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LA PRODUZIONE dell’industria in Germania è diminuita dello 0,8% a luglio, peggio delle stime (-0,5%) e dopo -1,4% a giugno. Si è trattato del quarto calo quest’anno, che a livello annuale porta la produzione a ridursi del 2,1%, dopo essere diminuita dell’1,5% nel mese precedente. Vista la forte dipendenza dell’industria italiana da quella tedesca, era dunque inevitabile che la nostra produzione manifatturiera perdesse lo 0,7% mensile e il 2,1% annuale, due dati peggiori delle attese che prevedevano un -0,3% mensile e un -1,7% annuale.

“Dopo due mesi di crescita congiunturale l’indice destagionalizzato della produzione industriale registra, a luglio, una diminuzione; questa è diffusa ai principali comparti, con l’esclusione dell’energia. È, tuttavia, lievemente positivo l’andamento congiunturale complessivo nella media degli ultimi tre mesi”, ha commentato l’Istat. I mercati guardano e aspettano. Milano è la migliore in Europa (+1,03) visto che il governo ha depotenziato la legge sui sovraprofitti delle banche il cui gettito scenderà forse a un miliardo. Tuttavia la preoccupazione è segnalata dallo spread a 175 punti topo da due mesi.

Già all’inizio dell’estate la premier Giorgia Meloni aveva espresso la sua preoccupazione per le conseguenze del forte rallentamento dell’industria in Germania. Una fratellanza che ora mette in difficoltà la Bce. Non a caso, osserva Vincenzo Bova, senior analist di Mps, quella di giovedì per la Bce sarà probabilmente la riunione più incerta dal luglio 2022 e cioè da quando ha iniziato a rialzare i tassi. “A Francoforte non hanno dato indicazioni – aggiunge – hanno detto che sono data dependent. L’inflazione generale ha decelerato mentre la ‘core’ è rimasta ferma. Tuttavia la dinamica salariale è forte, l’inflazione è al 5,3% e il target al 2%, anche se i dati sul Pil e sulla produziuone dimostrano che l’economia in questa fase va male”.

Giovedì dunque sapremo se Francoforte guarda più all’inflazione o alla debolezza dell’economia. Il fronte olandese, austriaco e belga insiste nel dire che l’inflazione è ancora troppo alta e che occorre rialzare i tassi, mentre quello italiano e greco evidenza l’indebolimento dell’economia e sostiene che non c’è bisogno di un altro rialzo. Ora anche la Germania comincia a essere interessata ad un allentamento. “Prevedo che la decisione verrà presa con una maggioranza piuttosto risicata e non con una maggioranza assoluta come c’e’ stato finora. Inoltre prevedo anche che la Bce manterrà un atteggiamento aggressivo”.

“L’economia italiana e quella tedesca sono troppo interdipendenti perché possa essere altrimenti”, conferma Lucio Poma, capo economista dell’Osservatorio Nomisma. L’anno scorso il nostro commercio ha raggiunto per la prima volta i 142 miliardi di euro. Record anche per le esportazioni verso la Germania, che hanno sfiorato i 77,5 miliardi di euro, ovvero il 12% del totale delle nostre esportazioni”. Si stima che il 20% di un’auto tedesca sia composta da elementi made in Italy. Nella prima metà del 2023 la produzione dei quattro principali produttori tedeschi è scesa del 20% rispetto allo stesso periodo del 2019. Brutte notizie per uno dei polmoni economici italiani.«I settori della componentistica meccanica e dei macchinari industriali sono particolarmente esposti – nota ancora Lucio Poma – ma non sono gli unici.

Anche i settori dei prodotti chimici e degli imballaggi stanno soffrendo. Gli Stati Uniti e la Francia, gli altri due principali paesi verso cui esporta, acquistano prodotti finiti. Un rallentamento dell’industria in Germania, invece, si ripercuote su tutto il nostro settore della produzione industriale, in particolare su quelle PMI e PMI che sono i pilastri della nostra economia. » L’Italia si è illuso che le sue aziende, più piccole e più agili di quelle tedesche, avrebbero reagito meglio ai recenti shock energetici e geopolitici.Gli scarsi risultati economici registrati quest’estate gli ricordano che le aziende tedesche sono tanto rivali quanto clienti. Non solo nell’industria. Giacomo Suglia, che presiede l’Associazione degli esportatori ortofrutticoli (Apeo), ricorda che la sola Germania acquista un terzo della produzione transalpina. Quanto alle regioni nord-orientali della penisola, meta preferita dei vacanzieri tedeschi, quest’estate hanno visto crollare di quasi il 30% l’afflusso di turisti provenienti da Oltralpe. “Quando l’economia tedesca starnutisce, la crescita italiana prende il raffreddore” potrebbe quindi diventare un nuovo ritornello.


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