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Resta da risolvere la partita dei sottosegretari e poi il governo sarà in pieno assetto di lavoro. Non un compito facile dopo il terremoto che scuote i Cinque Stelle e che si riverbera inevitabilmente sugli altri partiti, perché questo è un governo che si regge su equilibri delicati: non tanto perché Draghi possa essere scalzato (del tutto improbabile al momento), ma perché comunque sia poi dalle Aule parlamentari si deve passare e lì sta un oggettivo collo di bottiglia. Lo si è visto bene con la vicenda degli emendamenti sulla prescrizione che erano incardinati nel dibattito sul cosiddetto mille proroghe.

Saggiamente questa volta i partiti che giustamente volevano cancellare le sciocchezze di Bonafede & Soci hanno accettato di fare un passo indietro, non perché, come vanno sostenendo i corifei degli spodestati del Conte 2, quella riforma non fosse così male, ma perché si è capito che le riforme vere non si fanno coi colpi di scena. In fondo questa vicenda è emblematica di quel che aspetta un governo che voglia essere riformatore: agire in profondità, lasciando le battaglie a cornate a quelli che la politica l’hanno imparata nei talk show.

Aprire oggi nei vecchi termini lo scontro fra il giustizialismo grillino e neogiacobino e coloro che vorrebbero preservare la nostra civiltà giuridica avrebbe corso il rischio di far saltare subito tutti gli equilibri parlamentari.

Perché non si può dimenticare che i Cinque Stelle sono ancora un corpo molto numeroso e agitare il drappo della prescrizione sarebbe servito solo a ricompattarli, così come non si può non vedere che gli equilibri al Senato sono divenuti ancor più precari di prima. Non si illudano gli spodestati che quel che hanno immaginato Bonafede e i suoi suggeritori possa sopravvivere. Quando si metterà mano alla riforma dei processi tanto in sede civile che penale, si dovrà per forza di cose rivedere l’intero impianto del sistema.

Che questa esigenza sia nelle mani tanto capaci quanto autorevoli della prof. Marta Cartabia è una garanzia ben più forte di quella che darebbe il passaggio di qualche emendamento che si infila in un contesto confuso e poco equilibrato. In fondo è questa l’ottica generale in cui si muove il riformismo maturo a cui si ispira Draghi: i cambiamenti si fanno passo dopo passo e in forma organica, ragionando sulla loro bontà (ed a questo ragionamento tutti sono invitati a contribuire) e non perdendo tempo a polemizzare con chi c’era prima, che vorrebbe solo dire regalargli un po’ di palcoscenico, mentre invece sul merito dei problemi avrebbe poco da dire.

Forse questa impostazione sta facendo breccia anche nel PD, come sembra testimoniare un intervento dell’on. Giorgio Tonini sul “Foglio” dove, pur con riconoscimenti di rito al Conte 2, insiste sull’esigenza di innestare nella nuova fase lo spirito di trasformazione che sembra generato dalla fase storica innescata dalla traumatica esperienza della pandemia.

Certamente il governo deve muoversi in un contesto difficile, perché ogni giorno che passa si vedono i tentativi di colpi di coda degli spodestati. Come si è già avuto occasione di osservare, non c’è luna di miele per il premier e per il suo governo, se non con l’opinione pubblica che lo premia in maniera considerevole. L’inquietudine di cui sono preda le forze politiche fa invece intravvedere continuamente trappole varie. La più grande è naturalmente il governo della emergenza pandemica, perché su quella Draghi si è giustamente impegnato come primo punto del suo programma.

È banale notare che però il premier non può controllare tutto quel che servirebbe per far fare un salto di qualità al nostro sistema. Il primo problema è ovviamente la disponibilità dei vaccini per la campagna di immunizzazione. Sono osservazioni velenose quelle di coloro che dicono di sperare che Draghi possa esibire la propria autorevolezza facendo arrivare le dosi che non ci consegnano: anche una personalità del suo spessore non è dotata di poteri miracolosi e i vaccini per essere prodotti in maggiori quantità hanno bisogno di condizioni che bisogna poter creare.

L’altro problema riguarda lo svilupparsi dell’epidemia. Anche qui non tutto può essere risolto con una sola misura. La diffusione del contagio non si può far cessare fermando il mondo e rinchiudendolo in casa. Anche solo farlo per un periodo limitato sta diventando difficile perché c’è una quota non piccola di persone, in parte disperate, in parte irresponsabili, che collaborano molto poco.

Basta che ci sia qualche partito pronto a soffiare sul fuoco (e ci sono) perché si accenda una pulsione ampia ad entrare nella mischia, trattandosi di argomenti che fanno audience. Del resto anche passare a qualche misura draconiana e simbolica (tanto per dire: la rimozione di Arcuri o di qualche altro “tecnico” molto esposto) da un lato non sarebbe giusto, dall’altro finirebbe solo per attivare catene di resistenze e di sciacallaggi che a tutto servirebbero tranne che a migliorare la situazione.

Anche in quel campo Draghi e i suoi interverranno, ma non per fare scena, bensì per risolvere dei problemi, il che richiede tempo e costanza.

Insomma inizia per il nuovo governo una settimana che temiamo sia piuttosto lontana da una luna di miele. E tuttavia non di questo c’è bisogno, ma di una vera svolta riformatrice e quella è presumibile che, nei tempi dovuti, ci sarà.


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