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Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni

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Quando alle 14.30 Ursula von der Leyen lascia Palazzo Chigi con un «arrivederci, presidente», Giorgia Meloni tira un sospiro di sollievo. L’incontro non è stato decisivo, ma viene definito «positivo».

«C’è unità di intenti» filtra dai piani alti. Quasi a voler sottolineare che la Commissione non è ostile all’Esecutivo italiano. La nota che di lì a poco viene diffusa dallo staff di Piazza Colonna esprime soddisfazione: «L’incontro odierno, svoltosi con la partecipazione del ministro Raffaele Fitto, ha rappresentato un’ottima occasione per uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio europeo straordinario del 9-10 febbraio, dedicato in particolare a migranti ed economia». A tutto questo segue l’impegno del governo sul Pnrr.

I DOSSIER

Dall’altra parte von der Leyen si serve di un tweet per dire che «è stato un piacere incontrare Giorgia Meloni, in vista della prossima riunione del Consiglio europeo abbiamo discusso di come: continuare a sostenere l’Ucraina; garantire un’energia sicura e accessibile; aumentare la competitività dell’industria della Ue; fare progressi sul Patto per la migrazione. Abbiamo anche discusso dell’implementazione del Pnrr in Italia».

Ovviamente questa è la versione ufficiale, in chiaro, come si dice in gergo. Dopodiché ci sono le indiscrezioni che filtrano dal Palazzo. «Non c’è un comunicato congiunto, von der Layen ha liquidato la questione con un tweet» sussurra più di uno. Segno che qualcosa non ha funzionato o al più «è stato un faccia a faccia interlocutorio».

Sia come sia, il bilaterale è durato un’ora e un quarto. Un tempo sufficiente per esaminare «solo in superficie» i dossier più bollenti che investono l’Europa. Convergono le posizioni di Meloni e von der Leyen, ma questo non si tradurrà in una accelerazione immediata delle questioni che stanno più a cuore all’Italia.

Di sicuro Meloni investe diverse fiches su questo incontro per continuare a costruire un rapporto personale con la presidente della Commissione Ue, anche in chiave asse Ppe-Conservatori. Ai primi di novembre la prima visita di Meloni a Bruxelles. Ed ecco ieri, nel giorno in cui al Teatro Quirino viene ricordato David Sassoli, il secondo incontro in cui Meloni e Fitto illustrano alla presidente della Commissione lo stato dell’arte del Pnrr. Portando avanti una strategia che prevede di spostare alcune opere pubbliche sotto l’ombrello dei Fondi di coesione, che garantirebbe tre anni in più per concludere i lavori.

LE RICHIESTE ITALIANE

Il governo italiano, insomma, insiste sul fronte del timing. Senza dimenticare, quindi, l’aumento dei costi delle materie prime dovuto all’inflazione che, secondo le stime ufficiose, è inferiore al 20%. Così da invocare un fondo sovrano europeo per sostenere le imprese del Continente e contrastare le distorsioni sul mercato che potrebbero scatenarsi con l’adozione da parte Usa del piano anti-inflazione a supporto delle aziende statunitensi. Inoltre, l’Esecutivo mette sul tavolo un’ulteriore richiesta che consiste nella possibilità di far slittare l’entrata in vigore del Codice degli appalti.

Tutto questo, va da sé, prevede che il governo continui a lavorare sul Pnrr anche sul fronte interno. Nelle prossime settimane verrà illustrata alle Camere la relazione semestrale sull’andamento del Piano. Cui seguirà l’approvazione di un decreto che punta a mutare la governance del Pnrr, mettendo mano alle unità di missione nei singoli dicasteri. Ursula von der Leyen ascolta e annuisce. Con una raccomandazione: «Il piano deve andare avanti bene».

IL NODO MIGRANTI E LA GUERRA IN UCRAINA

Scotta il dossier migranti, a maggior ragione dopo lo scontro con la Francia di Macron, un tema che sarà oggetto di confronto nel corso del consiglio europeo del prossimo 9 e 10 febbraio. La presidente della Commissione conviene con i vertici del governo italiano che bisogna distinguere tra migranti economici e profughi e che è necessario aumentare le risorse ai Paesi del Nord Africa. E che, soprattutto, occorre trovare una soluzione sulla redistribuzione dei migranti. Una convergenza che se la dovrà vedere con l’inizio della presidenza di turno dell’Unione da parte della Svezia che non appare aperturista nei confronti dell’Italia.

Tutto rinviato, dunque? C’è chi sostiene che se ne riparlerà nella seconda metà dell’anno, quando toccherà alla Spagna la presidenza del semestre Ue. Sia come sia, all’inizio del colloquio c’è spazio per un passaggio sulla guerra in Ucraina: la premier ribadisce «pieno sostegno» a Kiev. E di sicuro farà lo stesso oggi, quando verrà ricevuta da Papa Francesco. Nel corso dell’incontro, si legge nella nota di Palazzo Chigi, «è stata condivisa la condanna per gli atti violenti in Brasile e la solidarietà alle istituzioni democratiche del Paese».

Il “non detto” del faccia a faccia rimanda agli equilibri politici all’interno del Parlamento Ue e della Commissione. Se è vero che è interesse della premier italiana creare un clima distensivo con la Commissione europea, è altresì vero che von der Leyen ha la necessità di mirare a costruire un rapporto con la leader di FdI, in vista dell’ipotesi di un’alleanza tra popolari e conservatori.


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