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Giuseppe Conte

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Giuseppe Conte, il camaleontico Melenchon italiano che riesce a essere l’antagonista di sé stesso

La vera sorpresa di questa tornata elettorale sta nella capacità di “tenuta’’ del M5S che veniva considerato in caduta libera, dopo la scissione di Gigi Di Maio e il travagliato dibattito interno che aveva portato i suoi gruppi parlamentari a determinare le dimissioni del governo di Mario Draghi con motivazioni considerate, in generale, incomprensibili.

Benché i pentastellati – lo si è capito dopo – avessero agito in combutta con altri partiti della maggioranza, su di loro era finito lo stigma della irresponsabilità che li aveva portati all’isolamento.

KILLER POLITICO E NUOVO TIMONIERE

Ma c’è stata anche una sorpresa nella sorpresa: la perfomance di Giuseppe Conte (per gli amici Giuseppi) durante la campagna elettorale, tanto che alcuni autorevoli sondaggi attribuiscono al “voto per il leader’’ l’83 per cento dei suffragi ottenuti dalle liste del Movimento. Solo la leadership del Terzo Polo raggiunge, con il 92%, un risultato più elevato.

A Conte – proprio attraverso la campagna elettorale – è riuscita un’altra operazione finora ritenuta impossibile: quella di dare al M5S un indirizzo più definito, alla sinistra del Pd, dopo che le forze politiche minori che occupavano quello spazio erano entrate nell’orbita dem.

Un indirizzo di sinistra che tuttavia non si confonde con i partitini, vecchi e nuovi, che tengono insieme, in una sorta di miscela maleodorante, il peggio del passato e le vergogne del presente. Con perfida abilità Giuseppe Conte aveva voluto mettere dei confini al movimentismo fracassone, escludendo dalle liste l’eroe dei due mondi, Alessandro Di Battista. E mettendo pian piano da parte anche il Guru fondatore.

Del resto Conte aveva dimostrato, nella sua breve esperienza, di avere il pollice verde nell’eliminare gli avversari politici. Il suo capolavoro fu quello di estromettere dal governo e dalla maggioranza Matteo Salvini e la Lega, dopo lo scivolone al sole del Papeete, quando il Conducator, invece di ottenere i pieni poteri, si ritrovò fuori da Palazzo Chigi e dal Viminale (dove in verità non lo si trovava mai).

Conte è stato sopravvalutato dagli occasionali compagni di strada e sottovalutato dagli (anch’essi occasionali) avversari. Nicola Zingaretti arrivò a indicarlo come un punto di riferimento di tutti i progressisti e fece addirittura incetta di parlamentari “responsabili’’ per consentirgli di formare un suo terzo governo. Enrico Letta ha sperato di seminare con lui il “campo largo’’.

D’altro canto Conte ha dovuto sorbirsi molta della puzza sotto il naso dell’establishment che non gli ha mai perdonato i natali nella provincia pugliese, la pochette, il profilo da Cyrano, il camaleontismo.

GIUSEPPE CONTE, LE METAMORFOSI DA VERO ATTORE

In verità, nessuno ha capito che Conte non è un politico, ma un attore che interpreta un personaggio politico. E, con inaspettata professionalità, è in grado di attenersi al soggetto, al copione, anche se viene chiamato a interpretare personaggi in contesti diversi. In un film, ad esempio, potrebbe tranquillamente svolgere il ruolo dell’antagonista di un personaggio che ha interpretato in un film precedente. Si spiega così come Giuseppi si senta totalmente libero di criticare le politiche attuate dai governi da lui presieduti e di quelli (cioè tutti) di cui il M5S ha fatto parte.

Ora sta interpretando la parte del Jean-Luc Mélenchon italiano. Peccato che quello vero non vi si riconosca. Ma è il leader non sottomesso d’Oltralpe che prende un abbaglio. Soprattutto quando perde il suo tempo incoronando Luigi De Magistris come suo rappresentante in Italia. Una scelta che non fa onore all’intelligenza di un leader politico che è riuscito a mettere in difficoltà Emmanuel Macron, nelle elezioni legislative. E nemmeno all’elettorato francese che ha votato la coalizione di sinistra nonostante un programma ‘’non sottomesso’’ ma impresentabile.

LA MANIA ESTEROFILA DELLA SINISTRA

Comunque, la sinistra/sinistra italiana deve fare molta attenzione a riconoscersi nelle figure di leader di altri Paesi. Ha già sbagliato con Alexis Tsipras, che era stato indicato come il capo politico capace di proporre un’alternativa alle politiche di austerità. Fino a quando non fu costretto ad arrendersi alla Trojka.

In ogni caso, in Italia anche Maurizio Landini, con la sua recente neutralità nei confronti della natura politica del nuovo governo, ha lasciato a Conte tutto lo spazio esistente alla sinistra del Pd e che questo partito non è stato in grado di recuperare nonostante le abiure compiute durante la campagna elettorale.

Chissà se nella nuova parte l’ex avvocato del popolo riuscirà a essere candidato all’Oscar come migliore attore non protagonista?


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