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Il neo segretario del Partito democratico Enrico Letta

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L’unguento più rivoluzionario che Enrico Letta ha sparso domenica sulle ferite aperte dei Democratici sta tutto nell’ invocazione per cui “non serve un nuovo segretario ma un nuovo Pd”. Bene. Esattamente quale? Se infatti l’identità appannata (o per molti addirittura smarrita) si costruisce attorno ad un asse portante politico-istituzionale e se, come adesso tutti dicono, la crisi che attraversa l’Italia è una crisi di sistema, allora sistematica deve essere la risposta. In altre parole rimanda all’idea di Paese che si vuole affermare.

L’ULIVO DI PRODI

Ecco. Magari qualche maligno, ascoltando l’ex premier sciorinare il proprio manifesto programmatico, ha sentito soffiare un suadente venticello impregnato di rimembranze e suggestioni: la brezza del ‘94, il passaggio dalla prima alla seconda repubblica, Berlusconi prima trionfatore e poi precipitato subito nella polvere, le coalizioni, l’Ulivo di Prodi.

Nostalgia canaglia. Lo sforzo per issare nuove bandiere è racchiuso nella riproposizione dello ius soli e nella richiesta di voto si sedicenni. Ma l’intelaiatura di sistema ipotizzata da Letta che rimanda a stagioni trascorse è la ricetta giusta per rivitalizzare il Pd e il centosinistra?

TEMPI DIVERSI

Vediamo. Il richiamo alle alleanze è necessitato. Il punto è come le coalizioni si costruiscono, in forza di quale spinta aggregativa. È il tema della legge elettorale. Il neo segretario Pd ha riproposto il Mattarellum, 75 per centro di maggioritario uninominale e 25 per cento di proporzionale. Quando fu varato sembrò il timbro più adeguato per un passaggio di fase. Ma ora? Ai tempi dell’Ulivo, la coazione che si costituì vinse su Berlusconi ma andò in crisi per lo scarso amalgama interno: l’addio di Bertinotti ne segnò l’epitaffio. Oggi cosa assicura che andrebbe meglio? Il recente naufragio del governo giallorosso fa scudo all’ottimismo.

Non solo. Nel ‘94 entrambi gli schieramenti si fondavano su due partiti-polo – Forza Italia e Pds – attorniati da cespugli. Oggi i contenitori di destra e sinistra si reggono entrambi su due gambe di spessore simile: Lega e Fdi da un lato; Pd e M5S dall’altro. I primi marciano divisi per colpire uniti; i secondi al momento segnano il passo. Una coalizione impostata su due gambe significa che il Pd accetta la presenza del M5S come forza strutturale e non transeunte.

E tuttavia poiché i Cinquestelle non sono né saranno mai più un partito antisistema, la presenza della leadership moderata di Conte costringe ad una ineliminabile competizione interna, visto che entrambi insistono sullo stesso tipo di elettorato. Senza dimenticare che il Mattarellum prevede un candidato premier di coalizione, federatore o espressione del partito più grande. Quanto tutto questo porti a stabilità di alleanze e di equilibrio sistemico, è da verificare.

Ancora. Letta accanto al Mattarellum ha proposto la sfiducia costruttiva. Però le due cose difficilmente si tengono. Il maggioritario implica collegi dove si elegge un parlamentare frutto del voto congiunto di tutti i partiti della coalizione.

 Nel momento in cui la coalizione va in crisi, coerenza vorrebbe che si tornasse al corpo elettorale. Da noi però non è mai accaduto: le aggregazioni si sono riassestate perdendo pezzi da un lato ma dall’altro acquisendone nel campo avverso, calamitando cioè parlamentari eletti nello schieramento opposto. Si è trattato di ribaltoni che hanno inficiato la credibilità del sistema politico agli occhi dei cittadini.

Al contrario, la sfiducia costruttiva rimanda al modello tedesco dove i partiti hanno una loro precisa soggettività e indirizzo e non c’è candidato premier di coalizione.

Dunque meglio ripiegare sul proporzionale, meccanismo scelto dal Pd zingarettiano anche per venire incontro ai desiderata del MoVimento che di maggioritario che porta ad intese costrittive non vuol sentire parlare?

Forse. O forse no. Siamo già al quinto cambio di legge elettorale negli ultimi 25 anni: ripristinare il Mattarellum sarebbe il sesto. È sufficiente per dire che c’è qualcosa che da tempo non funziona.

IL MAGGIORITARIO

Il punto centrale è avere chiaro che tipo di impianto politico-istituzionale si vuole creare; quale equilibrio di sistema si persegue. Il maggioritario, soprattutto se a doppio turno spinge verso il semipresidenzialismo: è quello l’argine (o per alcuni l’ostacolo) che per esempio impedisce in Francia al Front National di arrivare all’Eliseo e invece premia figure come Macron. La sfiducia costruttiva rimanda alla presenza di un Cancelliere che è il perno della coalizione ma è candidato di coalizione e perciò deve ottenere la fiducia del Parlamento. Una proposta in tal senso è stata avanzata nei giorni scorsi da Gaetano Quagliariello, senatore di Idea-Cambiamo.

Tutto questo non solo per segnalare contraddizioni e difficoltà in un settore dove la necessità di uno sforzo riformista è enorme e dove invece da troppo tempo si ristagna. Ma anche e soprattutto per sottolineare che servono interventi a livello costituzionale e non solo politico. Altrimenti la legge elettorale da panacea si rivolta in sudario.


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