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I ministri Raffaele Fitto, Francesco Lollobrigida, Antonio Tajani

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L’OBIETTIVO è accelerare sull’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, tagliando i tempi di realizzazione delle opere per non rischiare così ritardi sul cronoprogramma. La parola d’ordine è quindi “semplificazione” ed è la missione del terzo decreto Pnrr, il primo del governo Meloni, approvato ieri all’unanimità dal Consiglio dei ministri, – presieduto da remoto dalla presidente Giorgia Meloni per motivi di salute – insieme alla relazione del ministro degli Affari Regionali, Raffaele Fitto, sui risultati della politica di coesione europea e nazionale relativa alla programmazione 2014-20, e al decreto con misure sulla cessione dei crediti d’imposta relativi al superbonus. Centrare gli obiettivi del Recovery nei tempi dettati da Bruxelles significa mettere in sicurezza le prossime tranche dei fondi europei che da qui al 2026 valgono circa 124 miliardi (oltre 67 sono quelli già incassati).

Per questo, oltre che snellire le procedure che, tra vincoli e autorizzazioni, rallentano le opere, il provvedimento ridisegna la governance del piano, accentrando la regia a Palazzo Chigi, dove nascerà una “struttura di missione”, sotto l’indirizzo del ministro delegato, – che assorbirà i “poteri” della Segreteria tecnica e del Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale. I suoi incarichi sono di peso, e danno la misura della centralità assunta da Palazzo Chigi.

«Con il dl Pnrr il governo rende più efficace l’azione della struttura che deve mettere in campo progetti e usare fondi europei, non vogliamo che neanche un euro venga perduto. C’erano disfunzioni e dunque è giusto, in corso d’opera, migliorare la situazione», ha affermato il vicepremier Antonio Tajani durante la conferenza stampa al termine del Cdm. Il decreto, ha sottolineato il ministro per gli Affari Regionali, Raffaele Fitto, è «la base del percorso futuro» e «un primo passo» che muove dal «rafforzamento della governance del Pnrr e della politica di coesione – due parti che si compensano», ha spiegato, confermando la soppressione dell’Agenzia della coesione e la riorganizzazione delle relative competenze all’interno del Dipartimento delle politiche di coesione: «Questi aspetti sono decisivi anche rispetto agli appuntamenti dei prossimi giorni, visto che il governo è impegnato nella predisposizione del suo programma Repower Ue che sarà un capitolo che implementerà il Pnrr». E visto che il Repower utilizza il 7,5% dei fondi di coesione si procederà a «un riallineamento dei tre programmi».

La scelta sulla governance, ha poi evidenziato il ministro, è dettata anche dei risultati sulla politiche di coesione che «ha bisogno di una ristrutturazione complessiva». Come provano i numeri nero su bianco nella relazione sui risultati relativi alla programmazione 2014-2020: su 116 miliardi, ne sono stati impegnati 67 ed effettivamente spesi solo 36. «Sono necessari rimedi strutturali – ha detto – perché questi dati ci collocano agli ultimi posti in Europa». E le criticità sul fronte della spesa dei fondi del Pnrr sono già nero su bianco. Bisogna invertire la rotta. Sul Pnrr «si è fatto un lavoro complesso in questa prima fase, ci sono dei dati oggettivi legati al cambio di scenario», ha poi affermato Fitto sottolineando i risultati ottenuti a Bruxelles dalla presidente Meloni sul fronte della flessibilità sulle risorse esistenti, «un’opportunità da utilizzare con la necessaria capacità di incidere rispetto agli obiettivi da portare avanti».

La nascitura Struttura di missione è il pilastro della “rivoluzione” nella governance: sarà gestita da un coordinatore e articolata in quattro direzioni generali. Dovrà supportare l’autorità politica delegata nell’esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell’azione strategica del governo, mantenere un filo diretto con Bruxelles e quindi un costante confronto sui risultati raggiunti rispetto agli obiettivi e ai target concordati. In collaborazione con l’Ispettorato Generale, istituto presso la Ragioneria del Mef, dovrà verifica la coerenza della fase di attuazione del Pnrr con agli obiettivi programmati, e provvedere alla definizione delle eventuali misure correttive necessarie. E, tra le altre cose, sovraintendere allo svolgimento dell’attività istruttoria relativa alla formulazione delle proposte di aggiornamento ovvero di modifica del Piano. Oltre che sul personale attualmente impiegato nello Segreteria tecnica, potrà contare su un novo contingente di 50 unità e di un ulteriore squadra di esperti che potranno essere “arruolati” con contratti a tempo determinato.

Al Mef, dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, viene poi istituito, come accennato, l’Ispettorato generale per il Recovery con compiti di coordinamento, gestione finanziaria, monitoraggio sull’attuazione delle riforme e degli investimenti e rendicontazione. Oltre che di supporto all’autorità politica delegata, l’Ispettorato si fa carico del supporto tecnico alle amministrazioni centrali e territoriali titolare degli interventi e della loro attuazione. Può contare su otto uffici e il supporto delle società partecipate dallo Stato. Si interviene anche sulle unità di missione dei singoli ministeri, dove gli incarichi dirigenziali erano finora da considerasi blindati fino alla scadenza del piano: il decreto prevede invece che, in caso dovessero rivelarsi in qualche modo inadeguate, le loro funzioni potranno essere trasferite “ad altra struttura di livello dirigenziale generale, individuata tra quelle già esistenti”. Se ne prevede anche il rafforzamento attraverso la stabilizzazione dei contratti a termine.

L’ondata di semplificazioni avviata dal decreto coinvolge gli iter autorizzativi – che diventano più veloci – per gli impianti che sfruttano fonti d’energia rinnovabile, in particolare per il settore eolico e taglia tempi e oneri dei permessi per le opere. Il decreto rafforza i poteri sostitutivi che consentiranno di commissariare più rapidamente gli enti locali indietro con gli appalti Pnrr: Province, Comuni e Ambiti territoriali che non adotteranno i provvedimenti necessari all’avvio dei progetti avranno 15 giorni e non più 30 per provvedere a mettersi in regola dopo il richiamo del ministro competente, se non si sarà provveduto si procederà alla nomina di un commissario che adotterà gli atti necessari. In caso di progetti infrastrutturali, si estendono al commissario i poteri propri del commissario straordinario delle grandi opere. E si interviene anche per il superamento del dissenso o opposizione che dovesse bloccare la realizzazione di un intervento. Arrivano poi misure urgenti per far funzionare meglio la commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS e la commissione tecnica Pnrr-Pniec (il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima). Inoltre, viene semplificato l’affidamento dei contratti pubblici Pnrr e Pnc, che potrà avvenire anche soltanto sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica.

Più rapida sarà anche la tutela dei beni culturali interessati dagli interventi del piano, perché viene affidata ad una Sovrintendenza speciale, in sostituzione delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio. Semplificazioni sono previste anche nell’ambito dell’edilizia scolastica: tra le altre, i Comuni potranno procedere con affidamenti diretti dei lavori sotto alcune soglie di spesa. Il ministro Giuseppe Valditara ha parlato di «una sorta di estensione del “modello Genova”».


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