X
<
>

Sergej Lavrov

Share
5 minuti per la lettura

Sono passati ormai tre mesi dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ma è sempre più difficile prevedere come finirà. I fatti hanno già smentito chi giurava che un esito rapido con la conquista da parte di Mosca. E, per questo, suggeriva di abbandonare Kiev al suo tragico destino in cambio della tranquillità dell’Europa.

Allo stesso modo, i fatti sembrano smentire chi confidava nel successo certo dell’autodifesa dell’Ucraina. Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov conferma: la “priorità assoluta” di Mosca è la “liberazione” di Donetsk e Luhansk, le due regioni orientali che compongono il Donbas. Da un lato, le forze russe bombardano le aree a nord della città di Donetsk con armi leggere, carri armati, artiglieria, mortai e missili a lungo raggio. Dall’altro, avanzano nel centro della città di Severodonetsk, nel Luhansk, a nord-est dell’Ucraina. Sotto i bombardamenti ci sono anche le regioni settentrionali di Sumy, Chernihiv e Kharkiv. Insomma, non bastano le maggiori motivazioni dei resistenti contro la crudeltà dell’esercito invasore.

Soprattutto, non bastano gli aiuti militari ricevuti dai paesi occidentali: per troppo tempo hanno cincischiato e ancora oggi sembrano timorosi. Proprio ieri il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha assicurato che non spedirà in Ucraina quei missili a lungo raggio che potrebbero raggiungere il territorio russo, provocando una reazione letale del Cremlino contro la Nato. Ma una vittoria militare contro la Russia è “improbabile” se gli Stati Uniti trattengono i rifornimenti di artiglieria a lungo raggio, spiega alla Cnn Alexey Arestovych, consigliere presidenziale ucraino.

L’amministrazione americana sta valutando la richiesta di Kiev di ricevere missili Mlrs, Multiple Launch Rocket Systems, che possono colpire obiettivi fino a 300 chilometri, o circa 186 miglia, a seconda del tipo di munizioni. Secondo Arestovych anche una ventina di questi sistemi d’arma sarebbe un “punto di svolta” nel conflitto con la Russia: consentirebbero all’Ucraina di difendersi e di contrattaccare. Ma le parole di Biden ci ricordano la spaventosa forza della minaccia nucleare russa. 

Come può evolvere, dunque, questa guerra di attrito in cui tutto procede così lentamente? Nei giorni scorsi Mathew Burrows e Robert A. Manning, due consulenti esperti di sicurezza della Scowcroft Strategy Initiative presso l’Atlantic Council, hanno proposto tre possibili scenari.

Il primo è quello di una Ucraina “lentamente strangolata”, mentre “la Russia consolida il suo ponte di terra verso la penisola di Crimea” e, pur priva del controllo completo della costa ucraina del Mar Nero, “distrugge o blocca la città portuale di Odessa, lasciando Kiev senza sbocco sul mare”. Per il resto, Putin continua a bombardare le infrastrutture in altre regioni e annette parti del sud e dell’est. Il risultato è l’Ucraina destabilizzata e la dichiarazione di vittoria di Mosca. A quel punto, Putin passa a chiedere il conto.

Accetta un cessate il fuoco – ma non un accordo di pace – in vista di maggiori guadagni di territorio in futuro fino alla Moldova, sostenuto da concessioni della Nato (per esempio, il riconoscimento della Crimea come territorio sovrano russo). Le sanzioni occidentali contro la Russia restano in vigore e le condizioni economiche peggiorano per tutti, con Europa e Usa che “precipitano nella recessione”, mentre cresce il “malcontento politico”.

Nel frattempo “la crisi alimentare globale su vasta scala si traduce in rivolte e disordini a spirale dallo Sri Lanka all’Egitto” e le principali nazioni esportatrici – India, Indonesia e Malesia – aumentano il loro “protezionismo alimentare”. Crescono così la crisi del debito dei paesi in via di sviluppo e l’instabilità di Africa e Asia. Nel 2023, il consenso occidentale a sostegno dell’Ucraina si logora sempre di più. Preoccupate per i costi economici, il carico di profughi e i timori di un’escalation (compreso il rischio di un attacco nucleare), Germania e Francia cercano di spingere Kiev all’accordo di pace con Mosca.

Il secondo scenario tratteggiato dagli esperti dell’Atlantic Council contempla una migliore capacità di reazione dell’Ucraina, con “la Russia costretta alle aree di controllo precedenti al 24 febbraio” entro l’inizio del 2023. Nonostante le spedizioni occidentali di armi più avanzate, le forze ucraine non fanno però ulteriori progressi. In tal caso, potremmo assistere a un “crescente malcontento dei russi per via di un’economia al collasso” e alla progressiva stanchezza di un “esercito esausto e frustrato dai ripetuti fallimenti”.

Putin riceve pressioni sempre più forti per concludere un accordo con l’Ucraina. Un ruolo da protagonista dei colloqui di pace potrebbero svolgere, per il versante europeo, il presidente francese Emmanuel Macron e, per quello asiatico, il presidente della Cina Xi Jinping. In questo quadro, sarà da valutare anche il risultato delle elezioni americane di medio termine del novembre 2022. Nel caso, infatti, di una schiacciante vittoria repubblicana, “un numero crescente di legislatori del Gop potrebbe orientarsi al blocco degli aiuti militari statunitensi” a Kiev per chiedere di rifocalizzare l’attenzione di Washington sulle sfide economiche interne e sulla minaccia esterna principale: la Cina.

Il terzo ipotetico scenario – l’Ucraina che riconquista quasi tutto il suo territorio, tranne la Crimea – è certamente quello più improbabile. Troppi elementi dovrebbero verificarsi: un “significativo aumento delle spedizioni di armi occidentali in Ucraina”, il “crollo del morale russo sia a livello tattico che strategico”, l’incapacità di Mosca di “sostituire l’hardware militare ai livelli necessari” a causa alle sanzioni occidentali.

Ma se questo scenario dovesse realizzarsi, potrebbe scattare la reazione furente della Russia: è la minaccia concreta di rappresaglia nucleare con i missili puntati contro Kiev. A quel punto, “la terza guerra mondiale diventa una possibilità concreta”, specie se dovesse fallire lo sforzo diplomatico di Francia e Cina. Secondo gli analisti americani, l’ipotesi di un successo ucraino, tuttavia, potrebbe anche incoraggiare la rabbia della società civile russa contro il governo di Mosca e spingere gli alti funzionari dell’esercito e dell’intelligence a provocare le dimissioni di Putin, magari garantendo il suo patrimonio e l’impunità rispetto all’accusa internazionale per crimini di guerra. 

Purtroppo, il finale di questo tragico film è ancora tutto da scrivere. I risultati militari sono ancora tutti possibili, troppe essendo le variabili in campo. Intanto sappiamo che una serie di shock negativi – il tonfo dell’economia russa, la crisi alimentare globale, la potenziale di crisi del debito nei paesi in via di sviluppo, la minaccia di recessione in Occidente – produrrà certamente danni economici consistenti e duraturi per tutti i protagonisti di questa storia. E l’equilibrio geopolitico globale non potrà più essere lo stesso che abbiamo conosciuto fino al 24 febbraio di quest’anno.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE