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Da ore non si parla d’altro. I palazzi della politica sono chiusi, tutti in ferie, ma dai posti di villeggiatura è iniziata una sorta di caccia alle streghe, di caccia al furbetto. Il risveglio domenicale dei parlamentari non è stato quella di un giorno di festa agostano: granita, brioche, occhiata veloce ai quotidiani, e poi tuffo al mare o passeggiata in montagna.

No, aperto il quotidiano La Repubblica ognuno dei 630 deputati ha sgranato gli occhi. La storia è, se si vuole, rocambolesca: 5 “onorevoli” avrebbero chiesto all’Inps di poter usufruire del bonus dei decreti Cura Italia e Rilancio, da 600 a 1000 euro, riservato ai lavoratori autonomi e alle partita Iva.

Di questi cinque, secondo fonti parlamentari, si scoprirà che forse solo tre hanno incassato il bonus Covid. Per tutto la giornata di domenica, va da sé, le agenzie di stampa sono prese d’assalto da comunicati al vetriolo. “E’ vergognoso, devono dimettersi”, sbotta Luigi Di Maio. “Posso dire che è una vergona?”, gli fa eco Nicola Zingaretti.

E ancora il presidente della Camera, Roberto Fico: “Questi deputati chiedano scusa e restituiscano quanto percepito. E’ una questione di opportunità e dignità. Perché in quanto rappresentanti del popolo, abbiamo degli obblighi morali, al di là di quelli giuridici”) E ancora: “Che squallore – lamenta Giorgia Meloni – Gli italiani sono in ginocchio e qualcuno nel Palazzo si preoccupa solo di arraffare sempre di più”. Va da sé che si va avanti per tutta la domenica così. Matteo Salvini prima utilizza la parola “espulsione”, poi quando si accorge che tre furbetti sarebbero forse ascrivibili a via Bellerio ci ripensa: “Chiunque siano, immediata sospensione”.

Nella chat della Lega succede il finimondo. Si va avanti così fino a notte fonda. Con i deputati che fino all’alba cercano informazioni, scrivono nelle chat, telefonano: “Avete novità? Chi saranno mai?”.

E si giunge così a ieri. Secondo alcune ricostruzioni, uno dei cinque apparterrebbe al M5S. Girano alcuni nomi ma vengono immediatamente smentiti. Due consiglieri comunali, uno di Trento e l’altra di Milano, si autodenunciano: “Non viviamo di sola politica. Ma lo sapete quanto guadagna un consigliere comunali”. Ah sì, ci sarebbero circa 2000 amministratori ad aver richiesto il bonus. Il renziano Ettore Rosato esclude che un parlamentare di Italia Viva abbia ricevuto il sussidio: “Ho sentito Tridico e mi ha rassicurato che non c’è alcun parlamentare di Italia viva”.

Ma tant’è. In casa Lega, Matteo Salvini è infuriato. Sarebbero tre i deputati leghisti che avrebbero bussato alla porta dell’Inps. Circola il nome di un deputato di via Bellerio, Mario Lolini. Ma il diretto interessato smentisce. In casa cinquestelle la pressione è fortissima. Non a caso Luigi Di Maio la mette così: «Sono pronto ad aderire all’idea lanciata da Vito Crimi sulla rinuncia alla privacy così da autorizzare l’Inps a pubblicare i nomi. Facciano lo stesso tutti i parlamentari di ogni forza politica. Il mio è un appello rivolto a tutti i leader dei partiti: chiedano ai loro eletti di rinunciare alla privacy e permettano all’Inps di rendere pubblici i nomi di questi approfittatori». Fonti vicine all’Inps fanno filtrare che “le norme sulla privacy non consentono la diffusione degli elenchi dei beneficiari delle prestazioni Inps”. Confusione su confusione.

Interviene anche Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte Costituzionale: “«L’Inps dovrà rispondere sui nomi, e il governo comunque dovrebbe farsi dare dall’Inps i dati dei parlamentari coinvolti, e mi chiedo anche se i presidenti delle Camere non possano farlo». Nell’attesa la caccia ai cinque continua. Anzi ai tre.


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