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Il Governo Meloni vara una manovra fiscale molto prudente ma con poca equità e troppi sprechi – Lo Spillone di Giuliano CazzolaI

l commento più stupido sulla manovra, illustrata in conferenza stampa dalla premier e dal ministro Giorgetti, è quello dei soliti ambienti sindacali, secondo i quali vi è un “ritorno all’austerità’’. Come se potesse spendere e spandere un Paese ‘’osservato speciale’’ per il deficit e il debito pubblico, sottoposto all’esame attento di Bruxelles, delle agenzie di rating e al giudizio dei mercati che – finita la tutela ultrattiva nel 2023 del governo Draghi – si è trasformato in una spada di Damocle calata sugli interessi passivi dell’ammontare del debito pregresso e, soprattutto, grave ipoteca sul livello di quelli da garantire a chi acquisterà in nuovo fabbisogno di 480 miliardi.

Una manovra da 24 miliardi di euro è il massimo che passa il convento. Magari, le criticità riguardano il modo con cui si spendono quelle risorse modeste. Partiamo dal fisco. Per favore non si scomodi la riforma fiscale, perché le misure annunciate non rimuovono gli squilibri del sistema, ma si limitano ad aumentare il prelievo a scapito di chi paga le tasse e a favore di chi usufruisce della maggior quota del gettito. Nel bilancio complessivo le imposte che pesano di più sull’evasione complessiva sono Irpef e Iva.

UNA MANOVRA PRUDENTE: L’EVASIONE FISCALE

L’Irpef è l’imposta più evasa in Italia, soprattutto quella che dovrebbero pagare lavoratori autonomi e imprese. Nel 2020 lo Stato ha stimato una perdita di gettito pari a 28,3 miliardi di euro, il 69,7% dell’Irpef dovuta dagli autonomi e dalle imprese. Anche l’Iva è molto evasa: nel 2020 sono mancati 25 miliardi, circa un quinto di tutta l’imposta dovuta allo Stato e quasi un terzo di tutta l’Iva evasa a livello europeo. In questa situazione il solo soggetto che prende a occhi chiusi le denunce dei redditi dei contribuenti è quello Stato che dovrebbe contrastare l’evasione.

Come ha certificato il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini: «Più dell’80% dell’evasione è per omesse dichiarazioni o infedeli, mentre il resto è evasione da versamento, cioè di chi è trasparente, presenta la dichiarazione ma poi non ha risorse per versare a tempo debito e aspetta la “rottamazione delle cartelle”».

Come denuncia instancabilmente Alberto Brambilla nei Rapporti di Itinerari previdenziali, la fotografia del Paese è tutta in queste scarne cifre: il 12,99% della popolazione paga il 59,95%, mentre il restante 87% paga il 40%. Oppure potremmo dire che il 41,95% paga il 91,81% mentre il 44,53% paga solo l’1,92% dell’intera Irpef.

È evidente che questa non può essere la fotografia di uno degli otto Paesi più sviluppati, tanto più se consideriamo i consumi e gli stili di vita. Eppure, da alcuni anni i governi hanno definito per legge la “soglia del benessere” al di sopra di un reddito lordo di 35mila euro (5 milioni di contribuenti che pagano il 56% dell’Irpef e che sono esclusi dai benefici che finanziano).

LE NUOVE ALIQUOTE

Il governo Draghi aveva presentato una ristrutturazione delle aliquote che teneva conto dell’iniquo sovraccarico. Ma il governo Meloni ha stabilito diversamente: all’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, che sono il cuore della manovra, saranno destinati 15 miliardi, di cui più di 4 per la riforma dell’Irpef.

Il taglio sarà del 6% per chi ha un reddito fino a 35mila euro e del 7% per chi non supera i 25mila euro l’anno. Mentre le nuove aliquote saranno del 23% fino ai 28 mila euro, del 35% tra i 28 e i 50mila, e del 43% sopra i 50mila. In più è stata ampliata fino agli 8.500 euro l’esenzione dalle tasse – no tax area – per i redditi da lavoro dipendente.

Insomma – secondo Itinerari previdenziali – in base a spese e ricchezza, potremmo definire gli italiani “una società di poveri benestanti”. Una riprova (tra le tante) è il versamento pro capite dell’Iva: al Sud è di circa 600 euro l’anno contro una media di 2.900 tra Nord e Centro. È evidente che al Sud i 23 milioni di abitanti non vivono con consumi di quasi 5 volte inferiori a quelli del Centronord; ma per l’Istat sono poveri.

Tre giorni fa l’Istat ha reso noto l’andamento dell’economia chiamata pudicamente “non osservata”: nel 2021 il valore dell’economia non osservata raggiungeva 192 miliardi di euro, .di cui 174 attinenti al “sommerso’’ e 18 alle attività illegali. Rispetto al 2020, il valore dell’economia non osservata cresce di 17,4 miliardi, ma la sua incidenza sul Pil resta invariata (10,5%). Le unità di lavoro irregolari sono 2 milioni 990mila, in aumento di 73mila unità rispetto al 2020.

LA DECONTRIBUZIONE

Poteva, poi, il governo non avere un occhio per il suo elettorato? Lo ha spiegato direttamente Giorgia Meloni, quasi scusandosi per “il poco ma volentieri’’ a proposito della flat tax: «È iniziato – ha detto – un lavoro importante lo scorso anno con un aumento dell’importo per tassa piatta al 15% per i lavoratori autonomi: viene confermata questa misura, e prorogata per altri 3 anni una norma che considero molto importante: l’indennità straordinaria di continuità, una sorta di cassa integrazione anche per gli autonomi.

Viene anche ampliato il reddito per usufruire di questo ammortizzatore sociale. Inoltre, per la prima volta quest’anno gli autonomi non dovranno pagare l’anticipo Irpef a novembre ma rateizzarlo in 5 rate da gennaio a giugno».
Evidentemente c’è tempo, secondo il governo, per garantire il rispetto del principio di progressività nella prospettiva del cambiamento del sistema verso un’unica aliquota d’imposta, tramite il riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote d’imposta e delle detrazioni dall’imposta lorda.

Poi l’altro “colpo di cannone’’: 10 miliardi per la decontribuzione. La misura più significativa per le madri: quelle con due figli o più, fino a 10 anni, non pagheranno i contributi a carico del lavoratore, che saranno tutti a carico dello Stato.
Poi compare una spesa 3,5 miliardi per la riduzione dello scalone, che dovrebbe riguardare l’anticipo del pensionamento e l’introduzione di altre quote. Se è così, sono risorse sprecate.

Lo Spillone di Giuliano Cazzola


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