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Olaf Scholz ed Emmanuel Macron

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Energia, tra Francia e Germania arriva la “pax elettrica” che aveva tenuto in ostaggio la riforma del mercato energetico in Europa

Tra Francia e Germania c’è stata finalmente la “pax elettrica” che aveva tenuto in ostaggio la riforma del mercato energetico in Europa. Porterà nuovi e positivi sviluppi in altri dossier dove la UE fa fatica a trovare un compromesso? È il segnale di una ritrovata armonia dell’asse che tradizionalmente spinge l’integrazione nei Ventisette? È ancora presto a dirsi perché l’accordo rappresenta una concessione tedesca ai francesi.

Una concessione obtorto collo e parziale perché Berlino continua a temere che il nucleare di Parigi, e quindi l’elettricità a prezzi controllati, possa creare distorsioni nel mercato unico tali da favorire l’industria d’Oltralpe rispetto alla Deutschland AG, già traumatizzata dall’essere rimasta orfana (come del resto l’Italia) del gas russo.

ENERGIA ELETTRICA, TRA FRANCIA E GERMANIA ARRIVA IL COMPROMESSO

Il compromesso è stato trovato all’ultimo Consiglio dei ministri dell’Energia che si è tenuto nei giorni scorsi in Lussemburgo. Fa parte di un intesa più ampia in cui le nuove regole dovrebbero permettere ai consumatori di beneficiare di contratti a prezzo fisso più a lungo termine e quindi meno vincolati alle oscillazioni del mercato e facilitare nel contempo gli investimenti in nuovi progetti da fonti rinnovabili.

Lo schema di fissazione dei prezzi sarà quello dei cosiddetti Contratti per differenza, CfD secondo l’acronimo in inglese. Si tratta di contratti a lungo termine nei quali si stabilisce un corridoio di prezzo per l’elettricità venduta sul mercato europeo. È dotato di un meccanismo di compensazione che funziona più o meno nel seguente modo: se il prezzo di vendita dovesse risultare più basso del limite inferiore al corridoio, lo Stato si impegna a corrispondere la differenza al produttore; se invece è superiore al limite massimo, sarà il produttore a restituire la differenza allo Stato, che a sua volta potrà “girarlo” agli utenti finali, cioè famiglie e imprese.

ANCHE IL NUCLEARE ENTRA NELLO SCHEMA DI FISSAZIONE DEI PREZZI

La Francia è riuscita a far entrare il nucleare in questo schema, originariamente concepito per le nuove energie rinnovabili. Con la possibilità di poter finanziare gli investimenti anche nel parco di reattori nucleari già esistenti e non soltanto nei progetti di nuova generazione. Una possibilità inserita come preambolo nella proposta di legge che ora andrà all’Europarlamento per un trilogo con Commissione e Consiglio Ue.

Ed è proprio su questo aspetto che si era concentrata la preoccupazione tedesca essendo il nucleare più a buon mercato dell’energia elettrica prodotta grazie al gas.: La possibilità per il Governo francese di sussidiare ampiamente le bollette di imprese e privati e di continuare a investire massicciamente nelle centrali nucleari. Nell’accordo Berlino ha introdotto il caveat di un controllo rafforzato sugli investimenti nei vecchi reattori, cha andranno realizzati “caso per caso” e a “determinate condizioni” e in generale un monitoraggio sulla compatibilità degli aiuti pubblici generati dal nuovo schema di fissazione dei prezzi.

ENERGIA ELETTRICA, IL VERTICE TRA FRANCIA E GERMANIA

È probabile che l’impasse che stava ulteriormente danneggiando relazioni bilaterali già ai minimi storici sia stato raggiunto ad Amburgo il 9 e 10 durante il vertice tra Olaf Scholz ed Emmanuel Macron. Il cancelliere tedesco e il presidente francese hanno voluto usare la formula, tanto cara a Berlino, della Klausur. Del ritiro in posti non necessariamente formali, per riflettere non soltanto sui rapporti tra i due Paesi, ma sull’aggravarsi delle tensioni geopolitiche, tra Medio Oriente, guerra in Ucraina e rapporti con la Cina.

La Francia vende l’accordo europeo come un successo personale e in parte lo è poiché il concetto sul quale ha insistito Parigi fin dall’inizio è che la fiammata dei prezzi dell’elettricità in seguito all’escalation tra Russia e Ucraina e poi all’invasione, era dovuta in larga parte anche al fatto che questi a loro volta erano sostanzialmente determinati dalle quotazioni del gas. Quotazioni che non riflettevano il minor costo che in effetti ha sempre avuto l’elettricità generata dal nucleare, che per la Francia rappresenta il 70 per cento del totale. “I consumatori in Europa pagheranno finalmente una media dei costi di produzione”, ha commentato la ministra francese dell’energia Agnes Pannier-Runacher, invece di sostenere i costi delle fluttuazioni dei prezzi sui mercati dei combustibili fossili.

IL RUOLO DELLA POLONIA NELL’ACCORDO

Nell’ambito dello stesso accordo una concessione va alla Polonia. Potrà fornire sostegno alle proprie centrali a gas e a carbone fino al 2028 mentre la data precedente perché andassero offline era al 2025.

In sede di trilogo sono possibili emendamenti, anche importanti. Alcune associazioni di categoria in Germania hanno espresso la loro insoddisfazione, anche perché non gradiscono il nucleare, dal quale Berlino è da poco definitivamente uscita con la chiusura degli ultimi reattori, e hanno dovuto accettare la proroga delle centrali a carbone polacche.

È il caso della lobby dell’industria delle rinnovabili, BEE, che ha criticato le concessioni a Parigi e Varsavia bollandole come scelte “che sembrano appartenere a un’altra era”. L’associazione delle industrie energetiche BDEW ha invece sottolineato come l’applicazione dei CfD agli impianti nucleari esistenti debba essere “circoscritta ad alcuni casi precisi” e guidata da “chiari principi sulle politiche di sostegno pubblico”.

POSSIBILI NUOVI ACCORDI TRA FRANCIA E GERMANIA

Ci si chiede a questo punto se dopo aver rotto il ghiaccio ad Amburgo e trovato il compromesso sull’energia, Francia e Germania possano tornare a stringere su altri dossier importanti dell’integrazione europea. Un segnale positivo potrebbe essere il documento congiunto di esperti dei due Paesi sulle riforme istituzionali da attuare in vista del prossimo round di allargamento (Balcani e poi Ucraina). I due concetti chiave del progetto riguardano il sistema di voto, che per le questioni di politica internazionale dovrebbe passare dall’attuale unanimità a una maggioranza qualificata con “correttivo” per accontentare i Paesi più piccoli; e un processo di integrazione a cerchi concentrici.

Sarebbe sperabile uno sblocco anche del progetto di riforma delle regole del Patto di Stabilità. In mancanza di un accordo potrebbe tornare in vigore così come concepito negli anni 90. Ma si tratta di un dossier più spinoso e non è detto che la Germania, dopo aver concesso alla Francia sull’energia, sia diventata improvvisamente più disponibile alla richiesta di Parigi (e Roma) di scorporare dal computo del deficit gli investimenti nel digitale, nelle nuove tecnologie e nella transizione energetica.


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