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Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti

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La seconda legge di Bilancio dell’era Meloni passa ora all’esame di Bruxelles. La Commissione Europea ha un mese di tempo per dire la sua sul Documento Programmatico di Bilancio (in pratica, la sintesi ragionata della manovra) inviato già lunedì a Bruxelles. Ma in realtà il confronto è stato avviato già ieri, durante la riunione dell’Ecofin, negli incontri informale del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con i suoi colleghi degli altri partner dell’Eurozona.

Del resto, mai come questa volta, l’esame dei conti italiani si intreccia con le trattative per la riforma del Patto di stabilità. L’Italia vorrebbe scorporare dall’indebitamento gli investimenti legati alla transizione digitale, al green e alla difesa. Un’operazione che consentirebbe di accelerare la discesa del debito che, effettivamente, risulta troppo lenta. Il governo dovrà anche far digerire a Bruxelles l’extra-deficit previsto per il 2024 che, sulla carta, potrebbe anche giustificare l’apertura di una procedura di infrazione dal momento che, l’anno prossimo, tornerà sicuramente in vigore la regola del 3% del deficit.

Non a caso, nel documento programmatico, Giorgetti insiste soprattutto sulle condizioni “eccezionali” determinate da uno “scenario macroeconomico complesso, caratterizzato dal conflitto in corso in Ucraina, dalla politica monetaria aggressiva delle banche centrali e da nuovi possibili shock energetici”. Un contesto di cui tiene conto la legge di bilancio appena varata dal governo che, sintetizza il Dpb, cerca “il giusto equilibrio tra l’obiettivo di fornire il sostegno necessario all’economia nell’immediato attraverso misure mirate, e quello di assicurare sia il rientro del deficit al di sotto della soglia del 3 per cento del PIL, sia un percorso di riduzione credibile e duraturo del rapporto debito/PIL”.

Un testo ispirato, come ripete spesso il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, a principi di “prudenza”. Ma non basta. A complicare il quadro della finanza pubblica c’è stato, infatti, il peso del superbonus edilizio, “in ulteriore aumento a causa della crescita dei costi emersi dal monitoraggio dei conti pubblici”, che “contribuirà ad alzare il fabbisogno di cassa”. In assenza di un tale impatto, si legge nel Documento, “la proiezione mostrerebbe una continua discesa del rapporto debito/PIL”. In ogni caso, l’intonazione prudente della politica di bilancio, la gestione del debito per scadenze ed emissioni e la prosecuzione del programma di valorizzazione e dismissione degli asset pubblici contribuiranno a rafforzare la discesa del rapporto debito/PIL nel 2026, quando tale rapporto si ridurrebbe ulteriormente scendendo al 139,6 per cento, un livello inferiore rispetto all’obiettivo del 140,4 per cento indicato dal Programma di Stabilità”.

Nel Documento di programmazione si insiste anche sul capitolo della crescita e, in particolare, sugli interventi per le imprese “ubicate nel Mezzogiorno, che beneficeranno di un credito di imposta per l’acquisizione dei beni strumentali (per il quale sono stanziati 1,8 miliardi nel 2024)”. Nelle more della completa attuazione della revisione delle agevolazioni fiscali alle imprese nell’ambito della riforma fiscale, si dispone per il 2024 una maggiorazione del costo ammesso in deduzione in presenza di nuove assunzioni (quasi 1,3 miliardi).

Ma per superare gli esami della Commissione, il Documento programmatico sottolinea tre punti. L’avvio delle riforme strutturali, a cominciare da quella fiscale, l’accelerazione dei programmi del Pnrr e infine una spending review che dovrebbe portare oltre 10 miliardi in tre anni nelle casse dello Stato. Importante anche il capitolo delle privatizzazioni, che contribuiranno alla discesa del debito. Per convincere Bruxelles Giorgetti giocherà anche la carta della stretta sui pensionamenti anticipati, che non solo ha rinviato sine die la cosiddetta “quota 41” ma ha ridimensionato anche le misure già in essere. Mentre i sostegni anti-rincari saranno gradualmente ritirati entro il 2024. Altra voce che consentirà ulteriori risparmi. Insomma, la politica economica impostata nell’ultimo anno “è coerente con gli orientamenti espressi dalla Commissione europea”.

Di tutt’altro avviso, invece, le opposizioni e i sindacati. Pd e Cinquestelle sparano ad alzo zero contro il governo, sia sul fronte della sanità che delle pensioni. Sul piede di guerra anche i sindacati. La Cgil deciderà nei prossimi giorni lo sciopero generale. La Uil, invece, ha già bocciato la manovra e si avvia a proclamare mobilitazioni regionali, invitando in piazza anche le altre due confederazioni. Critici, infine, i medici: la legge di bilancio non risolve il problema della mancanza di almeno 15mila camici bianchi.


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