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Sergio Mattarella

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Sergio Mattarella ha colto l’occasione dei 130 anni dalla nascita di Antonio Segni (non un gran anniversario a dire il vero) per attirare l’attenzione su un punto che certo non è secondario nella gestione della crisi attuale: il ruolo del semestre bianco. Era stato introdotto in costituente nel timore che una maggioranza in crisi e timorosa di perdere il potere di designazione del capo dello stato potesse indurre l’inquilino del Quirinale a sciogliere le Camere a ridosso della scadenza di mandato non tanto per garantirsi la rielezione, quanto per permettere un rafforzamento della maggioranza che lo aveva a suo tempo eletto e a cui si volevano garantire le migliori opportunità per il controllo dell’elezione del suo successore.

IL CLIMA DEL 1947

Tutto si spiega con il clima del 1947 quando si pensava che lo scontro fra le sinistre e la DC con i suoi alleati fosse ad esito incerto e di conseguenza ciascuno temeva i colpi di mano dell’altro. Questa è la spiegazione molto più che non ipotesi di rielezione del presidente in carica, che sembravano difficili vista la durata del mandato (sette anni: solo nel sistema gaullista, allora non immaginabile, si sarebbero avuti “regni” più lunghi). Oggi naturalmente tutto è cambiato e le elezioni sono più dei terni al lotto che non delle operazioni che si possano orientare in una certa direzione.

Il fatto è che nell’emergenza attuale il semestre bianco complica la risoluzione della crisi in corso, perché da un lato costringe eventualmente ad andare alle urne entro giugno-luglio (tempo già di suo non propizio) con l’apertura di un interregno pericoloso viste le scadenze e le difficoltà presenti, e dall’altro consentirebbe crisi di governo in quei sei mesi condizionate dall’impossibilità di scioglierle chiamando gli elettori a pronunciarsi su di esse. Tuttavia quello di Mattarella è un messaggio in bottiglia affidato alle onde di una situazione burrascosa: un atto di testimonianza e poco più.

Ciò che emerge con una certa chiarezza è che siamo in una fase in cui mancano totalmente leader politici capaci di disegnare vie d’uscita dal confronto pseudo-identitario in atto fra partiti arroccati a difesa di posizioni sostanzialmente tribali. Alla risoluzione dei problemi non sembra interessato nessuno. Prendiamo, perché è la più semplice da spiegare, la questione della prescrizione.

Che senso ha dire che si metterà mano a quella pasticciata normativa se entro sei mesi non si realizza la riforma del processo penale? Dal punto di vista logico significa ammettere che si è messo il carro davanti ai buoi, e che dunque sarebbe logico capovolgere: si cambierà il processo e alla luce di questo cambiamento si rimodulerà poi la prescrizione. Ma la logica non si può applicare perché il partito di maggioranza relativa è fatto da gente che la logica non sa neppure dove stia di casa, e di conseguenza bisogna semplicemente aggirare i loro diktat, senza neppure la garanzia di riuscire a farlo. Vedere come i Cinque Stelle hanno mantenuto fede all’impegno di bilanciare il taglio dei parlamentari con altre riforme.

È tutto così, questa è la realtà. Poi il fatto che si debba cedere alle bizze grilline autorizza tutti a chiedere eguale trattamento, solo che M5S dispone del ricatto di essere il partito di maggioranza relativa e Renzi di quello di detenere la golden share per far stare in piedi la maggioranza, mentre il PD è nella scomoda posizione di essere soggetto al ricatto di entrambi, perché di entrambi ha bisogno per restare al governo, temendo che se perdesse quella posizione andrebbe incontro ad un serio problema di ridimensionamento se non addirittura di sopravvivenza.

Come se ne esce? Male, perché, come si è visto in fine di giornata è saltato tutto per le reciproche impuntature dei Cinque Stelle e di Italia Viva, che gli altri partiti non sono riusciti a contenere. E’ accaduto quello che ai partiti non andava bene: Mattarella non a potuto fare altro che dare il via alla formazione di un governo istituzionale di tregua in attesa di una prova elettorale che però non sarà possibile a breve. Il presidente ha spiegato con una chiarezza didascalica perché il rinvio immediato alle urne non è possibile: era stato più volte spiegato da vari commentatori (ci permettiamo di metterci fra questi), ma lo ha fatto con l’autorevolezza e la solennità che viene dalla suprema magistratura repubblicana.

ALTO PROFILO

Un governo di alto profilo (parole del presidente) metterà fine al chiacchiericcio con cui i vari partiti e i loro supporter hanno difeso questo e quel personaggio. Spiazzerà, finalmente, i fan club e darà un colpo alla demagogia che ci ha avvelenati. Se, come è sperabile, la drammaticità della situazione unita alla saggezza di Mattarella produrrà quel governo ed esso lavorerà bene come è auspicabile e possibile sarà la rivincita davanti ai cittadini di cosa vuol dire la vera “politica”. Ma sarà un colpo di immagine fortissimo a tutti quei partiti che non sono riusciti a portare alle politica le energie migliori del paese. Alla fine la pandemia avrà cambiato non solo il nostro quadro sociale ed economico, ma anche il nostro rapporto con la sfera pubblica e istituzionale.


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