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Giuseppe Conte e Stefano Bonaccini

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Intervallo per il week end nelle polemiche politiche? Può darsi, anche se il possibile leggero calo dei contagi che si registrerà domenica per il minor numero di tamponi potrebbe contribuire al rilancio della insopportabile polemica sulla credibilità dei dati in base ai quali si è costruita la mappa tricolore delle zone soggette a misure restrittive.

Il perdurare di questa querelle da cui sembra non si riesca ad uscire è un ulteriore elemento che indebolisce la risposta di sistema che sarebbe necessaria per non cadere completamente vittime della seconda ondata. Certamente sarebbe opportuno un serio controllo sui dati, a cominciare dall’accuratezza e credibilità con cui le regioni li trasmettono a Roma. L’autentico scandalo generato dalla scoperta che il commissario straordinario per la sanità della regione Calabria (un ex generale dei carabinieri!) non sapeva di doversi occupare della predisposizione di un piano Covid (avrà pensato che era stato messo lì per incrementare la presenza di addobbi floreali negli ospedali) non predispone a considerare affidabili tutti i dati che vengono trasmessi a Roma. Aggiungiamoci che, giusto per non farci mancare nulla, la procura di Genova ha aperto un’inchiesta sui dati trasmessi dalla regione Liguria. A questo andrebbe sicuramente aggiunta una valutazione su come poi a Roma si processano i dati: se prendendo tutto per buono e ficcandolo semplicemente in un computer o ragionandoci sopra almeno un poco.

In questo delicatissimo momento sarebbe assolutamente necessario disporre di strumenti per autenticare o smentire la ridda di voci e affermazioni che si susseguono. Nella disgraziata ipotesi che i provvedimenti restrittivi dovessero prolungarsi oltre il 3 (nessuno se lo augura, ma non si può escludere) compromettendo l’economia delle feste natalizie, non possiamo assolutamente affrontare un’evenienza del genere in un clima di reciproci sospetti e di licenza di sparlare (se non di fare di peggio) a pro di molti fomentatori di tensioni. È necessario trovare qualcosa di diverso dal continuo affermare che “ve lo dico io” come tendono a fare tanto dal versante del governo e dei suoi tecnici, quanto da quello delle regioni e dell’opposizione. Ci sarà pur un modo per mettere in piedi una spiccia, autorevole e credibile commissione di valutazione (evitiamo il termine: d’inchiesta) che possa consentire di mettere poi alla sbarra tutti gli speculatori da faida politica e da talk show.

La politica deve prepararsi ad affrontare questa problematica e deve farlo subito. Aspettare che il problema dei rapporti fra governo e regioni sia risolto da una riforma costituzionale significa semplicemente evitare il problema. Le scadenze sono urgenti: da quella della legge di bilancio alla stesura dei piani di utilizzo dei fondi europei (le cui modalità di assegnazione ed erogazione non sono ancora ben definite). Le polemiche che infuriano da parte delle opposizioni e delle regioni non aiutano affatto a richiamare il governo e la maggioranza alle loro responsabilità: servono solo a sostenerli in quanto diventano oggetto di un attacco scriteriato da parte di incapaci a produrre decisioni utili al superamento della crisi epidemica.

Il governo deve anche rendersi conto che non potrà semplicemente sostenere la durezza del momento con l’erogazione di un bel po’ di sussidi, che sulla carta sono generosi, ma che nella realtà, anche se non fosse vero (e ce lo auguriamo) che poi arriveranno a destinazione con tempi lunghi, suonano al contempo come urticanti per quella platea non piccola di soggetti che non hanno organizzazioni e forza, ma soprattutto identità giuridica tali da poter essere aiutati. Ci sono problemi non irrilevanti sul piano psicologico in una fase delicata come questa. Si parte dal tema del possibile sfruttamento truffaldino dei sussidi (già cominciano le denunce su quei bonus monopattini e bici che sono stati una stupidaggine della prima fase) e si arriva alla rottura sempre più rilevante che si percepisce fra garantiti e non garantiti. Per esempio in questa fase gli interventi per allargare la platea degli occupati, in passato più volte annunciati, sembrano persi nelle nebbie, ma sono mezzi importanti del contrastare il disagio sociale.

Se si vuole evitare un andirivieni di lock-down e aperture che li rilanciano in un loop pericoloso è assolutamente necessario agire sulle capacità di intervento del sistema sanitario. Per Natale auspicabilmente ci sarà un allentamento delle chiusure, ma vogliamo sperare che non accada quello che ci siamo trovati di fronte dopo l’estate. Va pensato adesso e deve partire dagli investimenti sul sistema sanitario e dunque il fondo del MES è assolutamente necessario averlo e presto: pazienza se questo offende i vari pregiudizi insensati dei grillini e di una parte del centrodestra. Se non si agisce in fretta, col nuovo anno avremo problemi seri a gestire le inquietudini sociali e non potremo tenere limitate le chiusure senza disporre di interventi sanitari massicci.

Va dunque benissimo sostenere che adesso parlare di rimpasti di governo e altre diavolerie della sotto-politica non ha nessun senso, perché ci sono problemi più urgenti. Ma va bene solo se i problemi poi vengono affrontati nella loro complessità in vista di trovare soluzioni e non se lo si fa solo per dire “lasciate fare a noi” giusto per escludere “gli altri”. E per non farne poi nulla.


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