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ACQUA, siccità, prezzi delle materie prime, grano e filiere: i principali dossier agricoli di questa calda estate ora rischiano la paralisi. Le turbolenze politiche avevano già rallentato le ulteriori misure annunciate dal premier per contrastare quella che lo stesso presidente del Consiglio aveva definito «la più grande crisi idrica degli ultimi 70 anni».

La sensibilità ai temi è emersa anche nel discorso del premier al Senato con precisi riferimenti alla siccità, alle infrastrutture idriche e a un urgente piano acqua, ma anche a un’altra questione a cui ha riservato in questi mesi di guerra la massima attenzione: lo sblocco del grano fermo nei porti del Mar Nero.

Il premier si è impegnato in prima persona nei colloqui con i leader europei e mondiali evocando i rischi di una crisi alimentare globale. «Occorre continuare a impegnarci – ha ribadito ieri Draghi – per cercare soluzioni negoziali, a partire dalla crisi del grano».

È questa una fase delicata della trattativa. Per venerdì è stato annunciato, ancora una volta da fonti turche, un ennesimo vertice a quattro tra Russia, Ucraina, Turchia e Onu per arrivare a un accordo (finora molto sofferto) sui corridoi per esportare i prodotti agricoli ucraini. Tanti impegni e negoziati, ma per ora il grano resta fermo nei porti, mentre proseguono le schermaglie tra Mosca e Kiev.

Una doccia fredda è arrivata ieri con la dichiarazione del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, che ha accusato i Paesi occidentali di cercare di trascinare «il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, nei loro giochetti sul grano ucraino». Una questione davvero complessa sulla quale Draghi si speso molto.

Tornando alle criticità di casa l’emergenza idrica tiene banco mentre non accenna ad attenuarsi l’ondata di calore che sta soffocando l’Italia e non solo. Sulle infrastrutture idriche Draghi ha ricordato il piano da 4 miliardi messo in campo dal governo. Una dichiarazione accolta con grande soddisfazione dal presidente dell’Anbi (Associazione nazionale per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue), Francesco Vincenzi, che ha “letto” il riferimento al piano acqua come un segnale importante per l’avvio di una strategia di interventi per incrementare le infrastrutture del territorio «da anni sollecitate dai Consorzi di bonifica e irrigazione». Ora però le speranze si infrangono.

Ma è allarme soprattutto per il Pnrr con i capitoli e i finanziamenti dedicati direttamente o indirettamente all’agricoltura e all’agroalimentare a partire dalle filiere. In una recente informativa alla Camera il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli del M5S (che non aveva votato la fiducia al decreto Aiuti), aveva illustrato gli impegni per la realizzazione delle infrastrutture irrigue. Il ministro aveva evidenziato i numeri della crisi con un deficit per le precipitazioni dimezzate del 47% a livello nazionale e punte tra -50% e -60% nelle regioni del nord-ovest.

Il fenomeno siccitoso dal Nord si è però progressivamente esteso verso il Centro ed il Sud del Paese, soprattutto a causa delle temperature record. Fenomeni ormai ricorrenti «ogni 5 anni – aveva detto il ministro – ci troviamo davanti a questa situazione» anche se i fenomeni diventano sempre più devastanti. Patuanelli aveva ricordato anche le misure adottate come la dichiarazione dello stato di emergenza in cinque regioni e che avrebbero dovuto essere estese ad altre, ma anche ulteriori azioni urgenti per affrontare l’emergenza idrica. A partire dal «rafforzamento del coordinamento degli interventi strutturali volti alla mitigazione dei danni derivanti dal fenomeno di siccità e al potenziamento e adeguamento delle infrastrutture idriche». In programma nel decreto siccità anche «l’introduzione di norme volte a rafforzare le strutture dei singoli ministeri preposte alla gestione degli interventi Pnrr sul tema idrico» e l’istituzione di un fondo destinato a finanziare la fase di progettazione delle infrastrutture irrigue. Tra gli impegni il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale che oggi dispone solo di 13 milioni.

È sui fondi del Pnrr comunque che si gioca la sfida decisiva. Nell’ambito della “Tutela del territorio e del patrimonio idrico”, gli “Investimenti nella resilienza dell’agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche” dispongono di una dotazione di 880 milioni, di cui 520 milioni per progetti nuovi e 360 per progetti già avviati con risorse nazionali. Si tratta di interventi finalizzati ad aumentare la resilienza dell’agrosistema irriguo ai cambiamenti climatici, con particolare riferimento alla siccità, per migliorare la gestione della risorsa idrica e ridurre le perdite. Per l’attuazione delle azioni è stata prevista una timeline molto stringente per poter garantire l’appalto dei lavori entro il 2023 e la loro realizzazione entro il 2026.

Gli investimenti finanziati dal ministero delle Politiche agricole, diffusi sul territorio e realizzabili nel breve-medio periodo, si vanno poi a integrare con gli interventi di efficientamento e di messa in sicurezza delle infrastrutture idriche primarie (grandi adduttori, dighe e invasi, grandi derivazioni), gestiti da altri ministeri con uno stanziamento di 2 miliardi. Complessivamente agli investimenti per l’acqua il Pnrr ha riservato 4,38 miliardi. Sono numeri rilevanti per progetti che non possono rischiare di rimanere tra le incompiute tipiche dell’Italia.

La partita è strategica per garantire il futuro all’agricoltura, a tutte le attività produttive, ma è anche di interesse vitale per l’intera collettività. I tempi supplementari sono scaduti. Mentre la situazione in queste ultime ore continua ad aggravarsi con il fronte degli incendi, strettamente connesso con caldo e siccità, che si allarga con danni, come ha denunciato la Coldiretti, che impattano sull’ambiente, l’agricoltura, il turismo e il lavoro. Nelle aree bruciate saranno impedite tutte le attività tradizionali ma viene anche a mancare un importante polmone verde.

Ogni rogo poi – ha sottolineato Coldiretti – costa agli italiani oltre diecimila euro all’ettaro fra spese immediate per lo spegnimento e la bonifica e quelle a lungo termine sulla ricostituzione dei sistemi ambientali ed economici delle aree devastate. Intanto i prezzi delle materie prime continuano a salire con effetti drammatici sull’inflazione che è arrivata ai massimi. Ieri a fronte di prezzi in calo per il petrolio e i metalli è proseguita la corsa del gas e del grano (+2,7% il duro e + 2,5% il tenero ) in attesa di un accordo sui “corridoi” per l’export dall’Ucraina e soprattutto per il persistere della siccità in Europa.


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