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Dario Scannapieco, nominato al vertice di Cassa depositi e prestiti

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Draghi chiude due partite fondamentali per il Recovery Fund. Si tratta delle nomine in Ferrovie dello Stato (Luigi Ferraris nuovo amministratore delegato e Nicoletta Giadrossi presidente) e Cdp insieme al decreto Semplificazioni che si avvia verso la definizione dopo una complessa gestazione. Già oggi potrebbe andare in Consiglio dei ministri insieme alla governance del Pnrr.

La novità più rilevante è certamente la nomina di Dario Scannapieco (attuale vicepresidente della Bei) come amministratore delegato di Cdp al posto di Fabrizio Palermo. Il presidente, che è invece espressione delle fondazioni bancarie (16% di Cdp), rimane Giovanni Gorno Tempini, subentrato a Massimo Tononi che nel 2019, a metà mandato aveva lasciato l’incarico per la poltrona di presidente di Banco-Bpm.

La dinamica di queste nomine rappresenta, ancora una volta la declinazione vincente del metodo Draghi come si è visto a partire dalla nomina del generale Figliuolo come commissario all’emergenza covid. Il premier è riuscito anche a smarcarsi dal padrinaggio dei partiti sulle candidature nei consigli d’amministrazione. Un altro cambio di passo considerando che, secondo le indiscrezioni alle segreterie politiche sarebbe stato lasciato spazio su questo angolo. Invece dominano i profili tecnici difficilmente riconducibili a precise appartenenze politiche.

Anche la presenza femminile che diventa maggioritaria (quattro su sei) segna una rottura notevole con il passato. Sono stati eletti: Fabiana Massa Felsani (docente di diritto commerciale all’Università di Sassari), Anna Girello Garbi (commercialista), Giorgio Toschi (ex comandante della Guardia di Finanza dal 2016 al 2019), Livia Amidani Aliberti (esperta di governance ricopre l’incarico di amministratore indipendente in diverse società quotate) e Fabrizia Lapecorella direttore generale delle Finanze. Per le fondazioni, oltre al presidente sono stati confermati gli altri due membri dell’attuale cda Matteo Melley e Alessandra Ruzzu.

L’arrivo di Scannapieco rappresenta un successo personale di Draghi.  Si conoscono, e si apprezzano, da oltre venticinque anni. Il premier lo chiamò al Tesoro come consulente per le privatizzazioni nel 1997, quando del Tesoro Draghi era direttore generale. Poi nel 2002 arrivò l’incarico come direttore Finanza e Privatizzazioni del Tesoro, con Giulio Tremonti alla guida del ministero dell’Economia. Nel 2007 Scannapieco è approdato poi a Bruxelles alla Banca europea per gli investimenti (Bei), con l’incarico, che ha mantenuto fino a oggi di vicepresidente.

 Era già stato in corsa per assumere la guida della Cdp nel 2018. Allora, però il governo gialloverde aveva scelto Palermo che comunque può vantare risultati molto positivi. Nel 2020 ha realizzato un utile di 2,8 miliardi che consente la distribuzione di un dividendo di 6,57 euro per azione. Il Tesoro incasserà 1,86 miliardi e le Fondazioni 358 milioni. Lo scorso anno la holding pubblica aveva pagato una cedola di 2,15 miliardi (6,37 euro per azione).

Il nuovo consiglio d’amministrazione di Cdp avrà il compito di gestire alcune partite centrali per il futuro del Paese come il coordinamento e la governance del Recovery Fund cui si affiancherà Patrimonio Destinato, il fondo da 44 miliardi di euro previsto dal decreto Rilancio. Servirà al rafforzamento patrimoniale delle imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro. Inoltre, dovrà chiudere dossier cruciali come Autostrade e l’evoluzione della rete unica.

Anche sul decreto semplificazioni l’accordo sembra più vicino. Draghi e il ministro Orlando hanno incontrato i sindacati che minacciano lo sciopero contro la riforma degli appalti.

Una possibile mediazione riguarda l’abolizione degli appalti con il massimo ribasso. Resta al 40% la quota dei lavori che potranno essere dati in subappalto, facendo leva sul fatto che è la Commissione di giustizia europea a chiedere modifiche all’Italia.

Ai sindacati, da sempre contrari poiché ritengono che in questo modo venga a messa rischio la sicurezza dei lavoratori, è stato garantito che le imprese in subappalto avranno lo stesso contratto delle imprese principali.


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