura che ha più che mai l’esigenza di essere sostenuta con interventi che ne migliorino la competitività”.


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