X
<
>

Carlo Calenda e, sullo sfondo, Matteo Renzi

Share
5 minuti per la lettura

Questa volta sarà diverso. Renzi e Calenda preparano il Terzo Polo lontani dalla luce dei riflettori. «Visto com’è andata con il Pd, finché non sono depositati i simboli non mi sbilancio», dice il leader di Azione. La speranza è fondata su basi solide: il programma praticamente è lo stesso e stavolta l’irrequieto Carlo non dovrebbe avere ripensamenti. Più complicato sarà gestire i rapporti tra i due leader che non si distinguono certo per lo stile felpato.

I rumors parlano di un ticket femminile – Elena Bonetti e Mara Carfagna – per fronteggiare l’onda lunga di Giorgia Meloni. Poi c’è da accordarsi sul resto: i candidati nei collegi, le liste proporzionali, la gestione della campagna elettorale, il ruolo dei portavoce della coalizione.

GLI OBIETTIVI DI CALENDA E RENZI

La prima domanda è: quali chance di successo avrà questa operazione? La seconda è: quale maggioranza avremo se il risultato del Terzo Polo sarà significativo? Su quest’ultimo punto Renzi non si sbottona. È troppo presto per fare proclami partendo dal 2% dei sondaggi e dovendo prima concentrare le energie per imbrigliare Carlo Calenda.

Il leader di Azione, invece, va a ruota libera e dichiara il suo obiettivo: «Arrivare a una maggioranza Ursula, costruendo una coalizione larga che chieda a Mario Draghi di rimanere a Palazzo Chigi».

L’espressione “maggioranza Ursula” richiama quella maggioranza che il 16 luglio 2019 elesse Ursula von der Leyen alla presidenza della commissione Ue. Una maggioranza frutto dell’intesa tra socialdemocratici, liberali e popolari, che nel nostro Parlamento comprenderebbe – almeno secondo Calenda – un arco di forze che va dal Pd al Terzo Polo fino a Forza Italia, con l’esclusione dei sovranisti di destra (Lega e Fratelli d’Italia) e dei populisti di sinistra (il M5s).

In realtà, Calenda dimentica che l’elezione di von der Leyen si deve anche al voto favorevole dei 14 europarlamentari grillini che lasciarono all’opposizione i 28 eurodeputati leghisti, proprio nel momento in cui, in Italia, governavano insieme sotto la premiership di Giuseppe Conte. Al di là di questo sfizioso dettaglio, il proposito di Calenda è chiaro.

Oggi, però, è davvero troppo presto per fare illazioni sul prossimo governo. Prima di tutto, c’è da gestire una campagna elettorale anomala che ci dirà se la scommessa del Terzo Polo può avere successo. Renzi e Calenda sono certi che solo la loro alleanza può parlare agli elettori moderati coprendo il vuoto enorme lasciato dagli estremismi sovranisti di Lega e FdI e dai tentennamenti del centrosinistra, rimasto sul guado tra riformismo e vecchi ideologismi.

LE CONTROMOSSE DEI PARTITI

E così, i due partiti che potrebbero subire gravi perdite a causa del nascituro Terzo Polo cercano di correre ai ripari. Irene Tinagli, vicesegretaria del Pd ed eurodeputata dem, sottolinea che la casa dei riformisti e dei liberaldemocratici c’è già ed è il Partito democratico. In tale direzione va la candidatura all’uninominale di Carlo Cottarelli da parte del Pd e di +Europa: l’obiettivo – spiega l’economista già incaricato da Mattarella e considerato da Letta “la punta di diamante” della campagna elettorale – di contrapporre i “progressisti” del centrosinistra ai “conservatori” del centrodestra. A sua volta Licia Ronzulli, vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato, ricorda che Calenda e Renzi provengono entrambi dal Pd: il loro pedigree politico è inappropriato, insomma, per rappresentare l’elettorato centrista. Allo stesso modo si spiega l’impegno forsennato di Silvio Berlusconi nel garantire che in Italia esiste un solo centro moderato e liberale: ovviamente il suo.

Ma fin qui si tratta di schermaglie polemiche. Il vero nodo da sciogliere riguarda piuttosto la capacità del Terzo Polo di mettere in crisi il funzionamento della legge elettorale. E qui il discorso si complica parecchio.

L’OSTACOLO DEL SISTEMA ELETTORALE

Il Rosatellum, infatti, sembra costruito apposta per determinare una competizione tendenzialmente maggioritaria e bipolare. Infatti, il 37% dei seggi è attribuito con il sistema maggioritario secco dei collegi uninominali a turno unico, dove conquista il seggio chi ha un voto in più degli altri. L’altro 63% dei seggi viene assegnato attraverso il sistema proporzionale dei collegi plurinominali, ma coi listini bloccati e senza la possibilità per l’elettore di esprimere le preferenze per i candidati, coi nomi di questi già indicati sulla scheda elettorale.

La legge, inoltre, non ammette il voto disgiunto e prevede una soglia di sbarramento al 3% per le liste dei collegi plurinominali. Ma con il “taglio” dei parlamentari, i seggi scattano solo per le liste più votate. Certo, l’insieme di questi dettagli tecnici lascia che la proiezione maggioritaria sia “sporcata” da una certa frammentazione proporzionalistica. Allo stesso tempo, però, al vincitore delle elezioni potrebbe bastare anche solo il 40% dei voti per aggiudicarsi poco più del 50% dei seggi: è come se ci fosse un premio di maggioranza nascosto che esalta il carattere bipolare della sfida (e che, secondo i sondaggi, sembra premiare la destra).

Ecco perché sembra ardua l’impresa del Terzo Polo, che oggi è dato al 7-8% appena dei consensi. Anche in caso di clamoroso exploit, aiutato dalla promessa di riproporre Draghi a Palazzo Chigi, bisognerà poi verificare se il patto tra Azione e Italia viva toglierà voti al centrodestra (come promette per esempio Calenda) o se, piuttosto, impedirà al centrosinistra di raccogliere nuovi consensi al centro (come temono al Nazareno).

Entrambe le ipotesi hanno qualche fondamento: resta da vedere chi, tra i due poli maggiori, ne subirà il maggior danno. Nel frattempo, è meglio non dare troppa retta ai sondaggi di questi giorni. L’area dei delusi della Lega (soprattutto tra gli imprenditori del Nord) e di Forza Italia (che è vittima del crepuscolo del suo fondatore) cresce. La nuova collocazione del voto meridionale che nel 2018 premiò il M5s rappresenta una incognita.

Quanto conterà, infine, l’area degli astenuti che attendono alla finestra? La mobilità dell’elettorato è sempre più alta e imprevedibile. La sfida tra i poli si giocherà nella conquista di questi indecisi.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE