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Giorgia Meloni

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Più che su percorso a ostacoli la legge di Bilancio è finita nell’impasse in cui sono rimasti “intrappolati” i lavori in Commissione Bilancio, quando mancano appena dieci giorni – festività incluse – dal gong che fa scattare l’esercizio provvisorio. Una possibilità che la premier ha escluso categoricamente, garantendo l’ok nei tempi giusti.

Sulla manovra intanto il governo ha incassato il parere positivo dell’Eurogruppo che ha accolto “con favore” quello emesso a metà dicembre dalla Commissione, ritrovandosi in linea con l’esecutivo europeo nel sollecitare l’Italia, alle prese con un alto livello di indebitamento, a “perseguire una politica fiscale prudente, in particolare limitando la crescita della spesa primaria corrente finanziata a livello nazionale”. Allo stesso tempo, si legge nel testo pubblicato  dell’Eurogruggo, accoglie “con favore il fatto che il piano di bilancio miri a preservare gli investimenti finanziati a livello nazionale nel 2023. Gli investimenti saranno sostenuti anche attraverso il Recovery and Resilience Facility”. E riconosce “la necessità di accelerare le riforme strutturali di bilancio, che rafforzerebbero la crescita potenziale, la competitività e la sostenibilità del debito”.

In “casa” per la manovra è stata una giornata sulle montagne russe. La maratona notturna in Commissione bilancio si è conclusa ieri dopo le sei del mattino con un nulla di fatto, nemmeno un emendamento votato, e la convocazione dell’Ufficio di presidenza per definire i tempi dei voti sulle proposte di modifica alla manovra presentate dal governo e dai relatori è slittato di continuo, mettendo sempre più a rischio l’approdo in Aula atteso per oggi. Il governo potrebbe mettere la fiducia in modo di chiudere alla Camera venerdì, prima di Natale. L’esame nell’aula del Senato dovrebbe svolgersi tra il 27 e il 29 dicembre. E il governo sarebbe intenzionato a porre la questione di fiducia.

Dal Mef a un certo punto è arrivato l’ultimatum: “Se il Parlamento ritenesse di non modificare la manovra, per il Ministero dell’economia e delle finanze va benissimo il testo già approvato in Consiglio. Con quello si andrà in Aula e su quello sarà posta la fiducia, con l’eccezione della riformulazione sul Pos”.

Con i lavori di fatto paralizzati, il Terzo Polo ha dichiarato l’abbandono dei lavori della Commissione: “Per noi finisce qui”, ha detto Luigi Martin. Il leader di Azione, Carlo Calenda, ha indicato nei contrasti tra i partiti di maggioranza la causa dello stallo (“è in pezzi”), puntando il dito soprattutto contro Forza Italia (“non è d’accordo su nulla, ha milioni di richieste di marchette e non le ha condivise”). La tensione è salita di livello quando alcuni esponenti dell’opposizione in Commissione hanno sostenuto che il governo stesse per depositare, sotto forma di un emendamento dei relatori, una norma per la depenalizzazione dei reati fiscali. Un’ipotesi che era stata ventilata già qualche giorno fa da dal viceministro Francesco Paolo Sisto, esponente di Forza Italia. Giuseppe Conte ha convocato un’assemblea urgente del Movimento 5 Stelle alla Camera. E lo stesso ha fatto il Pd, annunciando “opposizione totale”. Poi sono arrivate le parole di Roberto Pella, deputato Fi, uno dei relatori della manovra in Commissione Bilancio: “Non ci sarà un emendamento” per il cosiddetto scudo penale contro i reati fiscali, ha assicurato. A mettere lo stop, con il ministro dei Rapporti con il Parlamento Gianluca Ciriani a fare da pontiere all’interno della stessa maggioranza, sarebbe stata la presidente del Consiglio. “Non è il momento, abbiamo cinque anni per rispettare gli impegni presi”, avrebbe detto, temendo che una misura del genere non solo non sarebbe stata compresa, ma avrebbe anche potuto rendere ancora più “accidentato” il percorso della manovra.

Il Pd, con Debora Serracchiani, ha festeggiato la “vittoria”. E di “una grande vittoria” ha parlato anche Conte: “Il nostro atteggiamento preventivo – ha detto – ha dato i suoi frutti, ora sorveglieremo affinché non torni di nuovo l’intenzione di ripresentarlo”. Pella ha poi annunciato la presentazione in Commissione di 30 proposte di modifica da parte dei relatori alla manovra – “ma non vi aspettate grandi cose” – insieme ai pacchetti dei gruppi riformulati. “Quando si parte, si parte a tambur battente, affrontando capitolo per capitolo gli emendamenti del governo, dei relatori e dei gruppi. C’è la volontà di approvare tutto e che non rimanga indietro nulla, nel rispetto dei singoli ruoli e delle forze politiche”, ha affermato il relatore, mostrandosi fiducioso circa la possibilità che dall’inizio del voto “in sei o sette ore si possa chiudere e inviare il provvedimento all’Aula perché lo approvi sabato o anche venerdì”.

Intanto un emendamento della maggioranza “riformula” 18App, il bonus cultura introdotto dal governo Renzi che il governo aveva in primo momento pensato di cancellare per poi proporlo in una nuova formula che lo riserva ai redditi più bassi e ai giovani più meritevoli. Dalle sue ceneri nascono due nascono, infatti, altre due carte: una Carta Cultura e una Carta Merito, entrambe di 500 euro, separate ma cumulabili per un totale di mille euro. Se la 18App era, infatti, a disposizione di tutti i maggiorenni, le due nuove carte introducono dei paletti: la prima è legata al reddito, e quindi oltre ad avere 18 anni si deve avere un Isee di massimo 35 mila euro. La seconda la ottiene chiunque prenda il massimo dei voti, 100, all’esame di maturità ma se lo studente ha anche Isee a 35mila euro raddoppia. I dettagli verranno definiti intorno a un tavolo cui siederanno, insieme al ministro della Cultura Sangiuliano, le diverse associazioni di categoria coinvolte. L’opposizione è partita all’attacco, con Renzi in prima fila: “Per chiarezza, 230 milioni di euro che erano per i giovani con 18App vengono azzerati e nello stesso bilancio mettono 890 milioni di euro per i presidenti della Serie A”, ha tuonato il leader di Italia Viva.

Sul tema delle commissioni sui pagamenti elettronici, in commissione Bilancio della Camera si è lavorato su una riformulazione bipartisan. Due le vie possibili: un tavolo per raggiungere a un’intesa fra gestori delle carte e rappresentanti delle categorie dei commercianti, o un fondo con i ristori da garantire ai piccoli commercianti

Potrebbe poi entrare nella legge di Bilancio una proroga dei termini per la consegna di macchine e impianti ordinati nel 2022 che godono degli sgravi previsti da Industria 4.0. Il Pd avrebbe chiesto di estenderli dal 30 giugno al 31 dicembre 2023, ricevendo dal Mef una riformulazione che limita la proroga fino a settembre. Avrebbe ricevuto invece il via libera del Ministero dell’Economia la proposta dell’M5s di prorogare fino al 31 marzo la possibilità di lavoro agile per le persone fragili. E nella legge di Bilancio potrebbe esserci anche il rifinanziamento del bonus psicologo proposto dai Dem.


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