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Il premier olandese, Mark Rutte, e quello italiano, Mario Draghi

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SIAMO un continente diviso, parliamo 27 lingue diverse, per secoli ci siamo scannati, tuttavia, sorprende un po’ la resistenza con cui alcuni paesi del nord si oppongono all’introduzione, proposta italiana, di un tetto al prezzo del gas. Che siano diventati ora i fautori del libero mercato è sorprendente, in quanto vengono, molti, da una tradizione di forte interventismo dello Stato proprio a scapito del libero mercato.

Al primo posto, fra coloro che non gradiscono la misura, c’è l’Olanda, il paese dove è partito il sistema del gas europeo, all’inizio degli anni ’60, subito dopo la guerra, con il grande giacimento di Groninga, che per decenni è stato la riserva da cui è partita la metanizzazione, come poi l’abbiamo chiamata noi, del continente attraverso la posa di una fitta rete di gasdotti fra loro interconnessi.

Si oppongono per una ragione semplice, vendono ancora oggi parecchio gas dal loro giacimento, nonostante un declino che ha visto la produzione totale dell’Olanda crollare da 75 miliardi metri cubi nel 2010 a 20 l’anno scorso. Il fatto che, sotto pressione degli ambientalisti, molto forti al loro interno, vogliano chiudere il giacimento di Groninga, per problemi di micro-sismicità, ha carattere paradossale, perché non fa altro che aumentare la dipendenza dell’Olanda, e dell’Europa, dalle importazioni dall’estero.

Poi c’è il fatto che il prezzo del gas che finisce nelle nostre bollette, e di cui si discute molto in queste ore, prevede la consegna fisica nel loro sistema di gas. E’ il TTF, o Title of Transfer Facility, un insieme di regole, molto complicate, che stabiliscono che ci si possa scambiare partite di gas con consegna e prelievo in qualsiasi punto della fitta rete del gas olandese, peraltro molto interconnessa con i vicini paesi, in particolare con la Germania, il mercato al consumo più grande d’Europa.

Il sistema è stato disegnato dalla grande, prestigiosa e storica Gasunie, la stessa che avviò Groninga e che, con tipico spirito mercantilista olandese, lo stesso che affiora oggi sul blocco dei prezzi, ha alimentato per anni gli scambi sul TTF, favorendone la crescita della sua importanza. La società attualmente è per intero dello stato olandese, ma dal 1963 al 2005, aveva una partecipazione del 25% ciascuna della ExxonMobil e della Shell. Entrambe le società, due che appartengono al gruppo delle sette sorelle, come un altro famoso italiano, finito male, le chiamava, hanno grossi interessi nella produzione di gas del Mare del Nord, soprattutto nella parte della Norvegia. Entrambe sono ancora nella parte operativa, Gasterra, di Gasunie.

Paradossale il caso della Norvegia, il paese più ricco del mondo, in base agli indicatori dell’ONU, grazie alle esportazioni di gas, assieme al petrolio, fatte soprattutto al resto d’Europa ed ora, che ne abbiamo un disperato bisogno, è indecente che non ci vengano incontro nell’appoggiare un tetto al prezzo. Il loro trilione di dollari di fondo sovrano, il più grosso al mondo, aumenterà quest’anno di altri 100 miliardi di euro e questi sono soldi che arrivano da noi, dalle nostre bollette, come da quelle dei cittadini di Berlino o Parigi. Poi, coi soldi, ci compreranno, come fa il Qatar, azioni dei nostri gioielli, finanziando l’espansione di queste società. Proprio il Mare del Nord è la spiegazione per la quale anche la Germania è restia a mettere un tetto, perché molte società tedesche ci hanno investito.

Poi in Germania c’è sempre il cortocircuito dei verdi, formazione liquida, priva di agganci con la realtà, perché rivoluzionari, concentrati sulla rivoluzione ecologica, ma pronti sempre a fare qualsiasi cosa possa danneggiare la loro industria interna, dall’auto, ai fossili, dalle utilities, al nucleare. Da un po’ di tempo, anche prima della crisi, sono diventati fautori del mercato e ostacolano qualsiasi intervento volto a limitarne lo strapotere al rialzo, perché ci vedono il grande vantaggio che questa crisi porta alle fonti rinnovabili: i costi di produzione da fotovoltaico o da eolico sono intorno a 70 euro per megawattora, mentre i prezzi sulle borse, trascinati dal gas, sono da mesi sopra i 150-200.

La capacità di guida politica del nostro primo ministro, il fatto che conosca meglio di altri i mercati finanziari, l’appoggio della Francia lasciano ben sperare nei prossimi mesi, ma ad ottobre, quando se ne riparlerà, saremo alla vigilia dell’inverno e i prezzi nel frattempo saranno a nuovi massimi.


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