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Se il Ponte sullo Stretto di Messina è un’opera strategica per lo sviluppo del Mezzogiorno – e quindi per l’intero Paese che dalla ripartenza del Sud ha bisogno per competere nella Ue, e non solo – ad avvantaggiarsene maggiormente in termini economici sarà soprattutto la Lombardia.

A sottolinearlo è stato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, rilanciando i risultati di uno studio di Open Economics che ha messo l’opera sotto la lente. La realizzazione dell’infrastruttura «porterà a un incremento del Pil della Lombardia del 30%, pari a 5,6 miliardi di euro, e alla creazione di 10mila posti di lavoro – ha sottolineato il ministro durante la presentazione, a Milano, del rapporto “Sussidiarietà e … governo delle infrastrutture”, realizzato dalla Fondazione per la Sussidiarietà (Fps) -. Il Ponte non serve solo per la continuità territoriale, ma porterà lavoro e sviluppo in tutta Italia e la Lombardia è la prima regione che fruirà dei benefici economici della costruzione».

L’impatto complessivo dell’opera per il sistema Paese, stima Open Economics, vale poco meno di 20 miliardi (19,7 miliardi, per la precisione) – a fronte di una spesa di 12 miliardi e 300 milioni e un saldo, quindi, positivo di 7,5 miliardi – oltre 33 occupati negli otto anni di cantiere previsti, circa 8,8 miliardi di entrate fiscali, e un contributo ai redditi delle famiglie pari a 18,7 miliardi.

Dopo la Lombardia, al secondo posto nella classifica dei beneficiari c’è il Lazio: se la prima assorbe 5,6 dei 19,7 miliardi, la seconda regione raggiunge i 3,7 miliardi, assorbendo rispettivamente il 29% e il 19% dei benefici sul prodotto, ben più della Sicilia e della Calabria, sulle cui sponde si adagerà il Ponte, che si fermano a 2,1 miliardi, pari all’11%, e 1,9 miliardi, equivalenti al 10%. Tutte le altre regioni beneficeranno complessivamente del 32% di impatto sul Pil, pari a 6,3 miliardi.

Vantaggi diffusi anche sul fronte occupazione: ai 9.337 posti in Lombardia, si aggiungono i 6.628 stimati nel Lazio e i circa 6mila in Sicilia e Calabria. La Lombardia primeggia anche alla voce “contributi ai redditi delle famiglie” con il 27%, seguita anche stavolta dal Lazio col 18%, mentre tra Sicilia e Calabria ne beneficeranno il 22%.

Il Paese intanto è alle prese con un pacchetto di opere strategiche pesante come mai: vale 125 miliardi entro il 2032, opere del Pnrr comprese su cui occorre spingere sull’acceleratore, dal momento che, si evidenzia nel report di Fps, a tre anni dalla chiusura del programma (il 2026, ndr) devono ancora essere spesi il 64% dei fondi.

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Considerando l’intero pacchetto di investimenti, si contano 1.700 cantiere aperti, con 20 opere strategiche già a buon punto, per un valore che sfiora i 60 miliardi. L’Italia, si sottolinea, “si avvia così a ridurre il divario con le altre economie”. I numeri del rapporto ne danno misura: a fine 2021 il valore delle infrastrutture di trasporto in Italia era di circa 487 miliardi di euro, contro i 717 della Francia e i 956 della Germania.

Secondo gli ultimi dati disponibili, datati 2021, l’Italia ha destinato alle infrastrutture appena lo 0,5% del Pil (2020) – al pari della Spagna -, quasi la metà dei principali partner europei, come Francia (0,9%), Germania (0,8%). Dal 2010 al 2019 l’Italia ha speso per la costruzione e manutenzione di infrastrutture di trasporto circa 96,4, mentre gli investimenti hanno superato i 227,8 miliardi in Germania, 223,6 in Francia e 186 in Gran Bretagna. Solo la Spagna ha fatto meno con 90,4 miliardi. “Si impone una riflessione sugli strumenti per attuare il nuovo ambizioso piano”, si rimarca nel documento, e sarebbe molto “utile adottare anche in Italia i ‘modelli collaborativi sussidiari’ utilizzati in molti altri Paesi”.

Il rapporto accende poi un faro sul “capitolo” Pnrr, sottolineando che tre anni dalla data fissata per la chiusura dei cantieri, il 64% dei fondi devono ancora essere spesi. Fra i principali progetti ci sono l’alta velocità ferroviaria, le “strade intelligenti”, le opere per il Giubileo 2025 e il Ponte sullo Stretto di Messina.

«Siamo determinati a spendere tutto e spendere bene, perché sono soldi degli italiani che dovremo restituire», ha assicurato Salvini. «E siamo in grado di spendere anche di più per costruire case popolari, per combattere la dispersione idrica, per l’alta velocità e il trasporto pubblico locale», ha aggiunto.

“Da questa epocale ‘fabbrica di infrastrutture’ – rileva la Fondazione – è atteso un volano per economia e occupazione, una spinta alla manutenzione delle opere e il contrasto al dissesto idrogeologico. Una grande sfida per il Belpaese, chiamato a realizzare il 90% in più delle opere rispetto al passato, mentre le imprese di costruzioni si sono ridotte del 70%, i modelli contrattuali non sono stati aggiornati e la ‘cultura del dialogo’ tra parti pubbliche e private non si è evoluta”.

«L’investimento in infrastrutture di qualità e nella loro gestione deve tenere conto di aspetti come la sostenibilità, il consumo di suolo e il coinvolgimento delle realtà locali – ha osservato Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà – ma bisogna superare la contrapposizione tra Stato centrale, amministrazioni locali e società civile e perseguire una vera cultura della sussidiarietà che consiste nella collaborazione costruttiva tra diversi livelli di governo e con le comunità locali».


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